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Kenya

Una legge che ricorda l’URSS

La legge denominata “Miscellaneous Amendment (2001), presentata dal Procuratore Generale Amos Wako, ha ricevute forti critiche da parte dei professionisti della comunicazione, della società civile e dei politici. E’ stata vista come un tentativo di mettere il bavaglio alla stampa in vista delle elezioni che si dovranno svolgere negli ultimi mesi di quest’anno.
Brian Adeba

La nuova legge sui media prevede di modificare la normativa contenuta nella legge denominata Books & Newspapers Act (Legge sui Libri e i Giornali) e in quella sui Film e le Opere Teatrali, denominata Films & Stage Plays Act.. Per la prima, la nuova disposizione di legge prevede l’aumento a un milione di scellini (13.000US$ circa) della cauzione richiesta dal Registro Generale a chiunque voglia pubblicare un giornale. Finora la cauzione è stata di soli 10,000 scellini (130US$ circa). Per la seconda, con la modifica si mira semplicemente a proibire che si girino film, programmi televisivi, pubblicità e altre produzioni come le teatrali senza l’approvazione del governo. In breve, tutte le attività di cui si è detto dovrebbero essere sottoposte all’approvazione dell’equivalente di un Commissario della Stampa che ricorda molto l’Unione Sovietica comunista.

Non ha sorpreso nessuno che la legge abbia sollevato una forte ed immediata ondata di critiche da parte di numerosi gruppi della società civile kenyota. Per esempio, Mutuma Mathiu, un cronista del Sunday Nation l’ha definita “ un tentativo di controllare la mente della gente, mettendo un filtro su ciò che sentono, leggono e guardano.” L’ha anche chiamata “censura a priori“ e l’ha condannata definendola come “ un crimine ignobile e malvagio”. La Law Society of Kenya (LSK) ( Associazione Legale Kenyota) l’ha invece eufemisticamente definita “troppo restrittiva”. Il sindacato dei giornalisti del Kenya ( KUJ ) ed un organo osservatore a salvaguardia della libertà di espressione, Il Media Institute, sono stati ugualmente duri nel condannare senza mezzi termini la legge.

La nuova legge sui media si propone anche di imporre pesantissime sanzioni per i trasgressori. Se non paga la cauzione di un milione di scellini richiesta per poter stampare un giornale, il reo, incensurato, dovrà versare una multa che può ammontare fino al doppio della cifra stessa che doveva pagare, in alternativa andare in galera fino a tre anni, oppure essere soggetto ad entrambe le cose. I recidivi, addirittura, dovranno scontare cinque anni di prigione e non potranno più pubblicare un giornale in tutto il Kenya. Al momento, la legge in vigore commina una modica multa di 2.000 scellini (25 US$) o tre mesi di prigione, oppure entrambe. Come se le disposizioni di questa nuova legge non fossero già abbastanza dure, essa prevede perfino una multa di 100.000 scellini (circa 1.280 US$ ) per gli editori di carta stampata che cessano le pubblicazioni prima di sei mesi di attività continuativa. E’ la terza volta in cinque anni che l’ufficio del Procuratore Generale propone leggi di questo genere. I primi due tentativi sono stati accantonati in seguito alle forti critiche ricevute da parte di organi di stampa laici e religiosi.

Se si fa un raffronto con i vicini dell’Africa orientale, centrale e Corno d’Africa, il Kenya ha finora goduto di una certa stabilità politica che ha a sua volta significato la possibilità di disporre di un minimo di libertà di stampa, negli ultimi trent’anni. Perfino prima dell’avvento del sistema multi partitico in questa regione del mondo, il Kenya, in confronto ai suoi vicini, godeva in qualche modo di un certa livello di libertà di stampa, ma ciò non vuol dire che la stampa non fosse ancora ben lontana dall’essere completamente libera.

In ogni caso va detto che nel ’92, sull’onda del multipartitismo, si erano ottenuti risultati positivi nel miglioramento della libertà garantita ai media grazie anche all’abolizione di tutta una serie di leggi che la opprimevano, contenute nella sezione 2A della Costituzione kenyota. Ecco che ora il Procuratore Generale Wako, consapevole delle critiche che una nuova legge del genere solleverebbe e magari facendo tesoro di un paio di suggerimenti della storia, ha deciso di inserire questa nuova legge nel pacchetto delle varie leggi da modificare che costituisce appunto il Miscellaneous Amendment Bill.

I parlamentari della Kenya African National Union ( KANU) che sta al potere si sono ben guardati finora dal partecipare al coro di proteste e critiche per questa cosiddetta nuova legge sui media e solo due ribelli, Kipruto Arap Kirwa e Jimmy Angwenyi hanno avuto il coraggio di unire le loro voci a quelle di condanna provenienti dai settori più disparati. A detta degli osservatori delle questioni che riguardano i media ciò costituisce una chiara indicazione di come voterà la maggioranza dei membri del Parlamento del Partito al potere. La legge, per essere promulgata, richiede un quorum semplice ed in queste condizioni se il governo lo vuole non incontra alcuna resistenza a farla passare semplicemente usando la forza della sua maggioranza in Parlamento. Non esistono dubbi che l’immagine di un Paese che come il Kenya ha scelto la democrazia viene decisamente compromessa da una legge di questo tipo.

Ma, viene da domandarsi, perché mai il Procuratore Generale ha lanciato una proposta di legge del genere? C’è chi dice che ci troviamo in un anno elettorale ed il KANU vuole mettere a tacere la voce dell’opposizione sui media, oppure controllare le critiche espresse dagli stessi alti papaveri del governo sulla stampa alternativa, altrimenti chiamata in questo Paese “stampa spazzatura”. Questo tipo di stampa, generalmente prodotta su semplici fogli di carta A4, è sempre stata accusata e ritenuta capace di ignorare completamente l’etica giornalistica. Mascherandosi da strumento di denuncia della corruzione, queste pubblicazioni ignorano l’accuratezza, la correttezza e l’obiettività di quanto riferiscono, dell’informazione che diffondono. In queste condizioni il contenuto di questi fogli è spesso fortemente calunnioso e tale da infangare la reputazione delle vittime che colpisce, importanti esponenti governativi, generalmente.

Ironia della sorte, la stampa spazzatura è un prodotto dell’avvento di una maggiore libertà dei media e viene finanziata ed usata da politici di ogni schieramento per gettarsi fango l’uno contro l’altro. Oggi, chiunque può permettersi di pubblicare, basta che depositi al Registro una cauzione di 10.000 scellini, pari a 130 dollari americani, mentre la legge non richiede altro che un indirizzo fisico ed un numero telefonico. Col risultato che molti proprietari di pubblicazioni spazzatura, ovviamente perseguitati di continuo per la natura dei loro articoli, se la cavano benissimo fornendo un indirizzo nella città costiera di Mombasa, mentre pubblicano a Nairobi. Questa situazione fa sì che sia estremamente difficile per la magistratura rintracciarli e portarli in tribunale. In ogni caso questo tipo di stampa qualche volta riporta anche delle storie vere e che non vedrebbero mai la luce sui giornali a diffusione tradizionale. Ma, va anche detto che, in compenso, purtroppo, buona parte di essa non si preoccupa certo di garantire l’autenticità delle fonti che oltretutto spesso non cita.

Gli osservatori del mondo della comunicazione fanno notare che la “scusa“ di mettere, con la nuova legge, il bavaglio alla stampa spazzatura non sta molto in piedi, dato che il Kenya possiede già efficaci e severe leggi sulla diffamazione. Poche settimane dopo che Wako ha presentato la legge, in due separate occasioni, i tribunali hanno sanzionato per calunnia e diffamazione l’East African Standard ed il Kenya Times al pagamento della somma astronomica di 30 miliardi di scellini.

Sebbene il Miscellaneous Amendment Bill abbia superato la prima lettura in Parlamento le pesanti critiche pervenute dall’interno e dall’estero hanno costretto il Procuratore Generale a introdurre delle modifiche proprio nella parte che riguarda i media. La legge è stata ritirata alla vigilia dell’interruzione dei lavori parlamentari per Natale e ci si augura non venga ripresentata senza significativi ritocchi ai suoi articoli più draconiani.