La via americana al copyright

Anche nel nostro paese il diritto d’autore orbita nella sfera d’influenza degli Stati unitiLa Guerra per la difesa della proprietà intellettuale viene combattuta dagli Usa in modo capillare. Dall’Onu alle commissioni governative degli stati da conquistare. O da mantenere fedeli, come l’Italia
6 dicembre 2007
Raffaele Mastrolonardo
Fonte: Il Manifesto (http://www.ilmanifesto.it)

Non solo terrorismo. C’è un’altra guerra che gli americani combattono da molto più tempo (e con migliori risultati). È quella per la protezione, in casa e all’estero, di una delle principali industrie a stelle e strisce: la proprietà intellettuale. Un affare da 1.300 miliardi (sì, miliardi) di dollari all’anno, che interessa tanto i colossi dell’intrattenimento quanto i giganti del farmaco e ha bisogno di essere protetto con leggi adeguate, soprattutto oggi che la rivoluzione digitale mette in crisi modelli di business consolidati.
Dalle sedi più alte come la World intellectual property organisation (Wipo) delle Nazioni Unite alle legislazioni dei singoli stati, ovunque i rappresentanti Usa cercano di esportare, prima che democrazia, norme che proteggano le operazioni estere delle proprie multinazionali. Chiedere alla Svizzera, dove una legge approvata il 5 ottobre scorso dal Parlamento «importa» in terra alpina il Dmca, la normativa americana che ha adeguato il vecchio concetto di copyright all’ambiente di bit. In virtù dell’Art. 39 gli utenti elvetici non potranno tentare di aggirare i cosiddetti Drm, i lucchetti tecnologici che limitano la copia di file audio e video, e saranno puniti anche solo se diffonderanno informazioni su come evitare le restrizioni.
E se i canadesi si trovano di fronte ad analoga prospettiva, in Francia è Nicolas Sarkozy in persona a guidare la carica. In virtù di un accordo sottoscritto il 24 novembre da governo, fornitori di accessi internet e rappresentanti del mondo dell’intrattenimento, il presidente francese propone la creazione di una Autorità pubblica specializzata controllata dalla magistratura, per monitorare e ricevere denunce sui presunti pirati della rete. Una mossa politica prima che tecnica, pensata per compiacere l’amico americano. «C’è una campagna degli Stati uniti per proteggere il loro primo bene da esportazione: la proprietà intellettuale. E Sarkozy si accredita come l’alleato più stretto», spiega Francesco Sacco, Docente di strategie aziendali all’Università Bocconi di Milano ed esperto di questi temi.
Sul fronte delle pressioni, dalle nostre parti le cose non vanno molto meglio. Le cronache recenti segnalano le parole pronunciate il 24 ottobre scorso da Ronald P. Spogli. In un convegno alla Farnesina, l’ambasciatore americano ha ammonito che «nel campo della proprietà intellettuale, gli interessi americani subiscono danni ingenti in Italia». Questa situazione ha già provocato l’inserimento dell’Italia nel novero degli osservati speciali in materia e «può portare all’applicazione di sanzioni commerciali». Il problema, però, è un’applicazione più severa delle norme perché le leggi antipirateria nostrane sono, secondo Spogli, «ottime».
E non potrebbe essere diversamente, dopo tutto, visto che dalla Legge Urbani del 2004 editori e discografici (americani e italiani) hanno ottenuto molto. Tanto che, nel dubbio, è meglio non cambiare nulla. Lo dimostra ciò che accade in questi giorni nel Comitato consultivo permanente per il diritto d’autore presieduto dal professor Alberto Maria Gambino che il 18 dicembre prossimo presenterà al Ministro dei beni culturali Francesco Rutelli delle proposte tecniche per l’aggiornamento della normativa.
Secondo quanto affermano alcuni membri della Commissione su diritto d’autore e le nuove tecnologie del Comitato, editori ed etichette musicali non vogliono mutamenti sostanziali. Anche su temi apparentemente innocui come quelli delle biblioteche. «I rappresentanti degli editori hanno fatto un vero sbarramento», spiega per esempio Giovanni Figà Talamanca, professore di diritto commerciale all’Università di Tor Vergata. «Volevamo una soluzione ragionevole che adattasse le norme di prestito a una nuova realtà multimediale; niente di antagonista. Ci siamo trovati di fronte a un muro di natura politica più che tecnica». Dello stesso parere Marco Scialdone, avvocato, esponente dell’associazione Frontiere digitali, che parla di «ostruzionismo».
Insomma, lo zio Sam può dormire sonni tranquilli. Anche perché della Commissione fa parte Simona Lavagnini, avvocato specializzato in copyright, ma anche presidente del Comitato proprietà intellettuale della American chamber of commerce in Italy. Lavagnini - ci assicurano l’interessata e Gambino - è presente solo in quanto esperta della materia. Buono a sapersi, perché veniva quasi da pensar male visto che l’organo Usa da lei presieduto, si legge online, si occupa «di relazioni istituzionali, intervenendo nei processi consultivi preliminari e successivi alla emanazione di nuove norme e regolamenti, sia a livello nazionale, sia a livello europeo».
raffaele@totem.to

Articoli correlati

  • "La Cina è un affronto all'idea egemonica degli Stati Uniti"
    Economia
    Intervista a Jeffrey Sachs sulla guerra in Ucraina, la Nato, l'Europa, gli USA e la Cina

    "La Cina è un affronto all'idea egemonica degli Stati Uniti"

    "Gli Stati Uniti hanno chiamato il primo ministro Meloni e hanno detto di uscire dalla Via della Seta. Pensate che abbia avuto da sola quell’idea? L'idea statunitense è che nessuno debba rivaleggiare con la potenza degli USA. Dovremmo invece puntare a costruire un mondo multipolare e cooperativo".
    6 febbraio 2024 - Jeffrey Sachs
  • Schede
    Il 26 maggio 2004 il New York Times riconobbe i propri errori pubblicando un articolo

    Le presunte armi di distruzione di massa di Saddam in Iraq

    Giornali come il New York Times, fino al 2003 ostili alla guerra, finirono per accettare come veritiere le affermazioni di Powell e per considerare ineluttabile l'intervento armato. A guerra terminata non fu trovata alcuna traccia di quelle fantomatiche armi.
    16 novembre 2023
  • L'Assemblea generale dell'ONU vota per la fine dell'embargo a Cuba
    Latina
    Una sola nazione si è astenuta: l'Ucraina

    L'Assemblea generale dell'ONU vota per la fine dell'embargo a Cuba

    Solo due nazioni hanno votato per mantenere l'embargo: Stati Uniti e Israele.
    L'embargo a Cuba è stato istituito dagli Stati Uniti nel 1960, in risposta alla rivoluzione cubana guidata da Fidel Castro. L'anno successivo la CIA organizzò anche un tentativo di invasione che però fallì.
    3 novembre 2023 - Redazione PeaceLink
  • "Decine di commando USA combattono in Israele"
    Palestina
    L'escalation preoccupa la comunità internazionale, si dimette dall'ONU Craig Mokhiber

    "Decine di commando USA combattono in Israele"

    Negli ultimi giorni gli Usa stanno partecipando sul campo alle operazioni di liberazione di 240 ostaggi catturati da Hamas e trattenuti a Gaza. Questa notizia segna un importante cambio nella posizione degli Stati Uniti, passando da spettatori e consulenti a partecipanti attivi nei combattimenti.
    2 novembre 2023 - Redazione PeaceLink
PeaceLink C.P. 2009 - 74100 Taranto (Italy) - CCP 13403746 - Sito realizzato con PhPeace 2.7.15 - Informativa sulla Privacy - Informativa sui cookies - Diritto di replica - Posta elettronica certificata (PEC)