Conflitti

Newsletter n° 41 1 ottobre 2009

«Un trattato non basta: non dobbiamo mai dare per scontato che gli impegni presi sulla parola e quelli firmati su un pezzo di carta siano veramente mantenuti. Costruire la pace in Sudan è un'operazione a lungo termine». Marina Peter in Scommessa Sudan, 2006

Indice

 

 

I fatti

Sudan, 1 / Abrogata la censura

 

Sudan, 2 / Il Ncp candida ufficialmente Bashir alla presidenza

 

Sudan, 3 / Conferenza di Juba: l'opposizione minaccia di boicottare le elezioni

 

Sudan, 4 /  Nord e Sud: non c'è accordo sul quorum per il referendum

 

Sud Sudan, 1 / Nuovi scontri, oltre cento vittime

 

Sud Sudan, 2 / Lra verso il Darfur?

 

Darfur, 1 / Nuovi scontri tra esercito e ribelli

 

Darfur, 2 / Incontro di rappresentanti Ua a Khartoum

I documenti

Somalia / Il ruolo del Puntland secondo l'Icg

Il contesto regionale

Somalia / Autobombe contro i caschi verdi: 21 morti

(In evidenza)

La Campagna

Chi siamo


I fatti (Fonti: Afp, Al Jazeera, Ansa, Ap, Bbc, Irin, Misna, Reuters)

Sudan, 1 / Abrogata la censura

Il 28 settembre il presidente sudanese Omar el Bashir ha abolito la censura sui giornali; finora il governo la esercitava attraverso i servizi di sicurezza: i giornali venivano esaminati prima della loro pubblicazione da un apposito ufficio; anche i giornalisti erano spesso controllati e tenuti sotto pressione dai servizi di sicurezza. [vedi Newsletter 27 del 1 marzo 2009]. L'abrogazione arriva un po' a sorpresa, visto che la Corte suprema aveva giudicato costituzionale la censura sulla stampa considerandola uno strumento per preservare la sicurezza nazionale e la moralità pubblica.

Inoltre una decina di giorni prima della decisione del presidente, i direttori di molti giornali sudanesi hanno presentato un codice di autocondotta.

Bashir ha detto che la fine della censura non significa la fine di eventuali sanzioni contro chi sarà ritenuto colpevole di attentare alla sicurezza e alla sovranità della nazione: «Saranno i direttori che dovranno evitare ciò che va oltre il consentito».

In giugno era stata approvata la nuova legge sulla stampa [vedi Newsletter 35 del 15 giugno 2009], molto attesa anche in vista della campagna elettorale che porterà  alle  elezioni politiche generali in programma nel 2010.

 

Sudan, 2 / Il Ncp candida ufficialmente Bashir alla presidenza

Il 29 settembre il National Congress Party, il partito del presidente Omar el Bashir, ha ufficialmente candidato lo stesso Bashir come candidato unico per le prossime elezioni, previste per aprile 2010; queste dovrebbero essere le prime libere da quando lo stesso Bashir ha preso il potere in Sudan, nel 1989, attraverso un golpe di stato. Bashir era già stato eletto presidente nel 1996 e nel 2001, in elezioni boicottate dall'opposizione e mentre il Sudan era dissanguato dalla guerra civile tra Nord e Sud: la maggior parte degli osservatori internazionali ha considerato quelle consultazioni come elezioni-farsa.

L'accordo di pace del gennaio 2005 tra Ncp e Splm (il principale movimento politico del Sud) prevedeva la formazione di un governo di unità nazionale in cui Bashir sarebbe rimasto al potere fino alle elezioni, previste in un primo momento per il 2009 e poi successivamente rimandate fino ad aprile 2010.

Sul presidente Bashir pende un mandato di cattura emesso dalla Corte penale internazionale, che lo accusa di crimini di guerra e crimini contro l'umanità commessi in Darfur.

 

Sudan, 3 / Conferenza di Juba: l'opposizione minaccia di boicottare le elezioni

A Juba, capitale del Sud Sudan, si è svolta dal 27 al 30  settembre una conferenza dei partiti di opposizione. Hanno partecipato una ventina di formazioni politiche.

Salva Kiir Mayadrit, presidente del Sud Sudan e primo vicepresidente del Sudan, ha aperto la conferenza. Da un punto di vista politico, il tema più delicato non sembra solo quello di eventuali alleanze da stabilire per le elezioni politiche del 2010, ma anche e forse soprattutto la scelta nel referendum per una possibile secessione del Sud Sudan, previsto nel 2011. Kiir ha ribadito che l'Splm ha sempre lottato per l'unità del Sudan, «ma non un'unità a qualsiasi prezzo», ha avvertito. «Un'unità che non è in grado di generare un valore aggiunto allo status che il Sud Sudan ha già oggi, non attrae nessuno».

Il 28 settembre sei partiti minori hanno lasciato la Conferenza, in contrasto con gli organizzatori. Il 30 settembre i restanti partecipanti alla Conferenza hanno rilasciato una dichiarazione comune (sui temi della riconciliazione nazionale, della transizione democratica, della situazione sociale ed economica, della politica estera e della complicata implementazione degli accordi di pace del 2005) minacciando di boicottare le elezioni politiche generali del prossimo anno se il governo e il partito del National Congress non procederanno con le riforme e in particolare con una serie di leggi (sui servizi di sicurezza, sul codice di procedura penale e civile, sui sindacati) che il parlamento dovrebbe approvare entro il 30 novembre.

 

Sudan, 4 /  Nord e Sud: non c'è accordo sul quorum per il referendum

I due partiti che hanno firmato l'accordo di pace del 2005 (Ncp per il Nord e Splm per il Sud) dopo una guerra civile durata oltre vent'anni, partiti che formano l'attuale governo di unità nazionale, da mesi stanno discutendo le modalità del referendum previsto per il 2011 che dovrà decidere se il Sud Sudan diventerà uno stato autonomo o rimarrà nel Sudan.

Il 25 settembre in una conferenza stampa a Juba, capitale del Sud Sudan, il vicepreseidente del governo del Sud Sudan, Riek Machar,  ha dichiarato che il Ncp non è più disposto ad accettare come valida una decisione presa dal 75% degli aventi diritto al voto, ma ha chiesto un quorum del 90%. Machar ha detto che invece l'Splm crede che il referendum sia da considerare valido con una partecipazione del 50% degli aventi diritto al voto.

Manca l'accordo anche per come interpretare i voti: per l'Splm è sufficiente una maggioranza del 51% per sancire l'indipendenza del Sud Sudan, il Ncp vuole una maggioranza del 75%.

Infine rimane ancora assai confusa la questione che riguarda i sud sudanesi che vivono nel Nord: devono votare o no, e come possono dimostrare di essere sudsudanesi? Per non parlare dei sudsudanesi che vivono all'estero, in particolare in Kenya, Uganda, Etiopia...

 

Sud Sudan, 1 / Nuovi scontri, oltre cento vittime

Nel fine settimana tra il 19 e il 20 settembre nello stato di Jonglei, in Sud Sudan, una serie di scontri tra uomini armati appartenenti alle etnie lou nuer e dinka  hanno causato decine e decine di morti. Fonti militari hanno riferito di oltre un centinaio di vittime (tra cui 28 soldati dell'Esercito popolare di liberazione del Sudan, Spla) e decine di feriti, la maggior parte delle quali erano dinka che vivevano nel villaggio di Duk Padiet, attaccato dai luo nuer. Centinaia di soldati sud sudanesi sono stati inviati nelle zona per rafforzare la sicurezza.

Il presidente della Commissione africana, Jean Ping, ha condannato «nei termini più forti possibili il riaccendersi delle violenze che minano il successo dell'applicazione dell'accordo globale di pace».

Scontri tra comunità in competizione per i controllo dei pascoli e delle mandrie non sono rari in Sud Sudan ma dall'inizio dell'anno è aumentato il numero delle vittime e sono stati attaccati anche soldati e edifici pubblici. Secondo il governo del Sud Sudan gli scontri hanno preso sempre più una connotazione politica. Esponenti sia militari sia politici dell'Splm - il partito al governo in Sud Sudan - hanno accusato il governo di Khartoum e in particolare il Ncp, partito del presidente Bashir, di fomentare gli scontri. In agosto Pagan Amum, segretario generale dell'Splm, ha dichiarato: «Il Ncp ha continuato ad armare i gruppi della milizia per causare instabilità in Sud Sudan. Il Ncp sta armando anche i civili». [Newsletter 39 del 1 settembre 2009].

Khartoum e il Ncp hanno sempre respinto ogni accusa, accusando invece Juba e l'Splm di non essere in grado di garantire la sicurezza dei propri cittadini.

 

Sud Sudan, 2 / Lra verso il Darfur?

I miliziani della Lra (Lord's resistance army, Esercito di resistenza del Signore), il gruppo militare nato in Uganda per contrastare il governo, dedito da anni a massacri, razzie e saccheggi nei villaggi di frontiera tra Rd Congo, Uganda e Sud Sudan, si starebbero spostando verso il Darfur e il Ciad, secondo una dichiarazione di metà settembre del maggiore Kuol Diem Kuol, portavoce dell'Splm, il partito al governo nel Sud. Kuol cita fonti dei servizi di informazione e di sicurezza.

Quest'anno gli attacchi dei ribelli in Sud Sudan sono aumentati, in particolare negli stati dell'Equatoria occidentale e centrale. Tra agosto e settembre fonti Onu hanno segnalato 11 incursioni. Ameerah Haq, responsabile locale dell'Onu per gli aiuti umanitari, ha dichiarato: «Le Nazioni Unite sono molto preoccupate per l'aumento degli omicidi, per i sequestri, per il crescente numero di sfollati». Secondo l'Onu, da dicembre 2008 68mila persone sono state costrette ad abbandonare i villaggi d'origine, 18mila rifugiati sono arrivati in Sud Sudan dalla Repubblica democratica del Congo e dal Centrafrica; dall'inizio dell'anno l'Lra ha ucciso almeno 200 persone e ne ha rapite 130.

A dicembre un'offensiva congiunta degli eserciti di Rd Congo e Uganda aveva cercato di vincere militarmente i ribelli. Dopo l'offensiva i ribelli Lra hanno allargato le loro azioni anche a Centrafrica e Sud Sudan.

 

Darfur, 1 / Nuovi scontri tra esercito e ribelli

Nella seconda metà di settembre ci sono state ripetute segnalazioni di scontri militari in Darfur settentrionale: le truppe governative avrebbero attaccato le aree montuose di Korma e Ain Siro per conquistare le roccaforti dell'ala del Movimento di liberazione del Sudan guidata da Abdel-Wahid al-Nur (Slm-Aw). Durante gli attacchi una ventina di civili sono rimasti uccisi e una trentina sono rimasti feriti.

Il 16 settembre Sadiq Al-Mahdi, il leader del partito di opposizione Umma, aveva dichiarato che «tempeste si avvicinano al Darfur», esprimendo una forte preoccupazione.

Il 27 settembre una banda di uomini armati ha attaccato un convoglio della missione congiunta Onu/Ua (Unamid) in Darfur occidentale, sulla strada per El Geneina, uccidendo un casco blu nigeriano e ferendone altri due kenyani.

Da quando - nel gennaio 2008 - la missione è stata dispiegata sul terreno, 17 caschi blu (tra soldati e poliziotti) sono stati uccisi.

 

Darfur, 2 / Incontro di rappresentanti Ua a Khartoum

L'Unione africana (Ua) il 27 e 28 settembre ha coordinato un incontro internazionale per la pace a Khartoum. Hanno partecipato i rappresentanti di 25 paesi del continente e il commissario dell'Ua per la pace e la sicurezza, Ramtane Lamamra: ancora una volta l'Ua ha ribadito che la soluzione del conflitto in Darfur non può essere militare ma solo politica.

 

Il contesto regionale

Somalia / Autobombe contro i caschi verdi: 21 morti

(In evidenza)

Il 17 settembre 21 persone sono state uccise in un attentato avvenuto nella principale base della missione di pace africana in Somalia (Amisom): le vittime sono 17 caschi verdi della missione e quattro civili; inoltre almeno 40 persone sono rimaste ferite. Si tratta del più grave attentato mai avvenuto contro la Amisom.

Due autobombe, penetrate all'interno della base perché camuffate da veicoli delle Nazioni Unite, sono state fatte esplodere mentre nel quartier generale di Amisom era in corso un incontro con funzionari della sicurezza e agenti dei servizi segreti europei e americani.

Nella seconda metà di settembre si sono susseguiti gli scontri tra soldati governativi e milizie ribelli collegate al gruppo islamico estremista al Shabaab. Il 22 e 23 settembre gli scontri sono arrivati vicino alla sede della presidenza somala, causando almeno otto morti e una ventina di feriti. Nei due giorni successivi i caschi verdi della missione di pace africana hanno contrattaccato: nei combattimenti è stata utilizzata anche l'artiglieria pesante. Gli sconti sono proseguiti fino al 28 settembre; i civili uccisi sarebbero una decina, ma è difficilissimo tenere il conto delle vittime in una città sempre più dilaniata dalla guerra civile.

Alla fine di settembre, nella città meridionale di Kismayo, due gruppi islamici, in precedenza alleati, hanno iniziato a combattersi fra loro: si tratta di al-Shabaab e  di Hizbul Islam. Sempre nel sud - vicino a Barawe, circa duecento chilometri a sud di Mogadiscio, e sempre nella zona controllata da al-Shabaab, a metà settembre un raid di unità speciali americane (arrivate in elicotteri decollati da navi militari al largo delle coste somale) avevano individuato e ucciso Saleh Ali Saleh Nabhan, un capo militare di al-Shabaab considerato dagli Usa un pericoloso terrorista.  

Sono oltre 50mila i profughi somali che dall'inizio dell'anno sono fuggiti nel confinante Kenya. L'agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati (Acnur/Unhcr) ritiene che nel 2009 una media di quasi 6.500 persone al mese ha oltrepassato la frontiera per rifugiarsi nelle già sovraffollate strutture del Kenya settentrionale.

Inoltre da maggio oltre 250mila somali hanno lasciato Mogadiscio per rifugiarsi in gran parte ad Afgoye (una trentina di chilometri più a sud), dove vivono in condizioni che la stessa Onu definisce «squallide».

 

 

I documenti

Somalia / Il ruolo del Puntland secondo l'Icg

Per quanto possa essere difficile credere che una situazione già terribile possa peggiorare, le notizie che arrivano da Mogadiscio e dalla Somalia meridionale parlano di un inasprimento della guerra civile e di un peggioramento costante delle condizioni di sopravvivenza dei civili. Eppure la Somalia non è solo Mogadiscio e il sud, ma anche la zone centrosettentrionale del paese, dove da molti anni ormai due regioni - Il Somaliland e il Puntland - sono di fatto due stati indipendenti. Il rapporto dell'Icg  - lungo 16 pagine, intitolato Somalia: The Trouble with Puntland e pubblicato il 12 agosto - analizza il caso del Puntland, istituito nel 1998. Negli ultimi mesi la tensione in Puntland sta crescendo sempre più, e «bande criminali sono coinvolte non solo nella pirateria, ma anche in altre attività illecite, tra cui il traffico di armi, i rapimenti, e il contrabbando di persone e di merci». Il rapporto analizza la storia del Puntland in questa decina di anni, il ruolo del presidente Yusuf - che ha invano tentato di governare anche a Mogadiscio - fino ad arrivare all'attuale crisi e al problema della pirateria nel golfo di Aden. Alla fine del rapporto, l'Icg lancia un allarme: se le tensioni locali non verranno stemperate, anche in Puntland potrebbe scoppiare una guerra civile che complicherebbe ulteriormente la già drammatica situazione della Somalia. Il rapporto si può leggere, in inglese, sul sito dell'Icg: www.crisisgroup.org .

 

La Campagna Sudan

Chi siamo

La Campagna italiana per il Sudan è una campagna nazionale di informazione, sensibilizzazione ed advocacy che opera dal 1994. Raggruppa organizzazioni della società civile italiana (Acli Milano e Cremona, Amani, Arci, Caritas ambrosiana, Caritas italiana, Mani Tese, Ipsia Milano, Missionari e missionarie comboniane, Nexus, Pax Christi) e lavora in stretta collaborazione con enti pubblici e privati italiani e con varie organizzazioni della società civile sudanese. In Italia la Campagna ha fatto conoscere la situazione del Sudan e ha sostenuto i processi volti al raggiungimento di una pace rispettosa delle diversità sociali, etniche, culturali, religiose della sua popolazione. Per informazioni: www.campagnasudan.it.

 

Contatti: Cristina Sossan, segreteria Campagna Sudan, telefono 02-7723285, segreteria@campagnasudan.it .

 

Questa Newsletter, aggiornata al 30 settembre 2009, è a cura di Diego Marani. Si ringraziano le Acli di Cremona (www.aclicremona.it) per la collaborazione.

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