La Telematica colpita al cuore

Intervista di Gianluca Neri a Giovanni Pugliese, responsabile del nodo telematico Taras Communication.
6 luglio 1994
Gianluca Neri
Fonte: Bit, Luglio '94
Chi ha sempre  pensato  che davanti all'evidenza dell'errore
sia inutile perseverare  e  necessario  arrendersi  è  stato
smentito.   L'inchiesta  sul mondo dei bbs continua malgrado
tutto, malgrado l'assurdità di un'accusa come l'associazione
a delinquere per  tutti  gli  operatori  di sistema visitati
dalla   finanza,   malgrado   la   mancanza   di   prove   e
l'infinitesimale numero di reali infrazioni riscontrate.  La
caccia alle streghe continua a far parlare di sé,  dicevamo,
e  lo  fa  colpendo  il vero "cuore" della comunicazione, la
telematica  delle  idee:   Peacelink.   Ricapitoliamo:  l'11
maggio 1994, su iniziativa del procuratore della  Repubblica
di  Pesaro  Gaetano  Savoldelli  Pedrocchi, vengono eseguiti
dalla Guardia di Finanza 173 mandati di perquisizione presso
altrettante banche dati.  L'inchiesta  si sviluppa attorno a
due  piccoli  pirati  marchigiani  che  vengono  trovati  in
possesso di  software  sotto  copyright  prelevato  da  bbs,
nonché  di  numeri  di telefono di nodi Fidonet e Peacelink.
Savoldelli Pedrocchi ipotizza  l'associazione a delinquere e
la ricettazione, immaginando  un'unica  organizzazione  atta
alla  duplicazione  abusiva  di  programmi.   Il mondo della
telematica è scosso e preso  dal panico: centinaia di banche
dati chiudono; alcune temporaneamente, per avere il tempo di
ricontrollare tutti i files contenuti nel  proprio  sistema,
altre  per  sempre.   Il  procuratore  manca  il  bersaglio:
colpisce  sistemi basati esclusivamente sulla messaggistica,
sulla diffusione di informazioni, o  bbs che da sempre hanno
fatto della lotta alla pirateria la propria bandiera  (anche
se  i  sigilli  verranno  apposti  ugualmente,  malgrado  il
controllo  positivo,  nel  novanta  per cento dei casi).  La
cosa permette alle vere board  pirata di chiudere i battenti
e ringraziare dell'avvertimento.   La  stampa  italiana  non
specializzata   si   disinteressa  della  questione:  appare
qualche articolo su Repubblica,  Il  Sole  24 Ore e l'Unità,
oltre che su vari quotidiani  locali,  ma  si  tratta  nella
maggior   parte   dei  casi  di  banali  generalizzazioni  o
demonizzazioni della telematica.   Non  si coglie la gravità
della questione: quello  delle  comunicazioni  via  modem  è
considerato un'ambiente ancora d''lite.  Non fa notizia, non
interessa.   Si  ha  l'impressione  che  il problema sia più
sentito all'estero: persino  la  CNN  confeziona un servizio
sul crackdown italiano, e le newsgroup di Internet pullulano
di messaggi di  richiesta  di  informazioni  su  quanto  sta
accadendo.   Parallelamente  a quella di Pedrocchi, parte da
Torino un'altra inchiesta, guidata dal sostituto procuratore
Cesare  Parodi.   I  tempi   non   sono  ancora  maturi,  ma
l'intervento della procura di Pesaro rischia  di  vanificare
un  anno e mezzo di intercettazioni e infiltrazioni.  Parodi
incrimina,  senza  aver  sparato  nel  mucchio,  quattordici
pirati (veri)  dediti,  tra  l'altro,  alla  duplicazione di
carte di credito e carte telefoniche  statunitensi.   Il  16
maggio  Savoldelli  Pedrocchi  firma  altri  137  mandati, e
dichiara che non  accetterà  nessuna istanza di dissequestro
prima della celebrazione del processo.  Qualche giorno dopo,
l'onorevole  Taradash,  insieme  ad  una  decina  di   altri
deputati,  presenta  un'interrogazione  parlamentare, il cui
testo è stato redatto con la collaborazione dei responsabili
di Fidonet,  inerente  al  caso.   Il  procuratore di Pesaro
inizia a valutare l'ipotesi del dissequestro, previo  backup
di  tutti  i  dati.  In ogni caso, tornano a casa solo i PC:
gli hard disk, i floppy  e  i  CD Rom restano in procura, in
attesa  di  essere  controllati.   Il  21   maggio   vengono
sequestrati anche i computer ed i modem per cui, in un primo
tempo, si era ricorso alla semplice apposizione dei sigilli.
Verso i primi di giugno, fonti ben informate riferiscono con
insistenza  della possibilità di nuovi raid della Guardia di
Finanza.  Non bisogna  attendere  molto:  due, tre giorni, e
"Taras  Communication",  banca  dati  gestita  da   Giovanni
Pugliese,   nodo   centrale   della  rete  Peacelink,  viene
clamorosamente sequestrata.  Chi conosce Peacelink sa perchè
utilizziamo il  termine  "clamorosamente":  difficile che si
possa, senza destare sospetti, vanificare il lavoro di  anni
di  persone  che  si sono adoperate per mantenere i contatti
con   le   popolazioni    colpite    dalla   guerra   civile
nell'ex-Jugoslavia, o che hanno coordinato gli aiuti e posto
le condizioni per cui l'elisoccorso lavorasse gratuitamente.
Difficile, impossibile per noi, credere che Peacelink  fosse
la  centrale  di  una  rete di duplicazione e smistamento di
programmi piratati.  Per  chi  ha  creduto  ad una rete così
anticonformista, così discostata dagli standard, il software
non conta, o conta solo in quanto mezzo necessario  affinché
l'informazione  possa  diventare, liberamente, patrimonio di
tutti,  ed   essere   "costruita"   dagli  stessi  fruitori.
Difficile, ripetiamo, che gente così operi al di  fuori  dei
pacchetti  di  posta  QWK, o si faccia prendere dalla smania
del possesso dell'ultima  release.  Giovanni Pugliese, parte
in causa nonchè principale protagonista di questa storia, ci
ha raccontato il passato, il presente e  il  futuro  di  una
realtà  talmente preziosa da risultare impossibile che possa
svanire.  Non ci sono teoremi o procuratori che tengano.

- Cos'è Peacelink e com'è nata.

- Peacelink è  una  rete  telematica  composta  da 31 bbs in
tutta Italia, nata come area Fidonet, e poi evolutasi in  un
vero e proprio net, organizzato in aree messaggi dedicati ad
argomenti sociali.  Ci siamo occupati della guerra civile in
ex-Jugoslavia    (cercando    di    coordinare   gruppi   di
volontariato, segnalando richieste di  aiuto o di offerta di
materiale da inviare nelle zone colpite), e  ultimamente  di
antimafia.   Il  nodo  centrale  di Peacelink, organizzato a
piramide  per   garantire   un'immediata   distribuzione  di
informazione, è "Taras Communication", banca dati di Taranto
da me gestita, il cui hardware è stato sequestrato  i  primi
di   giugno   dalla   Guardia  di  Finanza,  in  seguito  al
provvedimento dell'ormai  famigerato  procuratore  di Pesaro
Gaetano Savoldelli Pedrocchi, titolare dell'altrettanto nota
inchiesta denominata "Hardware 1".

- Cos'è successo, innanzitutto, e come ha agito  la  Guardia
di Finanza?

-  Si  parla  del 4 giugno scorso: sono da poco rientrato in
casa, sento suonare al  portone,  apro,  e mi si presenta la
Guardia  di  Finanza.   Hanno  in   mano   un   mandato   di
perquisizione e due avvisi di garanzia, uno per me e uno per
mia moglie, non per "associazione a delinquere", come so che
è  accaduto  in  altri  casi,  ma  per  "fondato sospetto di
possesso di software illegalmente  duplicato e di apparecchi
elettronici atti alla falsificazione." Hanno  perquisito  il
mio   appartamento   per  sei  ore,  sequestrando  tutto  il
sequestrabile, l'hardware,  ma  anche  semplici  floppy disk
contenenti  innocui  files  di  testo.    Avrebbero   voluto
sequestrare  anche  il modem, in quanto "mezzo attraverso il
quale è stato compiuto il  reato",  ma  a quel punto mi sono
opposto.  In compenso si sono portati via il mio libretto di
conto corrente postale.  A questo proposito  devo  dire  che
non  è stato affatto piacevole essere messo a tacere in malo
modo da chi ha  provveduto all'esecuzione del provvedimento,
accusato di "voler fare il sindacalista" e di  "aver  votato
il  partito  sbagliato".   E'  una  cosa che ancora non mi è
andata giù, al  di  là  del  fatto  che  Peacelink sia stata
colpita e bloccata.

-  In  un'intervista  per  una  radio  locale  hai ventilato
l'ipotesi che l'intervento rappresentasse un attacco diretto
alla tua persona (dopotutto il tuo  nome  è  molto  noto  in
ambito  telematico),  e  che  l'interesse  della  Guardia di
Finanza fosse tutto per  la  rete Peacelink.  Cosa intendevi
dire?

- Vedi, io so che la procura di Pesaro si  è  basata,  nella
fase  istruttoria  dell'inchiesta,  su  fonti  che definisce
"amichevoli ed affidabili".  So  che  è  stato detto che per
accedere  alla  mia  banca  dati,  Taras  Communication,  io
richiedessi abbonamenti che variavano dalle  cinquanta  alle
duecentomilalire,  cosa che avrebbe garantito agli utenti la
possibilità del prelievo  di  files di programmi "piratati".
Ora: non dico la procura, ma la Finanza aveva sicuramente  i
mezzi  per  verificarlo,  e  avrebbe potuto farlo in maniera
molto semplice: connettendosi  e  inserendo  una "talpa" nel
mio sistema.  Non l'hanno fatto,  invece.   Hanno  preferito
venire qui e sequestrare tutto, e questo è strano.

-   Il   procuratore   Savoldelli   Pedrocchi,   nel   corso
dell'intervista   pubblicata   nello  scorso  numero  di  PC
Magazine, ha affermato  di  essere  rimasto stupito dall'eco
creata di un'inchiesta, la sua, che  si  è  estesa  a  tutta
l'Italia   in   maniera  casuale,  dopo  aver  tenuto  sotto
controllo due piccoli - presunti - pirati pesaresi che erano
in possesso di liste di  nodi  di banche dati.  In sostanza,
sostiene di  essere  incappato  "nella  classica  buccia  di
banana  che  ha  fatto  scivolare  un  gigante".   Se questo
scenario  era  ipotizzabile  in  un  primo  momento,  con il
sequestro di Peacelink, che si è sempre  battuta  contro  la
pirateria  informatica  e  telematica, si iniziano a nutrire
dei dubbi.  Secondo  te  si  tratta  di semplice mancanza di
competenza unita ad una buona  dose  di  approssimazione,  o
siamo  davanti  ad  un  vero e proprio attacco ad una realtà
scomoda come può essere  una  rete  che garantisce la libera
circolazione di idee?

- Io non lo so.  Posso  pensare  due  cose:  che  si  tratti
davvero,  come  dicevi  tu,  di  incompetenza (d'altronde le
stesse  persone  incaricate  del  sequestro  non conoscevano
l'esistenza di programmi shareware o  di  pubblico  dominio.
Non  mi  hanno  creduto  neanche  quando ho sostenuto che il
possesso  dello  Scan   McAfee,   al   contrario  di  quanto
pensavano, non fosse illecito).   Oppure  che  dietro  tutto
questo  ci sia un preciso disegno.  Una rete come Peacelink,
che  tratta  di  antimafia,  di  pacifismo,  di  tutela  dei
diritti, può davvero rappresentare un problema per qualcuno.
Può darsi che  questo  qualcuno  abbia  sì tenuto conto del
fatto che non ci  fossero  basi  o  prove  per  "incastrare"
Peacelink,  ma che abbia voluto in qualche modo spaventarci,
metterci  per  qualche  tempo   a  tacere,  basandosi  sulla
convinzione che non esista in Italia un  solo  computer  con
non  contenga almeno un misero, obsoleto, programma copiato.
Voglio dire un'altra cosa: premesso  che sono ormai due anni
che la Digos  mi  fa  da  ombra,  talvolta  osteggiando  mie
iniziative,  bisogna  tener  conto  che  prima del sequestro
arrivarono  strane  e  ripetute  telefonate.   Cercavano me,
presso numeri telefonici della cui esistenza pochi  sono  al
corrente, ed erano telefonate di minaccia.

-  Pensi che dietro questo improvviso attacco al mondo della
telematica  si  possano   nascondere  interessi  politici  o
commerciali?

- A dire il vero non so se politici o commerciali.   So  che
sono   due   scenari   possibili.    Azzarderei:   interessi
politico-commerciali.  Non ci dimentichiamo, tra l'altro, la
campagna   che   Taras   Communication  ha  condotto  contro
l'amministrazione della città di  Taranto, nella persona del
suo sindaco, Giancarlo Cito, o il fatto che Peacelink  abbia
da  sempre  sostenuto  il settimanale "Avvenimenti" e stesse
per avviare una collaborazione con il mensile (prossimamente
quotidiano) "I siciliani",  diretto  da Claudio Fava, figlio
di Giuseppe Fava, ucciso dalla mafia il 5 gennaio 1984.  Per
un quotidiano può essere estremamente utile  potersi  basare
su  di  una  rete  telematica che pullula di messaggi, idee,
punti di vista diversi.   Noi  ci stavamo muovendo in questo
senso.  Peacelink ha sostenuto, e sosterrà, la  raccolta  di
firme  per i referendum per l'abrogazione della legge Mammì,
e negli ultimi tempi  stava  divulgando  un comunicato per i
diritti telematici del cittadino  che  tutelasse  tutti  gli
operatori  di  sistema e gli utenti che svolgono un'attività
gratuita  di  volontariato,  e  per  fare  in  modo  che  la
comunicazione via modem  potesse  diventare comunicazione di
massa.

- Il 27 giugno scorso  si  è  tenuto,  presso  la  Sala  del
Cenacolo della Camera dei deputati, un incontro pubblico dal
titolo  "Sistemi  telematici  e  diritto - Le bbs e le nuove
frontiere della  comunicazione  e  informazione elettronica:
quali  regole?",  promosso  da  Agorà  Telematica   con   la
collaborazione  dei gruppi parlamentari dei Riformatori e di
Forza Italia, al quale  ha  presenziato anche il procuratore
Savoldelli Pedrocchi.  L'onorevole  Taradash  ha  presentato
un'interrogazione  parlamentare  riguardante  l'inchiesta, e
pare che il  sottosegretario  alla giustizia Contestabile si
stia occupando di una  revisione  della  legge  Conso  sulla
telematica.   Come  spieghi  questo interesse delle forze di
governo per  un  ambiente,  quello  delle  comunicazioni via
modem, ancora limitato a pochi?

- Non lo so.  Il  27  giugno  alcuni  nostri  rappresentanti
hanno  partecipato all'incontro ed hanno presentato proposte
che in realtà  contenevano  una  provocazione.  Vedremo come
reagiranno.   Voglio  sperare   che   non   si   tratti   di
un'iniziativa promozionale.

- La chiusura di Peacelink ha risvegliato le coscienze degli
abitanti   di   quello   che   viene   comunemente  chiamato
"cyberspazio".  Si  sono  riscoperti  il  gusto,  la voglia,
l'importanza e l'utilità di  essere  parte  dell'ingranaggio
della  grande  macchina  che consente la libera circolazione
delle  idee.   Peacelink  è   stato   forse  lo  spazio  più
importante, l'ambiente più accogliente in cui  tutto  ci   è
avvenuto,  e  ci  si  chiede  se  sopravviverà al colpo; se,
chiuso il nodo centrale, sia paralizzata tutta la rete.

- Peacelink è  viva.   Dopo  il  sequestro  del mio computer
abbiamo  provveduto  immediatamente,  grazie  all'aiuto  dei
nostri collaboratori, a spostare  il  nodo  centrare  presso
un'altra  banca  dati.   Ho  già inoltrato la domanda per il
dissequestro, ma in ogni caso  la situazione precaria non ci
impedirà di continuare la nostra opera.  Voglio sottolineare
un'ultima cosa: grande è stato l'interesse che  la  chiusura
della  nostra  rete  e,  più in generale, l'inchiesta che ha
provocato il crackdown  italiano,  ha  suscitato in Italia e
anche all'estero.  Vari net italiani sono impegnati  in  una
discussione  comune,  e  so  di intere newsgroup di Internet
invase da messaggi  sul  tema.   Non  posso non tenere conto
della  solidarietà  che  mi  è  stata  dimostrata.    Vorrei
ringraziare  e  rassicurare  tutti:  riguardo  al  futuro di
Peacelink sono fiducioso. 

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