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Con questo articolo si conclude la rubrica "Hortus" di Gino Girolomoni sull'"Avvenire"

Gli schiaffi al Pianeta preludono al caos

29 luglio 2004
Gino Girolomoni
Fonte: www,avvenire.it
29.07.04

In una conferenza a Fano l’astronauta italiano Umberto Guidoni ci ha detto quasi commosso che la Terra, dallo spazio, sembra un’astronave nella quale però non ci sono soltanto pochi uomini equipaggiati per par fronte all’assenza di gravità, ma tutti noi. A San Rossore Vandana Shiva la scienziata indiana che combatte contro gli Ogm e difende la biodiversità del suo paese ha detto che è la Terra il datore di lavoro più importante con le piogge e i monsoni che fanno crescere i raccolti. E Aldo Sacchetti sostiene che a questa nostra casa a questa nostra madre, per riconoscenza, noi gli togliamo la pelle, la scortichiamo con il buco nell’ozono. Alle balene, già in gravissime difficoltà di sopravvivenza a causa dell’avvelenamento degli oceani, non abbiamo concesso nessuno spazio di protezione e le vogliamo cacciare ovunque, per la nostra fame di danaro.

Nella medicina mettiamo in circolazione farmaci inutili e dannosi con delittuosa leggerezza e non concediamo licenze a prezzi ragionevoli per produrre farmaci al dilagare di malattie degenerative in Africa. A forza di dare schiaffi al Pianeta il clima non risponde più alle leggi da cui era governato e i mari si innalzano di un paio di centimetri all’anno. So che questo disastro è dovuto alle metropoli e i loro rifiuti, all’industria chimica, al nostro stile di vita che divora il triplo dell’energia che produce, ma qui voglio sottolineare le responsabilità di quelli che fanno il mio mestiere, gli agricoltori.

Dal 1960 hanno aumentato di sette volte l’immissione di azoto nel ciclo naturale, che vuol dire 70 milioni di tonnellate in più all’anno di azoto: come non comprendere il disastro. A questo si aggiungano tutti i diserbanti, i pesticidi, la razzia di biodiversità. «È una campagna che somiglia a una bambina bellissima, che un cancro ha devastato in un lato del viso, cancellandole un occhio, e lasciando l’altro aperto per lo stupore e il silenzioso rimprovero… La gente che rimane accetta tutto, in una passività sconcertante… Con gli anticrittogamici  ad alta tossicità, s’introduce veleni nella pelle, nel sangue, nei polmoni. In cambio della sua morte e di quella della campagna, dà e riceve denaro. Una banconota sporca sarà l’ultimo frutto prodotto dalla campagna». Così mi scriveva Guido Ceronetti nel 1973 all’inizio del mio cammino per curare queste profonde ferite di nostra madre, la Terra. Con l’agricoltura biologica abbiamo dato un’indicazione di cammino importante e soprattutto in Italia cinquantamila aziende che la praticano su un milione e trecentomila ettari dimostrano che non è un’utopia.

Ma questa benemerita soluzione di produrre cibi buoni non è più all’attenzione dei cittadini, nemmeno i Verdi riuniti a congresso a Roma ne hanno parlato come di una priorità ed è vero che l’autorizzazione europea alla coesistenza con gli Ogm è come se avesse messo tritolo alle fondamenta dell’agricoltura biologica e tipica. Ma come ripeto da decenni l’agricoltura pulita da sola non basta a correggere gli errori che lacerano la vita sul pianeta, occorrono scambi equi e solidali, energie rinnovabili, medicine dolci, credito e finanza etici, consumi responsabili. E rivolgo anche un appello ai miei amici ambientalisti: è vero che dobbiamo puntare sull’energia prodotta da sole e vento, ma per favore fate tacere quelli che si lamentano che i generatori eolici devastano il paesaggio.

Nel salutare i lettori della mia rubrica che si conclude oggi voglio rassicurarli che continuerò a lavorare affinché queste nuove forme di economia sostenibili siano veramente tali e che i loro fautori non dimentichino mai la dimensione spirituale anche nel lavoro, perché altrimenti diventerebbe insipido anche il sale.

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