Conflitti

Addestramento all'obbedienza

Riflessioni: Uniformi di Sangue

La realta' e' che non e' affatto abbastanza essere brave persone, persone per bene, non e' abbastanza essere educati, aver cura dei propri figli, essere gentili, premurosi e ragionevoli. Queste sono tutte cose sacrosante e importanti, ma se oltre a cio' facciamo semplicemente cio' che ci viene detto, se non pensiamo con la nostra testa, se non abbiamo la capacita' di dire 'no', di sollevare problemi, di disobbedire, allora potremmo facilmente finire per essere gli architetti dell'inferno di qualcuno.
12 luglio 2004
David Edwards - trad. P. Merciai
Fonte: Znet

"Domanda: Sei sposato?
Risposta: Si.

D: Bambini?
R: Due.

D: Quanti anni hanno?
R: Il bambino ha due anni e mezzo, e la piccola ha un anno e mezzo.

D: Ovviamente un'altra domanda si affaccia nella mia mente. Il padre di due
bambini cosi' piccoli come puo' allo sparare su dei bambini?
R: Non avevo ancora avuto la piccola. Avevo solo il piccolo a quell'epoca.

D: Oh - oh.Come puoi sparare su dei bambini?
R: Non lo so. E' solo una di quelle cose".

(Mike Wallace, CBS News, intervista uno di coloro che parteciparono al massacro Usa di civili vietnamiti a My Lai. Citazione da Stanley Milgram, Obedience to Authority, Obbedire all'Autorita', Pinter&Martin, 1974, p. 202).

Qualcuno ha visto chi e' il Cattivo?
Chiunque abbia lavorato in una azienda moderna sa che chi lavora in quelle
compagnie sono brave persone, premurose. Soltanto che, sul lavoro, gli viene
richiesto di obbedire al sistema della logica economica, che subordina la
sofferenza di esseri umani e animali al profitto a breve termine.
Sono persone dignitose, civili, ma le loro azioni hanno come risultato sofferenza di massa e morte.
E' sbagliato pensare che il male si presenti con un cappello nero, le corna, un volto sfregiato, i baffi arrotolati, o addirittura lo sguardo fisso del pazzo. Infinite testimonianze documentano come la natura del male sia del tutto banale. Uomini, donne e bambini generalmente finiscono bruciati vivi non da mostri sogghignanti, ma da ragazzi dalla faccia pulita che mettono mano ai comandi, alzano gli ipersostentatori e sganciano le bombe.
La psicologa clinica Lindsay Williams sottolinea che "a parte qualche tratto
di autoritarismo, la tendenza all'obbedienza e una certa simpatia ideologica
per il governo, ci sono molti pochi elementi a testimoniare che i torturatori differirebbero significativamente dai loro colleghi - almeno fino al momento in cui sono arruolati e addestrati come torturatori"
(Amnesty, Maggio/Giugno 1995, pag. 10)

Risulta che nessuno, * mai * si sente* particolarmente malvagio, ne' particolarmente responsabile per la sofferenza nel mondo. Si consideri ad
esempio il fatto che quando Bill Clinton decise di celebrare la sua elezione
a presidente lanciando missili Cruise su Baghdad, il 26 giugno del 1993, la
sua popolarita' in America sali' vertiginosamente.
Kurt Nimmo ci da qualche dettaglio:
"Le statistiche sull'opinione pubblica hanno mostrato che le percentuali di
approvazione aumentarono di undici punti il 27 giugno, cioe' il giorno dopo
l'attacco, e piu' di due terzi degli intervistati approvavano il bombardamento. Agli americani piace quando il loro presidente semina morte tra i popoli di terre remote, specialmente dopo averli sfiniti con guerre non equilibrate. E' facile digerire le uccisioni di massa quando vengono presentate confezionate come un video game sulla CNN e Fox News" (Kurt Nimmo 7/6/2004 "Clinton's Life: In the Grip of Mass Murder", Vita di Clinton: nella morsa delle uccisioni di massa,
htto://kurtnimmo.com/blog/index.php?p=226).
L'attacco uccise e feri' decine di Iracheni. Ma chi li uccise? E' stato Clinton? Sì. Ma sono stati anche i mass media, che abitualmente enfatizzano le terribili minacce dall'estero, e che continuano a celebrare l'importanza e l'efficacia di una risposta violenta ad esse. Sono stati i giornalisti di destra con la schiuma alla bocca, ma anche i giornalisti "liberal" che offrono ai leader il loro appoggio articolato, "pieno di sfumature", "cauto" e raccomandano "moderazione" senza di fatto condannare la violenza, tantomeno mettere a nudo il cinismo. E sono stati anche gli scrittori liberal di punta che in questi giorni sostengono John Kerry e John Edwards presentandoli come i "bravi ragazzi" che promettono di guidare il mondo fuori dal buio causato da Bush e da altri "cattivi ragazzi".
Se Kerry e Edwards scalzeranno Bush e Cheney, non c'e' dubbio che saranno
presto impegnati a bombardare qualche "farabutto" senza difese del Terzo Mondo - e l'opinione pubblica sara' stata istruita dalla propaganda corrente a percepire questo fatto come "i bravi ragazzi" che fanno "scelte difficili" per il bene dell'umanita'. E non appena i corpi bruceranno, essi, ancora una volta, vedranno un picco di popolarita'.
Anche se i giornalisti stessi non lo sanno, non c'e' niente di casuale nell'eterna ascesa dei "bravi ragazzi" - Clinton, Kerry, Blair, Brown. Infatti e' essenziale che la nostra fiducia nella "bonta'" dei nostri leader sia costantemente inverdita e ravvivata.
Erich Fromm ci spiega perche': "Di sicuro l'obbedienza puo' essere imparata con la mera forza. Ma questo metodo presenta molti svantaggi. Infatti nasconde la minaccia costante che un giorno la moltitudine potrebbe avere i mezzi per sovvertire il potere di pochi con la forza. Inoltre ci sono molte attivita' che non possono essere portate a compimento a dovere se alla base dell'obbedienza non c'e' altro che la paura. Percio' l'obbedienza che si fonda solo sulla paura della forza
deve essere trasformata in obbedienza radicata nel cuore dell'uomo. L'uomo deve voler obbedire e perfino sentirne il bisogno, invece che soltanto temere di disobbedire. Se questo e' l'obiettivo da raggiungere, il potere deve allora assumere su di se' le caratteristiche di Tutto il Bene e di Ogni Saggezza, deve diventare "Onnisciente". Se accade cio', il potere puo' proclamare che la disobbedienza e' peccato e l'obbedienza e' virtu'".
(Fromm, "On Disobedience and other essays", Sulla disobbedienza e altri
saggi, Routledge&Keegan Paul, 1984, pag. 7)
Ecco perche' l'opinione pubblica ha impiegato cosi' tanto tempo a riconoscere, sotto lo sdolcinato sorriso di Blair, il manipolatore ossessivo e lo spietato impostore.

Il Male come Produzione di Massa

In effetti l'individuo "malvagio" e' molto spesso qualcuno che semplicemente accetta senza riflettere la "superiore saggezza" di altri, qualcuno che si affida alla loro "piu' profonda comprensione", e che si uniforma.
Le porte dell'inferno sono pesanti, ci vuole molto per smuoverle. Non sono aperte dallo psicopatico malato con un mitragliatore Uzi in mano, ne' dall'adolescente ribelle, tantomeno dallo scolaro disobbediente o dal ladruncolo.
Le porte dell'inferno sono quasi sempre aperte da gente in uniforme.
J. Robert Porter riferisce le istruzioni date da un generale degli Stati Uniti alla Venticinquesima Divisione di Fanteria di stanza nella Corea centrale nel Luglio 1950. Riferendosi ad un'area di piu' di 100 miglia quadrate, le istruzioni
recitano: "Tutti i civili avvistati in quest'area devono essere trattati come nemici e
ogni azione sara' in conformita' di cio'".
Piu' o meno nello stesso periodo, un messaggio radio registrato, proveniente
dalla Prima Divisione di Cavalleria dell'Esercito degli Stati Uniti recitava:
"Nessun rifugiato attraversera' la prima linea. Colpire chiunque tenti di attraversare le linee. Usare discrezione in caso di donne e bambini."
(Porter in Bojesson, ed., "Into The Buzzsaw", Prometheus Books, 2002, pag. 204)
Testimoni oculari presenti in quella zona esattamente alla stessa ora hanno riferito che 400 civili sudcoreani, donne, bambini, neonati e anziani, erano stati abbattuti deliberatamente da aerei da guerra e soldati USA sul ponte No Gun Ri. Ma quegli stessi media che da sempre si concentrano con macabro entusiasmo sulla cronaca nera nazionale, si tratti di assassinii o drammatici rapimenti, non erano interessati a diffondere tale atrocita'.
Scrive Porter: "C'era un problema: le persone che erano a capo dell'agenzia Associated Press (AP), le persone per cui io lavoravo. Sapevo che non avrebbero condiviso il mio interesse per quella storia, ma la situazione si rivelo' ancora peggiore" (ibid. pag. 206)
Porter e altri giornalisti che tentarono di diffondere la notizia alla fine degli anni '90 furono retrocessi a compiti inferiori, e fu la fine della loro carriera.
Scrive Porter: "Non c'e' posto per il pregiudizio nel buon giornalismo. Ammetto pero' di oppormi politicamente a che dei soldati possano uccidere neonati in segreto. Conoscete qualcuno che sia a favore?" (Ibid. pag. 205)
Quella di Porter era la reazione di un essere umano, i suoi capi invece stavano reagendo in qualita' di dirigenti di un'azienda. Porter aveva subordinato ogni cosa al senso di umanita' e compassione, i suoi capi stavano subordinando tutto al profitto. Nessuna testa fu tagliata in seguito alle decisioni prese dai capi di Porter, ma decisioni di questo genere creano le condizioni che rendono la sofferenza possibile e anzi inevitabile.
Uniformarsi, si sa, significa "conformarsi ai modelli standard o alla regola". Le porte dell'inferno sono aperte proprio da coloro che si uniformano agli standard o alla regola. L'azione piu' letale in assoluto e' sempre stata e sempre sara' quella di obbedire senza pensare, di porre le nostre responsabilita' verso cio' che facciamo nelle mani di persone che sono esse stesse lontane dalla realta' del sangue e dei massacri, in modo tale che, alla fine, nessuno mai si trova ad affrontare allo stesso tempo responsabilita' +e+ sangue.
Lo storico Howard Zinn scrive:
"Sempre piu' nel nostro tempo, la produzione di massa del male richiede una
divisione del lavoro enormemente complessa. Nessuno e' attivamente reponsabile per l'orrore genera. Ma tutti ne sono passivamente responsabili, perche' nessuno puo' aprire una falla nel meccanismo" (Zinn, The Zinn Reader, Seven Stories, 1997, pag. 280)
Ma poiche' i poteri esistenti nella nostra societa' hanno tutto l'interesse a rivestirci in uniformi ideali e materiali per eseguire i loro ordini, si afferma che il peccato definitivo non e' il conformismo, ribattezzato 'disciplina', 'dovere', 'tradizione', 'onore', 'efficienza', 'pragmatismo',
bensi' la violenza spicciola e il crimine, e la rottura del (mitico) contratto sociale che 'tiene unita' la societa'.
Tutto questo e' una vera assurdita', ma e' un'assurdita' molto utile: ogni
manifestazione di criminalita' e violenza da parte di individui e' come una
spina nel fianco del missile cruise del conformismo. Andate a visitare i
templi insanguinati del Tibet, I Killing fields (campi di sterminio) in
Cambogia, i villaggi vuoti di Timor Est, le strade distrutte della Cecenia,
le fosse cimitero affollate dell'Irak- andate in Colombia, Messico,
Guatemala, andate a vedere i crateri delle bombe in Vietnam, le buche
scavate dai bull-dozer ad Auschwitz, e troverete sempre, senza possibilita'
di sbagliare, la presenza di uniformi bagnate di sangue in servizio.
E tuttavia, nella nostra societa', la grande minaccia, il grande crimine che
ci fa tremare di paura quando prendiamo un giorno libero dal lavoro o da
scuola, e che ci fa stare sulla difensiva contro chi si veste in maniera
sciatta, chi appare ostile, contro il piccolo criminale, e' la
disobbedienza.
L'ingiurioso marchio sociale affibbiato agli "agitatori" da una parte, e
dall'altra la gaia accoglienza riservata a chi obbedisce quietamente, gli
studenti allineati nelle loro aule d'esame, gli adolescenti con i loro jeans
d'ordinanza, le scarpe da ginnastica e il gel sui capelli, selvaggiamente in
adorazione del football nazionale e allo stesso tempo pronti ad un educato
applauso per l'assurdita' dei reali di turno, sono parte di un unico modo di
pensare che facilita le uccisioni di massa nel mondo. E' questo che ci
permette di ignorare cio' che sta accadendo (dato che noi confidiamo che
"gli esperti" sono in carica e sanno cosa fanno), e che fa si' che anche l'
uccisione di neonati sia "solo una di quelle cose" che ci viene detto di fare.

Responsabilita' Morale - Consapevolezza e Azione

Quante volte l'estate scorsa abbiamo sentito i colti, amichevoli ed
eloquenti piloti della Royal Air Force (RAF), l'aviazione britannica,
affermare che la guerra in Irak e le uccisioni che comportava "davvero non
facevano parte del mio repertorio" ma "Sono qui per fare il lavoro per cui
sono stato addestrato"?
Lo psicologo Stanley Milgram notava che persone che accettano di commettere
atti atroci qualora gli vengano dati ordinati dall'autorita' abbastanza
spesso protestano, anche nel momento in cui obbediscono, e dichiarano la
loro contrarieta' a quanto gli viene richiesto di fare.
Milgram scrive: "Alcuni si provavano soddisfazione per i propri pensieri e
sentivano che, per lo meno dentro se stessi, erano stati dalla parte dei
buoni. Cio' che non erano in grado di capire era che i sentimenti soggettivi
per lo piu' non hanno alcuna rilevanza rispetto alla questione morale,
almeno fino al momento in cui tali sentimenti non si trasformino in azione.
Il controllo politico del resto e' realizzato attraverso l'azione. Il punto
di vista delle guardie di un campo di concentramento non ha alcuna
importanza nel momento in cui essi permettono che il massacro di uomini
innocenti abbia luogo di fronte a loro." (Milgram, op.cit., pag. 28)
La realta' e' che non e' affatto abbastanza essere brave persone, persone
per bene, non e' abbastanza essere educati, aver cura dei propri figli,
essere gentili, premurosi e ragionevoli. Queste sono tutte cose sacrosante e
importanti, ma se oltre a cio' facciamo semplicemente cio' che ci viene
detto, se non pensiamo con la nostra testa, se non abbiamo la capacita' di
dire 'no', di sollevare problemi, di disobbedire, allora potremmo facilmente
finire per essere gli architetti dell'inferno di qualcuno.
Penso che sia utile partire dal presupposto, indicato da Zinn, secondo cui
nessuno e' 'attivamente' responsabile dell'orrore del mondo, ma che tutti
siamo 'passivamente' responsabili perche' tutti noi possiamo agire per
fermare quell'orrore. Non e' giusto guardare fuori da se stessi e dare
semplicisticamente la colpa agli altri, esattamente come non e' bene
spostare la responsabilita' delle nostre azioni affermando che "altri"
dirigono l'organizzazione, che "I politici prendono le decisioni" e "io
faccio solo il mio lavoro".
*Noi* siamo i responsabili delle nostre azioni. Questo significa che e'
nostra responsabilita' capire, al meglio delle nostre possibilita', il
significato delle nostre azioni nel mondo che ci circonda. E' necessario che
diventiamo seri studenti di politica, economia, storia politica, propaganda
nelle telecomunicazioni e cosi' via, in modo tale da poter giudicare le
conseguenze etiche di cio' che facciamo. Se tali conseguenze, al di la' di
cio' che altri ci hanno fatto credere, sono chiaramente distruttive, allora
e' nostra responsabilita' opporsi a tale distruttivita' rifiutandosi di
collaborare, pretendendo cambiamenti, cambiando il nostro lavoro, le nostre
azioni, i nostri valori. Ignorare, infischiarsene di come funziona il mondo,
presupporre che il nostro unico compito sia semplicemente di fare cio' che
ci viene detto, e diversamente affogarsi nel divertimento, e' profondamente
immorale.
L'impegno a diventare una persona informata, libera e autonoma nel giudizio
e nell'azione, compassionevole e moralmente responsabile, ci conduce ad una
sensazionale realizzazione. Concentrarsi solamente sui nostri bisogni, su
come ottenere meglio cio' che vogliamo, alla fine ci porta *lontano* dalla
felicita' personale, dalla soddisfazione e dalla pace della mente. Al
contrario, concentrarsi su cio' che e' meglio per gli altri, su come
aiutarli, ci porta *verso* la felicita'.

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Note: Traduzione di Paola Merciai, associazione Peacelink

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