Conflitti

Missione armata ONU-UE in Ciad e Repubblica Centrafricana

Neutralità a rischio

Operazione militare nelle aree di confine con il Darfur. Ma c'è il timore che non sarà un'operazione indipendente: la guiderà la francia, il cui ruolo ambiguo nella regione non la rende interlocutrice imparziale
16 ottobre 2007
Gianni Ballarini
Fonte: Nigrizia Ottobre 2007

È stata accolta da applausi internazionali. La scelta di fine agosto del Consiglio di sicurezza dell’Onu d’inviare una missione di polizia, appoggiata militarmente dall’Unione europea, nel Ciad orientale e nel nordest della Repubblica Centrafricana era attesa da tempo. Scopo dell’operazione, che, dopo tutti i semafori verdi del caso, dovrebbe scattare a ottobre e durare un anno, è tamponare la grave situazione umanitaria che ha colpito le aree confinanti con il Darfur. L’obiettivo, ribadito nei documenti del Palazzo di Vetro, non è solo umanitario, ma politico e anche militare, dovendo la missione impedire il passaggio di truppe armate tra Sudan e Ciad.
Nelle 3 province ciadiane vicine alla frontiera sudanese, ci sono 12 campi profughi che “ospitano” circa 250mila persone scappate dall’inferno darfuriano. Emergenza critica anche in Centrafrica. I presidenti autoritari dei due paesi – Idriss Déby, per il Ciad, e François Bozizé, per la Repubblica Centrafricana – hanno dato il loro assenso all’invio di truppe. Déby ha ribadito il suo “sì” allo spiegamento di forze Onu-Ue anche al segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, in visita a N’Djamena ai primi di settembre. Un repentino cambio di rotta per il presidente ciadiano, dopo il suo costante e ferreo “no” a ogni intromissione Onu sul suo territorio, giudicandola una limitazione della sovranità del Ciad. Paese ad alta criticità e a forte instabilità politica: non si andrà al voto legislativo neppure a dicembre 2007, come previsto, essendo state rinviate le elezioni al 2009.
L’idea delle Nazioni Unite è d’inviare 350 poliziotti con il compito di formare 850 colleghi ciadiani, incaricati di gestire i campi. L’Unione europea invierà da 3 a 4mila militari, che dovranno controllare ciò che accadrà fuori dai campi. Polonia, Spagna, Italia e Svezia hanno espresso la loro volontà di partecipare all’operazione, che sarà guidata dalla Francia. Parigi si è spesa molto affinché Onu e Ue s’impegnassero nell’area; in Ciad ha già 1.200 soldati (dispositivo “Sparviero”) e invierà metà delle truppe della prossima forza europea.
L’attivismo francese, tuttavia, a molti è risultato sospetto. Per alcuni analisti, la missione Onu-Ue potrebbe essere solo un pretesto per l’Eliseo per avere una copertura legale alle proprie operazioni militari nei 2 paesi africani. Già nell’aprile 2006 Parigi ha giocato un ruolo decisivo nell’aiutare l’esercito di Déby a sventare l’assalto a N’Djamena dei ribelli del Fronte unito per il cambiamento (Fuc). Anche Bozizé ha più volte fatto appello all’ex colonizzatore per un intervento dell’armée al suo fianco contro gli oppositori del regime. Una Francia, quindi, che oggi non è vista come un’interlocutrice imparziale nelle dinamiche dell’area.
Le stesse fonti ufficiali dell’Onu hanno esternato, sottovoce, dubbi sulla missione europea in Ciad e Repubblica Centrafricana. Kingsley Amaning, coordinatore umanitario delle Nazioni Unite in Ciad, ha dichiarato all’agenzia stampa Irin: «Vediamo come si tradurrà in atti concreti questo impegno dell’Ue. La cui neutralità, tuttavia, deve essere il primo obiettivo della missione, che andrà organizzata in modo tale che i ribelli dell’area orientale del paese la considerino indipendente. Dovrebbe apparire evidente che il suo fine è esclusivamente umanitario».
Ma non è così. E i gruppi ribelli hanno già rigettato l’idea dello spiegamento di forze europee, perché identificate troppo con la Francia. Una situazione a rischio.

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