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Reazione a catena tra Iran e Stati Uniti sul nucleare civile

La crisi sul nucleare civile in Iran evidenzia tutti gli aspetti critici dell'uso diffuso dell'energia nucleare su scala globale. Il tentativo di mediazione di Kerry e dell'Unione Europea.
16 ottobre 2004

Un impianto sospetto in Iran La crisi del nucleare civile iraniano non sembra volersi arrestare. Il processo d'arricchimento dell'uranio, avviato in Iran al fine di ottenere combustibile destinato alle nuove centrali nucleari, continua a suscitare preoccupazioni in occidente per il suo potenziale utilizzo a fini bellici.

Le recenti dichiarazioni in Israele di alcuni esponenti politici che affermano di essere "pronti a tutto" pur di far sospendere il processo d'arricchimento dell'uranio iraniano hanno trovato la pronta risposta di Teheran. L'ex presidente Akbar Hashemi Rafsanjani ha dichiarato all'agenzia Irna pochi giorni orsono, il 5 ottobre 2004, la presenza in Iran di missili Shahab-3 dotati di gittata pari a 2.000 chilometri, quindi in grado di raggiungere Israele. La rivelazione ha raffreddato enormemente i duri toni che hanno alimentato per quasi un mese la questione nucleare iraniana.

"Riteniamo che questi nemici - ha detto ancora Rafsanjani - abbiano raggiunto la maturita' e non commetteranno l'errore di attaccare l'Iran" (fonte Ansa 5/10/2004)

La "reazione a catena" diplomatica tra Israele, Usa e Iran sembra non trovare un punto d'incontro o di mediazione tra il diritto dell'Iran di possedere la tecnologia nucleare per scopi pacifici e il diritto dei paesi come Israele di ottenere la non proliferazione nucleare in Medio Oriente, soprattutto in paesi a forte rischio di terrorismo come l'Iran.

Non sono mancati i tentativi di mediazione dagli stessi Stati Uniti. La proposta moderata del candidato democratico alla presidenza Kerry di rifornire l'Iran di combustibile arricchito direttamente dagli Usa ha trovato il netto rifiuto di Teheran per ragioni politiche. L'Iran vuole evitare la dipendenza energetica dagli Usa per quanto concerne un materiale strategico quale l'uranio.

Negli ultimi giorni anche l'Unione Europea ha compiuto i suoi primi passi per aprire un negoziato offrendo un pacchetto di facilitazioni economiche all'Iran in cambio della sospensione del programma di trattamento dell'uranio.

L'iniziativa europea è stata accolta con favore da Teheran ma solo per il tentativo di aprire un negoziato. A tal proposito le dichiarazioni del ministro degli esteri, Kamal Kharrazi, sono chiare:

"L'Iran accoglie con favore l'apertura di negoziati con l'Unione europea (...) Teheran proseguira' i colloqui per dimostrare alla comunita' mondiale la natura pacifica del programma nucleare ma non rispondera' a nessuna ulteriore richiesta, come il blocco del processo di arricchimento" (fonte Adnkronos 12/10/2004)

L'estensione su scala mondiale dell'energia nucleare a fissione sembra pertanto aumentare le cause di conflitto e di crisi. L'uso del nucleare civile in qualsiasi paese del mondo espone i governi alla tentazione di sfruttamento della tecnologia nucleare anche per fini bellici o, nella peggiore delle ipotesi, per atti di terrorismo. Un trend storico preoccupante che esporrà sempre più il mondo intero ad un maggiore rischio di incidenti nucleari le cui conseguenze sono notoriamente transnazionali.

Il processo di arricchimento dell'uranio nella Repubblica islamica dell'Iran attualmente sembra essere stato sospeso sulla base di un impegno preso lo scorso anno da Teheran con Francia, Germania e Regno Unito. L'attività potrebbe però essere ripresa presto. Il Parlamento conservatore di Teheran, le cui decisioni sono vincolanti per il governo iraniano, ha già votato per riprendere il processo di arricchimento.

Lo sviluppo su scala dell'energia alternativa potrebbe coniugare il diritto allo sviluppo con quello alla sicurezza.

Malgrado ciò la tentazione di produrre armi nucleari di dissuasione resta comunque invariata. La diffusione delle energie alternative renderebbe tuttavia più chiara e inconfutabile l'intenzione di utilizzare la tecnologia nucleare soprattutto per fini bellici.

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