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Nigeria

Musulmani sotto accusa

La Nigeria è diventata una bomba ad orologeria, dopo che il governatore che ha dato inizio all’adozione della legge islamica ha accusato alcuni dei suoi colleghi del nord di fare propria la Sharia per puri scopi politici.
Matthias Muindi

Il 4 settembre, Ahmed Sani, Governatore dello Stato di Zamfara, ha dichiarato che alcuni suoi colleghi del nord stanno adottando la Sharia, strumentalmente, per ragioni politiche. Se l’accusa di Sani corrisponde al vero, la legge islamica è diventata allora una pericolosa spada di Damocle che pende minacciosa sul capo della Nigeria. Questa affermazione, infatti, rappresenta non solo un duro colpo alla credibilità dei musulmani del nord e dei loro capi politici, ma rischia al contempo di aumentare la possibilità che cresca a dismisura il numero degli integralisti intenzionati ad imporre forme di Sharia ancora più rigide. Questo stato di cose potrebbe provocare una violenta reazione da parte degli Stati centrali e meridionali del paese, popolati da cristiani e da altre maggioranze non musulmane, minacciando in tal modo la già fragile coesione etnico religiosa del Paese.

L’unità della Nigeria è in serio pericolo, sottoposta com’è ad una gravissima minaccia, dopo la perdita di migliaia di vite umane nel corso di sanguinosi scontri a sfondo etnico e religioso iniziati sin dall’ottobre ’99 quando il Governatore Sani introdusse la Sharia nella legislazione dello Stato di Zamfara. A tutt’oggi 12 Stati del nord hanno adottato la Sharia con l’intento di affrontare la criminalità rampante, la decadenza morale, la povertà e l’emarginazione che, a loro detta, dilaga per colpa del governo del Presidente Olusegun Obasanjo, un uomo del Sud e per giunta cristiano.

A metà luglio, a Lagos, Sani ha affermato che alcuni Governatori hanno adottato la Sharia come surrettizio espediente politico, piuttosto che per convinzione. Dichiarando che il suo governo dello Zamfara ha introdotto la Sharia su una base squisitamente religiosa, mentre altri lo hanno fatto soltanto per interesse o perché spinti da qualcuno. Il Governatore ha inoltre sostenuto che alcuni dei suoi colleghi usavano la Sharia come uno strumento politico per facilitare la propria rielezione nel 2003, sollecitando i mezzi di informazione ad indagare su queste persone e denunciarle.

Alcuni giorni dopo, Ahmed Mohamed Makarfi, Governatore del Kaduna, un altro Stato del nord, bastione della Sharia, ha messo in guardia dai politici che usano la Sharia come strumento per rafforzare la propria carriera, affermando che costoro non dovrebbero avere nulla a che vedere con l’applicazione dei codici della legge coranica. Il Presidente Obasanjo aveva detto la stessa cosa lo scorso gennaio, quando aveva ribadito che era assolutamente necessario si osservasse la più netta separazione fra stato e religione. Affermando anche che la netta demarcazione fra stato e religione, una scelta fatta dal paese fin dalla sua indipendenza, costituisce ancora e sempre un punto fermo e centrale della sua legge suprema, la Costituzione del ‘99. E concludendo che non si può mettere in dubbio la validità e la saggezza di questa scelta, vista la molteplicità di religioni e di sette presenti in Nigeria.

Ma, in un paese in cui una popolazione di 110 milioni di persone attribuisce un significato particolarmente correlato alle questioni religiose, economiche, etniche e geografiche, pochi riescono nella difficile operazione di tenere le questioni separate, specialmente quella del rapporto fra stato e religione. Durante i governi delle diverse giunte militari guidate da generali del nord, quelli del sud, cristiani e non musulmani si sono sempre lamentati dell’oppressione esercitata su di loro dai fratelli musulmani nordisti. Quando Obasanjo andò al potere nel ’99 con il forte supporto di voti musulmani, quelli del sud ritennero che fosse venuto finalmente il loro momento di governare la Nigeria. La reazione non tardò a farsi sentire e, mentre Obasanjo si era appena insediato, cominciarono subito ad arrivare delle richieste dal nord di instaurare la Sharia, con la scusa ed accusa che il nuovo governo metteva da parte i nordisti in seno all’esercito e all’impiego pubblico. Le richieste presero forza nel giugno ’99, dopo che Obasanjo si permise di allontanare con la forza ben 50 alti ufficiali dell’esercito, originari del nord.

Queste destituzioni vennero viste come un tradimento e nell’ottobre stesso il Governatore Sani dichiarò la Sharia nello stato di Zamfara. I giornali nigeriani resero noto che alcuni politici del nord, insoddisfatti e scontenti, stavano dietro e spingevano le richieste di introduzione della Sharia e nel giro di 8 mesi la legge coranica, come un ordigno, aveva mietuto 12 vittime, cioè altrettanti stati del nord. Quelli del sud interpretarono l’intromissione della Sharia nella politica del paese come un tentativo di usare la religione nella lotta politica e Chris Abashiya, leader della rete di organizzazioni chiamata Associazione Cristiana della Nigeria, si era pubblicamente chiesto: “La questione è questa, perché parlare con tanta insistenza di Sharia in questo momento? Perché non ne abbiamo parlato quando, nel passato, Presidenti come Sani Abacha e Ibrahim Babangida erano al potere? Costoro erano ambedue musulmani e avrebbero dato manforte ai sostenitori dell’introduzione di questa legge.” Abashiya era stato chiaro, affermando che sono i politici del nord che spingono e stanno dietro alla Sharia e alla violenza etnica e religiosa che ne deriva. D’altronde, due ex Capi di Stato del nord, Muhamud Buhari e Shehu Shangari in determinate circostanze hanno inneggiato clamorosamente alla Sharia, senza che né l’uno né l’altro fossero conosciuti per essere musulmani particolarmente devoti.

L’introduzione della Sharia non poteva far altro che complicare le cose per Obasanjo. L’anno scorso, a dicembre, alcuni militanti musulmani hanno attaccato e vandalizzato 18 chiese cristiane nella città di Illorin, nello Stato centrale del Kwara. Questo Stato si trova lungo il confine fra nord e sud e per questo l’attacco venne visto come un chiaro segnale di quali potrebbero essere gli sviluppi più in generale. Nonostante le promesse delle autorità islamiche che cristiani e non musulmani sarebbero stati risparmiati dall’imposizione completa ed assoluta della legge coranica, si è verificato il contrario. All’inizio di quest’anno nello Stato di Kano un gruppo di vigilanti islamici, conosciuto come Hizbah, ha condannato ad 80 bastonate un commerciante cristiano scoperto con una bottiglia di gin. Questo cinquantenne, di nome Livinus Obi, portava con sé il gin per celebrare il Natale dell’anno scorso ed è stato condannato a prendersi le bastonate davanti ai suoi 16 figli e alle 2 mogli. L’incriminato ha spiegato che gli sono stati tolti i vestiti di dosso e, tenuto con la faccia premuta contro il terreno, gli sono stati inferti 80 colpi di bastone.

Obi, così come molti cristiani, ha fatto notare che è praticamente impossibile salvaguardare le minoranze religiose che vivono nel nord, data la fortissima commistione che esiste fra le diverse popolazioni di quella regione. Del resto, i musulmani non se la cavano meglio. Poche settimane dopo le bastonate inflitte ad Obi, una diciassettenne, che aveva partorito un bambino a dicembre, si è beccata 100 colpi di bastone comminati da un tribunale islamico nello Stato di Zamfara. Bariya Ibrahim Magazu, un altro esempio, era stato inizialmente condannato a 180 frustate in quanto giudicato colpevole di sesso prematrimoniale, ma i giudici gli hanno poi ridotto la pena per via di errori procedurali.

Una punizione simile è stata inflitta nello Stato di Katsina ad un’altra giovane diciottenne di nome Attine Tnako che è stata accusata anch’essa di essersi permessa di fare sesso prima del matrimonio. Il suo ragazzo, Lawal Sada, ha ricevuto la stessa condanna. In un caso precedente, accaduto nello Zamfara, una diciassettenne di nome Bariya è stata condannata a 180 colpi per aver praticato sesso fuori dal matrimonio ed aver accusato falsamente tre uomini di averla messa incinta. E’ curioso notare che, pur nell’estremo zelo con cui si applica la Sharia, nessuno dei grossi papaveri musulmani del governo e dell’esercito accusati di reati economici o sessuali è mai stato condannato.

L’intensità con cui la Sharia viene applicata avrebbe assunto anche una dimensione etnica, con quelli del sud che reclamano di venire puniti anche solo per il fatto di appartenere ad una certa etnia. Le autorità nigeriane hanno ammesso che questo genere di incriminazioni è il vero responsabile della violenza che ha ucciso oltre duemila persone quest’anno in tre città: Kaduna al nord, Aba nel sud-ovest e Jos nel centro.

Ora, Obasanjo viene accusato di aver reagito tardivamente alla crisi provocata dall’introduzione indiscriminata della Sharia, prevedibilmente contando sul fatto che si potesse risolvere da sola, senza intervento del governo federale. Anche se, quando l’anno scorso è scoppiata la violenza ad Illorin, ed Obasanjo con un atto di buona volontà ha inviato, perché se ne occupassero, alcuni funzionari del Comitato per l’Armonia Inter Religiosa, la chiesa cattolica nigeriana ha comunque accusato la sua amministrazione di non prendere una posizione decisa sulla Sharia. L’Arcivescovo John Onaiyekan, Vice Presidente del Comitato dei Vescovi Cattolici Nigeriani, ha affermato: “ Siamo fermamente convinti che l’attuale tragedia causata dalla violenza religiosa avrebbe potuto essere evitata se il governo avesse ascoltato i nostri richiami, presenti nella nostra nota inviatagli già nell’ottobre del ’99.”

Davanti ad un governo che non sembra avere la forza di trattare con la necessaria fermezza con i propugnatori della Sharia, la gente ha dimostrato di volersela cavare da sola. Il 14 settembre l’Associazione Cristiana Nigeriana ha affermato di non avere nessuna intenzione di permettere l’introduzione della Sharia nello Stato di Kwara, dopo che il Forum Musulmano di Kwara ne aveva chiesto l’applicazione. I funzionari dell’Associazione in quello Stato hanno fatto presente che nell’eventualità che la Sharia venisse introdotta essa verrebbe a costituire una vera e propria ricetta di destabilizzazione e ostilità, promettendo, al contempo, di fare di tutto per evitarne l’introduzione, lottando “fino all’ultima goccia del loro sangue.”

Gli uomini d’affari non musulmani, specialmente quelli dell’industria alberghiera, hanno minacciato di reagire agli zelanti islamici che vorrebbero mettere al bando le bevande alcoliche, così come vuole la Sharia. In agosto i proprietari di bar ed hotel dello Stato di Kano si sono impegnati a rintuzzare un gruppo di vigilanti sostenuti dallo Stato, gli Hizbah, che aveva minacciato di mettere in atto e di far rispettare un bando alla produzione, proprietà e vendita di bevande alcooliche. Il portavoce degli albergatori, George Ashiokhanele, ha detto che la categoria si difenderà da sola da qualsiasi possibile nuovo attacco degli Hizbah. Questa affermazione avveniva dopo che gli Hizbah a Kano avevano distrutto non meno di mille cartoni di birra in un attacco, definito dal portavoce, come un atto di terrorismo religioso.

Ma, nonostante tutto, il leader degli Hizbah, Mohamed Ghali, ha riaffermato la sua determinazione a distruggere tutto l’alcool in circolazione nello Stato di Kano, dal momento che il governo dello Stato non gli sembra sia in grado di far rispettare questo suo bando.

L’incapacità di Obasanjo ad agire con determinazione va posta in relazione soprattutto con le elezioni del 2003. Non può infatti dimenticare di essere andato al potere con il sostegno del nord e per i suoi benefattori del nord uno stop governativo alla Sharia corrisponderebbe ad una dichiarazione di guerra i cui effetti si sentirebbero quasi sicuramente di qui a due anni. Il Presidente non può dirsi neanche immune, del resto, da un possibile colpo militare, ma d’altra parte deve pur far qualcosa per quelli del sud che al momento delle elezioni potrebbero accusarlo di averli abbandonati alla mercè dei fondamentalisti islamici.

Ciò che irrita maggiormente i non musulmani è il fatto che Obasanjo non è stato in grado di far valere la sospensione della Sharia imposta dal suo governo lo scorso marzo negli Stati dove la legge veniva applicata inopinatamente. Durante un incontro ad Abuja il Vice Presidente della Nigeria, Atiku Abubakar, un musulmano del nord-ovest, ha affermato che la sospensione doveva avvenire nell’interesse supremo della sicurezza nazionale. I leaders musulmani Igbo del sud-est prevalentemente cristiano, avevano dato il benvenuto a questo appello di Abubakar, considerandolo: “un intervento estremamente positivo in quanto crediamo che porrà fine alla crisi scatenata dall’introduzione delle leggi coraniche.” Questa era, in pubblico, la posizione presa dai capi islamici, ma i giornali al contempo facevano sapere che, in privato, questi stessi leader sostenevano che la sospensione della Sharia arrivava troppo tardi perché potessero decidere di fare marcia indietro.

E sembra che sia stato proprio così. Nel momento in cui il Governatore Sani dello Zamfara dava addosso ai suoi colleghi che proponevano la Sharia, il Governatore del vicino Stato del Niger, Abdul Kadir Kure, annunciava la creazione di una commissione per la supervisione dell’applicazione completa della Sharia nel suo Stato. Si noti che Kure è un amico intimo del più famoso figlio del Niger, l’ex presidente militare Ibrahim Babangida. In Nigeria Babangida è conosciuto come l’uomo di stato che gode di maggiori risorse politiche e non si fa che parlare del fatto che sarà l’oppositore principale di Obasanjo nel 2003. Con la sua storia di golpista non ci sono ragioni per cui non dovrebbe appoggiare la Sharia nel nord per conquistare dei voti da quelle parti e allo stesso tempo trarre vantaggio dalla malferma gestione della “questione” Sharia da parte di Obasanjo, per sbarazzarsi del suo vecchio amico proprio dalle sue parti, nel sud del paese.