Conflitti

Polhò: lo zapatismo costa caro

San Pedro Polhò è una comunità indigena zapatista del Chiapas. E' una comunità di desplazados, persone che sono state cacciate dalle loro terre dai paramilitari o dall'esercito.
1 aprile 2004
Federico Razzoli

San Pedro Polhò è una comunità indigena zapatista del Chiapas. E' una comunità di desplazados, persone che sono state cacciate dalle loro terre dai paramilitari o dall'esercito. Prima che i desplazados arrivassero, vi abitavano già 3.000 persone, alle quali se ne sono aggiunte più di 5.500. La comunità è composta da vari gruppi di case sparse all'interno di una grande vallata. Per lo più, le case si trovano in mezzo ai boschi e sono raggiungibili solo arrampicandosi su ripidi e scivolosi sentieri di terra, che quando piove diventano assolutamente impraticabili. Le capanne indios sono fatte di legno e composte da una sola stanza di pochi metri quadri, nella quale si cucina, si mangia, si dorme, si fa tutto. A Polhò in una sola baracca si ammassano anche più di una famiglia, per necessità, e non hanno nè acqua corrente nè elettricità. La terra produce poco e molte persone non hanno nemmeno un fazzoletto di terra da coltivare; il frutto del lavoro di chi possiede un campo viene diviso fra tutti.

La Coca Cola in quelle zone costa meno dell'acqua. Ma gonfia la pancia e non disseta, anzi, come è noto fa aumentare la sete. Gli indigeni la bevono, un po' per sete, un po' perchè è l'unico lusso che si possono permettere, diventando così una sorta di illusorio riscatto dalla povertà. Ma è chiaro che in questo modo finiscono per spendere più soldi di quanti ne spenderebbero bevendo acqua in bottiglia. La multinazionale paga gli indigeni per esporre nelle comunità insegne della Coca Cola, qualcuno l'ha attaccata al contrario perchè non sa leggere. Qualche europeo di passaggio ha affisso a Polhò un manifesto contro alcune multinazionali, fra cui la Coca Cola; per gli indigeni praticare boicottaggi non è pensabile, ma la Coca Cola è un problema serio sia dal punto di vista economico che della salute.

La Croce Rossa Internazionale, che si trovava a Polhò per aiutare questa gente che vive in condizioni misere, ha deciso di abbandonarle per motivi non chiari (fondi insufficienti?, ordini del governo messicano?, non si sa).

Ora hanno un bisogno disperato di aiuto. E' possibile contribuire all'emergenza dei profughi nel Municipio di Polhó con versamenti sul Conto corrente postale 291278 oppure conto corrente bancario di Mani Tese (piazzale Gambara 7/9 - 20146 Milano) n° 40 c/o Banca Popolare Etica, sede di Padova, Piazzetta Forzaté 2, ABI 05018, CAB 12100 specificando la causale "Micro 2025 - Emergenza Chiapas".

Certo, non bisogna illudersi che i soldi inviati possano fare molta differenza per una comunità di circa 9.000 persone, il problema andrebbe risolto alla radice restituendo la dignità, la pace e i diritti umani ai popoli indigeni (o discendenti Maya, come sottolinea qualcuno di loro). Però l'unica lotta zapatista che si può condurre a Polhò è una lotta di resistenza. I contributi che arrivano dall'estero sono l'unico appiglio per questa gente. Per i bambini scalzi che giocano con gli stranieri e si divertono a farsi fotografare, che si sforzano di parlare spagnolo, perchè viene detto loro che quegli stranieri sono la loro speranza. Il sorriso di quei bambini ha commosso più d'uno di noi impreparati visitatori italiani ed è impossibile da dimenticare. Polhò mi ha fatto capire che non possiamo arrenderci, perchè se lo facessimo dovremmo renderne conto dentro di noi a quei bimbi che vivono nel sud-est del Messico.

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