CRIS

Una campagna internazionale per affermare il diritto a comunicare

Con la prospettiva della diffusione mondiale di una tecnologia che trasforma ogni cosa, gli anni ’90 ci hanno introdotto all’idea che le società di inizio secolo sarebbero state “società dell’informazione”.
Claudia Padovani

Dalle analisi di Bell e altri alla fine degli anni ’60, alla Global Information Infrastructure lanciata da Al Gore nel 1994, all’elaborazione delle politiche europee per la società dell’informazione, fino alle visioni della nuova agorà globale, l’informazione sembra essere divenuta la risorsa fondamentale di ogni attività umana, negli ambiti dell’economia, della cultura, della politica.
Ma le società che si stanno formando attorno a noi non sono soltanto definite dai flussi di dati e delle informazioni; e così vengono descritte ora come società dell’interazione orizzontale e della comunicazione, ora come società della conoscenza, o come società delle reti …
In effetti le dinamiche si fanno più complesse: non solo diffusione delle tecnologie ma anche divari nella distribuzione e nelle capacità di impiego di tali tecnologie; non solo problemi legati alla necessità di infrastrutture, ma anche scarsità di risorse economiche, linguistiche e culturali necessarie per godere di una reale cittadinanza nella nuova società. Informazione e conoscenza appaiono come mezzi per la costruzione sociale, ma diventano anche fini di tale costruzione. Il trasporto e la mediazione di tali risorse si manifestano come elementi cruciali nella ridefinizione delle relazioni di potere nelle società contemporanee.

Abbiamo davanti a noi due modelli di organizzazione sociale, a partire dal ruolo che informazione e comunicazione sono chiamate a svolgere: da una parte un modello centrato sull’idea che l’informazione sia un bene, una merce da produrre, acquisire e scambiare come altre; modello unico standardizzato, interessato a parlare di società al singolare, in cui le regole sono dettate dal mercato e l’accesso è garantito a chi ha risorse da spendere. Dall’altra parte, l’idea che informazione e conoscenza siano un’eredità comune, una risorsa fondamentale per la vita di ogni persona e ogni comunità, quindi un diritto da affermare sulla scena internazionale. Concezione pluralista, quest’ultima, che riconosce la ricchezza del rispetto delle diversità e sottolinea l’esigenza di accesso universale agli strumenti tecnologici, ma anche alle conoscenze necessarie per sviluppare il potenziale democratico di quegli strumenti.

Due modelli che iniziano a confrontarsi in maniera esplicita sulla scena internazionale, grazie anche all’occasione offerta dal Summit sulla Società dell’Informazione, promosso dalle nazioni Unite e organizzato dall’Unione Internazionale per le Telecomunicazioni, che si svolgerà a Ginevra e Tunisi, fra il dicembre 2003 e il novembre 2005. Per la prima volta dopo decenni - dall’esperienza del dibattito sul Nuovo Ordine Internazionale della Comunicazione e dell’Informazione svoltosi in seno all’UNESCO negli anni ’70 - i temi della comunicazione e della conoscenza vengono affrontati in maniera globale in una sede di discussione politica di livello internazionale. Si riconosce la pluralità di soggetti che hanno interesse a contribuire alla definizione di una “visione comune” della nuova società e li si chiama, tanto gli attori privati che le organizzazioni della società civile, a contribuire al dibattito, in seno ad un Summit intergovernativo. Trasformazioni non solo nella tecnologia, dunque, ma potenzialmente anche nella politica internazionale, nella governance mondiale della comunicazione, in un’epoca in cui da un lato l’interesse nazionale e il realismo delle relazioni internazionali prevalgono sul diritto internazionale, dall’altro l’affermarsi di dinamiche transnazionali di mobilitazione sociale ha portato all’affermarsi di un’opinione pubblica mondiale da alcuni considerata una “superpotenza”.

E’ in questo quadro complesso che si colloca la Campagna Communication Rights in the Information Society. E vi si colloca per dare forza ad un modello di società della conoscenza fondato sul diritto delle persone e dei popoli a comunicare, pre-condizione per il godimento di altri diritti fondamentali. Partendo dall’esperienza decennale di organizzazioni non governative attive nei settori della comunicazione per lo sviluppo e dell’informazione alternativa, CRIS non è una campagna internazionale “tradizionale”. Essa non opera per il raggiungimento di un singolo obiettivo, né si dà un tempo definito. CRIS coglie l’occasione offerta dal Summit delle Nazioni Unite per richiamare l’attenzione del pubblico e di tutte quelle realtà della società civile che possono considerarsi “in gioco” con le trasformazioni della società della conoscenza, sui temi che si rivelano problematici nella definizione dei contorni di tale società: i diritti di proprietà intellettuale, l’omologazione culturale, il pluralismo dell’informazione, la libertà di espressione dei cittadini. Ma CRIS va oltre l’orizzonte temporale del Summit, per invadere lo spazio pubblico e contribuire a formare una consapevolezza diffusa che tale spazio può essere una sfera di democrazia, plurale e partecipativa, solamente se si affermerà un modello di società dell’informazione che avrà al suo centro le persone e le comunità umane, con le loro esigenze e le loro aspettative, con la loro pluralità e la loro ricchezza; un modello secondo il quale l’accesso alla conoscenza e la possibilità di comunicare non siano merce di scambio ma vengano riconosciuti come diritti fondamentali.