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Ambiente, al senato la fiducia fa scempio

L'aula di palazzo Madama approva il condono nelle aree tutelate. L'opposizione protesta con cartelli e striscioni. I Verdi rimangono in maglietta: «Per la villa del premier spogliano l'Italia». Il presidente Pera li espelle
15 ottobre 2004
Fonte: ww15.10.04w.ilmanifesto.it

contestazione in Senato Parchi finalmente «al riparo da speculazioni». Aree protette che grazie al governo Berlusconi «restano tali». Il ministro dell'ambiente Altero Matteoli, già noto come Attila, magnifica il provvedimento che ieri ha scaldato palazzo Madama. In aula, tirati fuori all'improvviso da centinaia di senatori dell'opposizione, spuntano cartelli e striscioni: «Viva villa Certosa». «Per villa Certosa state spogliando l'Italia». «Villa Certosa casa abusiva delle libertà»... Subito dopo alcuni senatori e senatrici si sfilano la giacca, si sbottonano la camicia per mostrare magliette stampate con gli stessi slogan. Riguarderà forse anche la dimora sarda del premier quella che Matteoli, ancora lui, chiama «mini-mini sanatoria»? Figurarsi: «Continuando di questo passo, l'opposizione ci accuserà di qualsiasi cosa. Comprese le condizioni meteorologiche», replica alle proteste il vicepremier Gianfanco Fini. Insomma, solo «contumelie, insulti, catastrofismi». Eppure il governo, dopo aver messo a punto il maxi-emendamento al disegno di legge di delega ambientale che contiene la sanatoria di reati paesaggistici, ha ritenuto anche di dover porre l'ennesima (la numero 23) fiducia sul testo. E così dai banchi del centrosinistra si è levata una sonora protesta. Risultato: registrazione della seduta da parte della Rai sospesa, così come la seduta stessa, e cinque senatori verdi, Sauro Turroni, Loredana De Petris, Fiorello Cortiana, Anna Donati e Stefano Boco (rei di aver inscenato lo «spogliarello» mentre parlava il presidente della commissione ambiente, il forzista Emidio Novi), censurati e espulsi dall'aula da uno scosso Marcello Pera, presidente dell'assemblea.

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Ma in che paese viviamo? Qual è la cultura dominante dell'Italia? Esiste ancora un senso del bene comune, uno spirito civico che induca a non guastare con le proprie mani ciò che ha valore per tutti? C'è da restare confusi, osservando quel che accade nel nostro Parlamento: dove centinaia di rappresentanti del popolo italiano si allineano compatti, inquadrati militarmente da un voto di fiducia, per far passare una legge che mette allo sbaraglio l'intero patrimonio paesaggistico nazionale per tutelare gli interessi di una sola persona - la cui villa, pare, è stata ristrutturata con lavori che senza questa legge sarebbero illegali. Sembra impossibile ma è vero: per rendere legale, a posteriori, quella ristrutturazione, si sceglie di rendere lecito qualunque lavoro, passato presente o anche futuro, venga compiuto in aree protette come parchi e litorali. E la maggioranza di centrodestra, pronta a dividersi su tutto, ancora una volta mostra di essere ferreamente unita solo quando si tratta di tutelare il patrimonio e gli affari privati del presidente del consiglio - davvero, il conflitto di interessi eletto a bussola della navigazione governativa. Ma forse non è proprio così. C'è il forte sospetto che non si tratti degli interessi di Silvio Berlusconi: sarebbe troppo facile prendersela con lui, unico reprobo in un paese di nobili difensori dell'ambiente e del bene comune. No, bisogna prenderne atto: la legge di ieri faceva gola a molti, nel nostro paese. Essa viene incontro con le sue norme truffaldine agli interessi di un'infinità di cittadini che hanno compiuto o intendono compiere abusi edilizi e lavori illegali, in violazione delle norme di tutela paesistica, in sfregio a leggi e regole elaborate faticosamente in decenni di educazione ambientalista. In questo senso, è una vera svolta culturale, che prende atto della realtà del paese.
Chi non ha interessi privati contrapposti all'interesse comune? Quando si parla di proprietà, in Italia, tutti pensano di avere dei diritti negati. Anche quel nostro simpatico vicino di casa, che da tempo desidera aprire una strada d'accesso alla sua casa in montagna. Anche la zia Maria, con quella verandina sul terrazzo, sempre impedita. Tutti, anche noi. Poi, la zia e il vicino non riusciranno comunque a fare le loro piccole illegalità, a procurarsi le carte necessarie, o forse non lo farebbero in ogni caso perché sanno che non va fatto; mentre chi ha costruito o vuol costruire un grande albergo in mezzo al parco naturale non avrà problemi né pratici né etici.
Ma il fatto è che in un paese civile dovrebbero essere le leggi a sancire con chiarezza il limite: dove arriva il diritto del singolo di far uso della sua proprietà e dove invece prevale l'interesse comune, la tutela del patrimonio collettivo. In Italia invece - in questa Italia berlusconiana, anche se non soltanto in essa - si fanno leggi per garantire al singolo che l'interesse comune non limiti mai il suo.

Astrit Dakli

Fatti sgomberare i senatori «scostumati» (che in realtà hanno lasciato l'aula autonomamente, senza bisogno dell'intervento dei commessi), il governo ha ottenuto rapidamente la fiducia e il via libera al provvedimento (che ora torna all'esame di Montecitorio): 158 sì, 2 no e un'astensione. Alla votazione l'opposizione non ha partecipato, ancora in segno di protesta contro il provvedimento «incostituzionale» (Gavino Angius, capogruppo dei Ds). Contro «la nuova legge vergogna - protesta il verde Turroni - firmata dai deputati Previti e Ghedini» (quest'ultimo, forzista avvocato del premier, smentisce, e Turroni ribatte: «E' vero, forse Ghedini non ha scritto il maxiemendamento, deve averlo dettato»). Il senatore della Margherita Nando Dalla Chiesa annuncia per martedì la presentazione di una proposta di legge: «Norme per la valorizzazione della canzone napoletana», con un vitalizio per Mariano Apicella. Contestazione in Senato Ma la perla della giornata la riserva il relatore del provvedimento, il senatore nazional-alleato Giuseppe Specchia. Che per difendere in tutti i modi il testo e il premier, decide di immolarsi, sebbene nei giorni scorsi avesse dichiarato che lui dal maxiemendamento il condono lo avrebbe escluso. In aula propone invece un'indagine conoscitiva su tutti i parlamentari «per verificare quanti di noi, a cominciare da me, hanno fatto costruzioni abusive».

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La maggioranza di governo ha un bel dire che finalmente saranno cancellati gli «ecomostri», perché quello più grosso di tutti è proprio il delegone ambientale su cui è stata posta la fiducia in senato. Un provvedimento-mostro che da un lato sequestra l'intero corpo della legislazione ambientale per appaltarne il riordino a un «service» di esperti esterni, mentre dall'altro fa piovere sul già devastato e inquinato paese norme «immediatamente efficaci» come quella che sana gli abusi edilizi nelle aree vincolate (incluso l'anfiteatro sardo del cavalier Silvio). La delega demanda al governo la redazione di decreti in materia di rifiuti e siti contaminati, tutela delle acque e gestione delle risorse idriche, difesa del suolo e lotta alla desertificazione, tutela dell'aria e riduzione delle emissioni, gestione e conservazione delle aree protette, risarcimenti ambientali. Un bel malloppo, la cui gestione sarà affidata a una commissione di 24 esperti «particolarmente qualificati» che presumibilmente dovrebbero lasciare al parlamento più o meno solo il compito di timbrare le leggi. Sempre che le camere decidano in fretta, perché i tempi saranno contingentati: in grosso modo tre anni e mezzo, prevede la delega, avremo una legislazione ambientale nuova di zecca, eliminando lacci e lacciuoli e semplificando le regole nell'interesse dei cittadini. Le associazioni ambientaliste, all'opposto, prevedono un «effetto attesa» (magari di nuovi condoni) che favorirà abusi di ogni genere e lamentano che nel calderone della delega siano finite anche leggi funzionanti.
Saranno state certo troppo restrittive per la larghezza di vedute del governo Berlusconi, che per dare un saggio del nuovo che avanza ha inserito anche un mazzetto di provvedimenti che entrano in vigore subito. A cominciare dal «riordino» del settore abusi edilizi. La torta in ballo è grossa: un 47% del territorio sottoposto a vincoli paesaggistici di vario tipo che si era salvato dai condoni precedenti. Per prima cosa, quindi, la delega decreta una sanatoria per gli abusi commessi prima del 30 settembre 2004. Non pone limiti di volumi o superfici e chiede in cambio solo il pagamento di una multa tra 3 e 50 mila euro e una dichiarazione di «accertamento di compatibilità paesaggistica» che comuni o regioni dovranno rilasciare entro il 31 gennaio 2005. Per il futuro, però, si annuncia un pizzico di severità in più (tanto poi c'è sempre il condono): saranno depenalizzati solo gli abusi nelle zone vincolate senza aumenti di superfici e volumetrie. Vale a dire che trasformando un monastero in una discoteca o una catacomba in un beauty center si rischierà una multa. Gli abusi che comportano nuove volumetrie o nuove costruzioni saranno invece puniti con il carcere fino a 4 anni. E gli ecomostri più spaventosi saranno abbattuti. Primo fra tutti lo scempio di Punta Perotti, a Bari, espressamente condannato a morte nella delega dopo che a ordinarne l'abbattimento era già stata la magistratura. Hanno ucciso, insomma, un mostro morto.
Fortuna che la legge non doveva riguardare i beni culturali e paesaggistici, esclusi dall'elenco delle materie oggetto di delega, come notano ambientalisti e opposizione. Ma non è del resto questa la sola incongruenza governativa. Un'altra piccola sbavatura è prevedere un generale riordino delle normative sui rifiuti e contemporaneamente emanare una nuova disciplina del trattamento dei rottami e degli scarti della lavorazione del ferro. Che secondo le associazioni ambientaliste elimina i controlli sulla filiera dei rifiuti metallici pericolosi, facendo crescere i rischi derivanti dal traffico di materiali contaminati da sorgenti radioattive.

Gianni Rossi Barilli

L'opposizione trasecola. La Casa berlusconiana cerca di tenere il punto ma a tenerla insieme ancora una volta è solo la fiducia. La Lega accantona le sue «perplessità» - dice il senatore Umberto Chincarini - ma «con rammarico» e, appunto, solo «per il voto di fiducia».

 

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