Conflitti

Stato di paura nepalese

16 febbraio 2006
Monica Mottin

In una sezione dedicata ai conflitti all'interno dello South Asian Film Festival 2005 a Kathmandu sono stati proiettati due film sulla rivoluzione peruviana di Sendero Luminoso, The Fall of Fujimori (La Caduta di Fujumori) e State of Fear (Stato di Paura). I paralleli tra la rivolta peruviana e il conflitto tuttora in corso in Nepal sono sconcertanti: lo sfruttamento storico delle popolazioni indigene da parte dei Latinos bianchi, la 'distanza' tra la capitale e il resto del paese, le classi più ricche che ignorano la rivoluzione finchè non diventa terrore, le accuse di Fujimori nei confronti di Sendero Luminoso di minare la democrazia, i metodi terroristici usati dal regime di Lima nei confronti dei contadini, la brutalità dei ribelli di Gonzalo e l'uso da parte dei militari peruviani di torture e sparizioni, il reclutamento di bambini soldato nelle fila di Sendero Luminoso e i campi di indottrinamento dei giovani Quechua, i contadini intrappolati tra i ribelli e i militari e l'esercito che fornisce armi a vigilantes nei villaggi.
Strade deserte pattugliate dai militari durante il coprifuoco di fine gennaio a Kathmandu (foto Monica Mottin)


Sostituendo Latinos con pahadi, i nepalesi delle colline appartenenti alle caste più elevate bahun e chhetri, Fujimori con re Gyanendra e Gonzalo con Prachanda si può ottenere un'immagine vicina al Nepal attuale. A fine gennaio, con il permesso della Skylight Pictures, un gruppo di artisti nepalesi ha tradotto e doppiato in nepali State of Fear. Bhayako Rajya doveva essere proiettato il 29 gennaio all'Ashok Hall di Patan Dhoka senonchè il permesso è stato negato all'ultimo minuto dal governo con minacce di far chiudere la sala. Il film, proiettato poi nel vicino Yala Maya Kendra, ha visto il tutto esaurito che ha costretto gli organizzatori ad improvvisare una seconda proiezione nello stesso pomeriggio per accontentare gli spettatori rimasti fuori.

I GIORNI PRECEDENTI LA FARSA

Lo scorso dicembre, ignorando i quattro mesi di cessate il fuoco unilaterale decretato dal Partito Maoista Nepalese CPN Maoist (Partito Comunista Nepalese Maoista) e l'accordo in 12 punti siglato dai sette principali partiti politici con i Maoisti per avviare un processo di democrazia partecipativa e di pace, il governo del re ha indetto elezioni amministrative in 36 municipalità nonostante il boicottaggio dei maggiori partiti politici, la disapprovazione della società civile e della comunità internazionale, le minacce di 'azioni' contro i candidati da parte dei Maoisti.
Allo scadere dei termini per la presentazione delle candidature nessuna municipalità aveva un numero sufficiente di candidati. Nemmeno l' assicurazione sulla vita gratuita offerta dal governo ha rassicurato i potenziali candidati. I votanti non sapevano i nomi dei possibili sindaci e i candidati non hanno osato diffondere i loro nomi, anzi, si sono iscritti di nascosto mentre il capo della Commissione delle Elezioni raccontava al Kathmandu Post di 'folle incoraggianti di candidati' che si stavano registrando per le elezioni.
Se non fosse per la morte del candidato a sindaco di Janakpur, il ferimento di quello di Patan, il rapimento di un candidato in Bardiya e lo scoppio in casa di quello di Dang, questa farsa sarebbe totalmente comica. Sempre il Kathmandu Post riporta una esilarante vignetta di Batsyayana che mostra cose difficili da credere ma realmente accadute in nelle settimane precedenti al voto: casalinghe analfabete, portatori, venditori di legno, spazzini e mendicanti si sono trovati a loro insaputa candidati e secondo la Commissione delle Elezioni alcuni di loro diventeranno sindaci perchè non ci sono concorrenti!
Solo una decina di partiti, con nessun peso politico, ha concorso a queste amministrative. Più di 600 candidati iscritti in un primo momento hanno ritirato le loro candidature, altri hanno ricevuto dal governo un 'viaggio premio' a Kathmandu o in India in modo tale che non potessero ritirarsi, altri ancora sono stati confinati in campi protetti dall'esercito per non evitare ripensamenti o sono stati costretti a firmare le candidature con la forza o con l'inganno.
Vignetta satirica, dal Katmandhu Post.


Due settimane fa gli artisti del Loktantrik Shrastaharuko Samuha (Associazione di Scrittori per la Democrazia), cappeggiati dal poeta Arjun Parajuli, sono stati arrestati durante una protesta in strada fatta di poesie e canzoni. La prigionia è durata poche ore e gli artisti sono stati sfamati dagli amici accorsi con i momos (una specie di tortelloni tibetani). Sono invece ancora in carcere numerosi attivisti del Movimento per la Democrazia tra cui Krishna Pahadi, storico difensore dei diritti umani e Gopal Chintan Siwakoki, avvocato impegnato anche lui nei diritti umani. E poi un coprifuoco lungo un giorno, imposto per evitare una dimostrazione massiccia da parte di gruppi appartenenti alla società civile e ai partiti politici, centinaia di politici e leader studenteschi arrestati all'alba da squadroni di militari su autobus pubblici, cellulari tagliati senza preavviso, dalla sera alla mattina.

Per la prima volta la polizia ha preso il controllo di più di 500 veicoli sfidando il blocco di 7 giorni imposto dai Maoisti a partire dalla domenica precedente, con alcuni autisti di micro-bus che lamentavano come lo stato non potesse imporre loro di circolare mettendo le loro vite in pericolo. Scuole e uffici chiusi in molte parti del paese. 8 persone, 7 militari e un ribelle Maoista uccisi in 2 attacchi separati a Kavre e Udaipur lunedì sera secondo un ufficiale dell'esercito, durante l'attacco Maoista all'edificio del municipio. La polizia locale ha comunicato che lo scambio di colpi d'arma da fuoco è durato fino alle 4 del mattino. Prima di lanciare l'attacco i Maoisti avevano bloccato vari incroci dell'highway. A Nepalgunj 3 soldati della RNA sono stati feriti in un agguato Maoista a un convoglio che controllava la zona. Altri scontri nel capoluogo di Udaipur, Gaighat, con obiettivo il campo dell'Esercito Reale Nepalese di Bokse. Altri scontri ed esplosioni di bombe anche a Panauti e Dhulikel, Kavre. Molte aree del paese erano in fiamme.

L' 8 FEBBRAIO

Il giorno delle elezioni si apre tra violenze e incertezze con un blocco totale dei veicoli a Kathmandu, autoambulanze incluse e arresti di attivisti e leaders politici. Alle 5 di mattina 20 soldati arrivano nella casa di Ramesh Rahamaji, attivista di Alliance for Peace, una ONG nepalese di composta da volontari che monitorano le condizioni degli studenti nelle carceri durante gli arresti di massa. L'esercito ha il permesso di sparare a chiunque tenti di disturbare le elezioni. Sorprendentemente i telefoni funzionano. Ai giornalisti è impedito l'avvicinamento alle sedi elettorali e non si vedono manifesti o bandiere ad indicare un'elezione in corso, solo i posters di propaganda fatti appendere ai muri della città qualche settimana prima dal Dipartimento per l'Informazione del governo in cui si sollecita la popolazione ad andare alle urne.
Manifesto governativo lungo Ramshah Path (foto Monica Mottin)


Prachanda, il comandante supremo dei Maoisti, concede varie interviste in cui sollecita i nepalesi a non andare a votare e ad impegnarsi invece nel movimento per la pace e la democrazia. Il governo tuttavia minaccia provvedimenti contro i propri impiegati che si asterranno dal voto. Girija Prasad Koirala, presidente del Nepali Congress chiede a tutti coloro che 'hanno fede nella democrazia, nella libertà, nei diritti umani, nella libertà di stampa e un governo legale di non votare'. Per tutto il giorno rappresentanti dei sette partiti politi cercano di contrastare in modo pacifico le elezioni. A Biratnagar più di cento attivisti vengono arrestati. A Gorahi, Dang, al ritorno da una una dimostrazione pacifica la polizia attacca la folla e durante gli scontri Umesh Thapa, attivista del CPN UML (Partito Comunista Nepalese Marxista Leninista Unito), viene ucciso.

I GIORNI SUCCESSIVI

L'affluenza alle urne è stata molto bassa, circa il 20% nella capitale, meno della metà nelle altre città. La sstampa nepalese il giorno dopo riporta vari brogli. In un seggio a Kathmandu i due candidati hanno conquistato ben 555 e 510 voti a testa nonostante il totale dei votanti fosse stato solo di 686 in tutto.

Cocap, Collective Campaign for Peace, riporta che nel distretto di Sindhuli le forze di sicurezza arrestano 20 leaders politici e attivisti con un ordine di detenzione di 90 giorni. I detenuti sono trattenuti in una cella piccola, senza spazio per muoversi e viene negato loro acqua e cibo commestibile. Vengono inoltre maltrattati e insultati e per questi motivi Bipin Koirala, ex ministro e Sankar Nath Sharma, ex membro del Parlamento e segretario di zona del CPN UML hanno iniziato uno sciopero della fame e chiedono solidarietà contro le brutalità della polizia.

La condanna da parte della comunità internazionale è decisa. In un comunicato stampa del Dipartimento di Stato americano, MacCormack afferma che il gli Stati Uniti credono che queste elezioni, condotte tra arresti e restrizioni delle libertà e senza alcun monitoraggio esterno indipendente siano state un vano tentativo del governo reale di legittimare il proprio potere. Chiedono inoltre al re di liberare i prigionieri politici e iniziare un dialogo con i partiti, condannando tuttavia la violenza usata dai Maoisti nei confronti dei candidati. Timore e condanna proviene anche dal governo indiano che lamenta la mancanza di un processo reale di riconciliazione nazionale e dialogo e ribadisce che qualsiasi elezione per essere credibile deve vedere la partecipazione attiva dei principali partiti politici. Anche il Giappone, principale donor in Nepal e il governo britannico, condannano le elezioni e la violenza auspicando dialogo e pacificazione.
Nonostante ciò il capo della Commissione per le Elezioni, Keshav Raj Rajbandhari dichiara a nepalnews.com che 'le elezioni sono avvenute in un'atmosfera pacifica e la partecipazione dei votanti è stata incoraggiante nonostante gli ostacoli politici'. Con lo stesso tono il ministro degli interni Kamal Thapa afferma che 'la sovranità popolare, votando per restaurare la pace e dare energia alla democrazia multipartitica, ha reso la nazione orgogliosa'.

Forse non è solo uno stato di paura ma anche una paura di stato quella che sta investendo il governo del re in questi giorni se anche un film viene percepito come una terribile minaccia. Tuttavia è il governo del re stesso che ignorando e negando totalmente la realtà sta creando una versione dei fatti immaginaria che supera di gran lunga qualsiasi finzione vista finora al cinema. Intanto ieri si è 'celebrato' il decimo anniversario dell'inizio del conflitto e i morti finora sono saliti a più di 13.000.

Monica Mottin

Note: mm@soas.ac.uk , insnitalia@yahoo.it
INSN, International Nepal Solidarity Network, www.insn.org

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