Sialkot, la città sfruttata dove chi lavora non ha diritti

Nella città dell'export pakistano dove non esistono sindacati "Diritti in gioco" la campagna delle Botteghe Equo Solidale
8 aprile 2007
Claudia Russo
Fonte: Liberazione (http://www.liberazione.it)

L'espressione "Andare nel pallone" significa in Italia essere confuso, avere le idee poco chiare.
In Pakistan, più precisamente nelle regione del Punjab, le idee per la produzione sottocosto dei palloni da football sembrano essere chiarissime. Nella città di Sialkot, la capitale pakistana dell'export, la totalità dei circa 600mila abitanti lavorano nelle aziende che producono accessori sportivi, pellame (uomini e donne in ugual misura), strumenti chirurgici (bambini per le mani piccole e donne perché ritenute in grado di mantenere la concentrazione più a lungo).
Nonostante l'esistenza di standard internazionali per la specifica area di produzione dei palloni (Fairtrade Standars for sports Ball for Hired Labour) atti a tutelare gli operai, in più della metà dei casi i lavoratori non hanno un contratto e la sola appartenenza ad un sindacato può costituire motivo di immediato allontanamento dal posto di lavoro. La negazione della libertà di associazione e la tendenza al lavoro nero privo di tutele economiche, sociali e di uguaglianza di genere, sfocia in alcuni casi (famosi quelli nell'industria del mattone) in forme di lavoro forzoso.
Secondo i dati forniti dalla Commissione dei diritti umani delle nazioni unite nel 2003, sono quasi 7milioni i lavoratori sottoposti a forme di "ricatto ereditario" da parte dei latifondisti pakistani.
In cambio del mantenimento delle poverissime famiglie degli operai delle zone rurali, i grossi proprietari terrieri e gli industriali applicano vere e proprie forme di strozzinaggio prestando denaro ad interessi altissimi e costringendo il lavoratore ad una schiavitù da cui è impossibile riscattarsi e che ricade sulla prole.
Dal 1998 Iscos- Cisl (istituto sindacale per la cooperazione e lo sviluppo) collabora con il sindacato pakistano nell'area di Sialkot per combattere il lavoro minorile e potenziare le rappresentanze sindacali all'interno delle fabbriche del distretto industriale. Dopo alcuni anni di aiuti a distanza, dal 2001 la presenza italiana sul territorio è andata aumentando con la creazione di tre uffici ed il trasferimento in loco di sei espatriati con il compito di formare sindacalisti e sindacaliste in grado di garantire efficace rappresentanza ai lavoratori, di organizzarli e diffondere consapevolezza sui loro diritti fondamentali.
«Una cultura imprenditoriale cresciuta grazie alle pressoché inesistenti barriere all'ingresso di nuove imprese e la diffusa pratica della produzione in subappalto - spiega Valeria Patruno responsabile della gestione dei progetti per l'area asiatica di Iscos - hanno portato ad una grande proliferazione di piccole e medie imprese tanto che Sialkot e i 1.450 villaggi che la circondano producono circa il 75% del totale dei palloni venduti nel mondo».
Dal 1994 le tre maggiori confederazioni sindacali del Pakistan hanno cominciato a dialogare per la creazione di un organismo unitario. Il 7 settembre 2005 dalla fusione di Apfol, Pnftu e Apftu nasce il Pwf (Pakistan Workers Federation) alla quale sono affiliati 419 sindacati con un numero di iscritti pari a 880mila192 lavoratori.
Secondo le ultime normative (2006) del Fairtrade Labelling Organization International (FLO), la catena di produzione dell'industria dei palloni da calcio prevede che la compagnia madre si serva di industrie satellite sparse, oltre che nel Punjab, anche nel North-West Frontier Province (Nwfp) e nel Sindh (meno nel Balochistan) e che queste a loro volta assumano operai a salario minimo stabilito che possano contemporaneamente lavorare in più di una fabbrica.
Nella realtà il lavoro non è regolamentato né da orari né da salario minimo e la forza lavoro è costituita da intere famiglie (bambini in primis) che cuciono giornalmente una certo numero di palloni a seconda della richiesta della fabbrica abbassando così enormemente i costi di produzione e aumentando la competitività dell'azienda sul mercato mondiale. In linea con la volontà di tutela dei diritti dei lavoratori è nato, all'interno della campagna di sensibilizzazione "Difendiamo i loro Diritti" promossa dalla rete europea delle Botteghe del commercio equo solidale, il progetto "Diritti in Gioco" ovvero un intervento mirato all'inserimento nel circuito del commercio equo e solidale di uno dei prodotti di punta dell'intero distretto di Sialkot: i palloni (un'operazione simile è stata in passato realizzata con i palloni del Kenia, dell'Equador, della Tailandia). Le sports balls equo solidali vengono acquistate da una grande azienda di Sialkot produttrice di palloni cuciti a mano, la Vision Technologies Corp. e poi distribuiti e venduti attraverso la rete dell'Associazione delle Botteghe del Commercio Equo Solidale italiane (Assobotteghe). Le attività svolte nell'ambito del progetto hanno portato ad oggi al coinvolgimento di alcune decine di lavoratori della Vision Technologies Corp. nelle attività di formazione sindacale condotte dall'Iscos e dal Pwf ma molta strada è ancora da fare.

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