Diritti Animali

Alla pubblicità non può essere concesso tutto

10 gennaio 2007
Oscar Grazioli

La pubblicità è l'anima del commercio e, di fronte al dio danaro, ormai tutto è concesso. Chi si permette di obiettare sul morto ammazzato che gronda sangue o sul neonato col cordone ombelicale ancora allacciato alla placenta materna è un oscurantista, uno che non capisce la modernità della comunicazione, un vecchio bacchettone che rifiuta l'arte del pugno nello stomaco, un manicheo che chiude gli occhi di fronte al male e all'orrore della realtà, sulla quale l'artista spalanca la porta, perché tutti vedano come è fatto il mondo.

Non so chi siano i genia che hanno ideato e realizzato il nuovo spot pubblicitario della Esso, visto proprio l'altra sera diverse volte su Rete 4, durante lo spaccato storico su Mussolini. Roba da Nobel della comunicazione, comunque, perché, in pochi secondi, lo spot riesce a spalancare la porta sull'orrore e la crudeltà della natura e su quanto, anche gli animali, possano essere cinici e sadici, allo stesso tempo. Quasi come l’uomo. La scena riprende alcuni ippopotami che portano la loro bella bufala sul groppone.

Chiarisco subito. Le bufaghe sono uccelletti graziosi, simili al nostro storno, che vivono nel continente africano e hanno sviluppato una particolare forma di simbiosi. In sostanza hanno fatto un patto con i grandi e piccoli ungulati che vivono in mandrie nelle savane. Tu sei pieno di parassiti che ti torturano? E allora, mi lasci fare e io, con il mio abilissimo becco, scorrazzo in piena libertà sul tuo corpo, li snido tra il pelo, li stano dalle ferite sulla pelle, e me li mangio. Io mi sazio e tu ti liberi da zecche, larve di mosca ed eviti anche le malattie che artropodi e insetti possono veicolare.

Questo patto d’acciaio fra galantanimali dura da millenni e nessun bufalo o antilope, per quanto affamato, si sognerebbe mai di infrangerlo, mangiandosi la bufaga, mentre estrae, talvolta in modo doloroso, le larve di insetti inoculate nella profondità della pelle. A infrangerlo ci ha pensato la Esso. Nella scena si vede infatti una bufaga che esplora la bocca di un ippopotamo a caccia di insetti, tra i denti. Mentre la voce fuori campo recita “la fedeltà non sempre è ricompensata adeguatamente”, il pachiderma serra l’enorme bocca e spiaccica tra le mascelle l’amico uccelletto, per poi sputarlo schifato nell’acqua. Sorvoliamo sulla scientificità dello spot. Gli ippopotami trascorrono la maggior parte del tempo completamente immersi, a parte il naso, in acqua e a bocca chiusa. Quello che fa riflettere è che si scelga una simile scena per comunicare che non sempre la fedeltà è ricompensata. Bastava far vedere una folla di clienti a puttane e il concetto di fedeltà ne usciva massacrato, senza giri di parole, senza scomodare esotiche savane e innocenti animali.

Certo che le compagnie petrolifere di parassiti se ne intendano, visto che ci succhiano il sangue con i prezzi stratosferici della benzina, anche quando il barile di petrolio crolla. Ma per questo genere di parassitismo ci vorrebbero altro che le bufaghe. Non basterebbe uno stormo di condor affamati, per liberarci di loro.

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