Il referendum sulle basi militari e nucleari straniere in Sardegna e' stato dichiarato inammissibile da un ufficio regionale con una delibera del 16 luglio, inspiegabilmente comunicata alla stampa quasi un mese dopo, il 12 agosto.

Sardegna: il referendum negato

1 settembre 2004
Fonte: Comitato "Gettiamo le basi" - 01 settembre 2004

Una foto della Orion (AS-18), nave appoggio per sottomarini nucleari, ormeggiata all'Isola di Santo Stefano (la Maddalena e' sullo sfondo). A fianco si puo' vedere un sottomarino nucleare.

Il REFERENDUM

L'iniziativa del referendum consultivo regionale contro le basi militari straniere in Sardegna e' nata all’inizio del 2004 dal mondo delle associazioni antimilitariste e ambientaliste. Gallura no scorie, Gettiamo le basi, Rete Lilliput, Wwf, sono solo alcune delle sigle. Partiti come Sardigna Natzione e Verdi hanno aderito con modalita' e forme diverse. Il comitato promotore, "Firma po' firmai sa bomba" (Firma per fermare la bomba) che comprende buona parte delle organizzazioni appena elencate ha depositato 15mila firme di richiesta di referendum, superando ampiamente la quota prevista dalla legge, 10mila firme. Questo e' il testo del quesito: «Siete contrari alla presenza in Sardegna di basi militari straniere, comunque istituite, atte ad offrire punti di approdo e di rifornimento anche a navi e sommergibili a propulsione nucleare o con armamento nucleare?».

Con delibera del 16 luglio scorso, inspiegabilmente non comunicata al comitato promotore e resa nota dalla stampa quasi un mese dopo, il 12 agosto, l'Ufficio Regionale del Referendum ha dichiarato inammissibile la richiesta. La motivazione della bocciatura ricalca le argomentazioni addotte dalla Corte Costituzionale per affossare nel 1989 un referendum popolare, sempre sulla base statunitense, ma che poneva tre quesiti totalmente diversi. Secondo l'Ufficio Regionale Referendum il popolo sardo non puo' esprimere un'opinione in quanto la Sardegna non ha competenza in materia di trattati internazionali. Una decisione che sta stretta, molto stretta al comitato "Firma po' firmai sa bomba". Infatti, neanche lo Stato ha competenza per stipulare accordi internazionali segreti in quanto sono vietati dalla Costituzione. Inoltre, se la Sardegna avesse competenza per modificare accordi internazionali, si sarebbe proposto un referendum abrogativo e non certo un referendum regionale consultivo. Come puo' un referendum consultivo annullare o modificare formalmente i fantomatici e tuttora segreti accordi internazionali che dal 1972 avrebbero autorizzato la presenza di una base appoggio per sommergibili nucleari statunitensi nell’isoletta di Santo Stefano? Si ha forse paura di sapere cosa pensa il popolo sardo sulla presenza, che gli e' stata imposta, dei mostri atomici a stelle e strisce, i sommergibili nucleari statunitensi che sono di casa nell’arcipelago della Maddalena? Se gia' nel 1989 un sondaggio Abacus rilevava che 68 sardi su cento avrebbero votato contro questo insediamento militare, oggi tale percentuale e' sicuramente aumentata.

"Firma sa bomba" prontamente indice un presidio alla Regione, convoca la stampa e denuncia: «Ancora una volta i sardi saranno impediti, non solo di decidere sul loro destino ma anche di esprimere un semplice parere in merito ad una questione che li riguarda. Per i sardi non valgono neanche i principi fondamentali sanciti da ogni costituzione democratica, essi non hanno il diritto di opinione, viene imposto loro di tacere e subire in silenzio. L’Ufficio Regionale Referendum, approfittando del clima feriale di ferragosto, e' stato piu' realista del re, con un atto che riafferma la sudditanza allo stato italiano ha tolto alla Corte Costituzionale l’incombenza di ripetere la repressione coloniale e antisarda del 1989 con l'affossamento del referendum indetto dalla Regione contro la base atomica di La Maddalena-Santo Stefano. Dichiarando incostituzionale un referendum basato sul semplice diritto di opinione, l’Ufficio Referendum ha compiuto un atto antidemocratico e lesivo della dignita' del nostro popolo, ha chiuso la bocca ai sardi».

I 4 mori della bandiera sarda hanno ormai tolto la fascia dagli occhi e non intendono bendarsi di nuovo. Non intendiamo subire passivamente l'ennesima violazione dei nostri diritti. Il diritto di pronunciarci con il referendum sara' difeso percorrendo tutte le strade, dal ricorso amministrativo, alle iniziative di piazza, alle forme di mobilitazione democratica con l'obiettivo di sollevare a livello europeo, non solo la negazione del diritto democratico di esprimere un’opinione, ma, sopratutto, il groviglio d'illegalita' che circonda la base dell'US Navy fin dalla nascita e che si e' ulteriormente esteso e intricato con la recente decisione del governo italiano di consentire il potenziamento logistico e operativo della base militare straniera che agisce fuori da qualsiasi controllo dell'Italia e della Nato, una lancia puntata contro i progetti di un modello di difesa europeo, una spina nel fianco di un'Europa che da segni di volonta' di sganciarsi dal pervasivo controllo Usa.

IL RICORSO

Sul ricorso contro la decisione dell’Ufficio Regionale Referendum si e' aperto subito un caso. A chi, come, quando deve essere presentato? Mistero. Il direttore generale della Presidenza della Regione Gianfranco Duranti, componente dell'Ufficio che ha affossato il referendum, in un primo incontro con una delegazione del Comitato il 13 agosto non ha fornito le informazioni richieste sui tempi del ricorso e sugli uffici competenti ad accoglierlo. Informazioni dovute ed esplicitamente indicate in ogni atto amministrativo, per esempio le multe, senza che i cittadini debbano farne richiesta. Il funzionario ha ammesso che l'Ufficio non si e' minimamente posto il problema che qualcuno potesse impugnare la sua delibera e di conseguenza ha chiesto tempo per studiare la materia e colmare le lacune cognitive. Tutto cio' fa sospettare che i componenti dell'Ufficio regionale siano stati tentati dall'arrogarsi il diritto all'infallibilita', finora privilegio esclusivo dei Papi, pensandosi come primo e unico organo giudicante. Il funzionario ha respinto con indignazione l'ipotesi - formulata a chiare lettere dal Comitato - sul tempismo della «delibera di ferragosto», periodo privilegiato nella consolidata tradizione italica per far passare i provvedimenti maggiormente impopolari e ci ha ampiamente reso edotti, senza averne fatto richiesta, che la decisione di vietare il referendum e' stata adottata dall'Ufficio in piena autonomia, senza pressioni politiche dall'alto, sulla base di valutazioni meramente giuridiche, quindi neutre, super partes. Le giustificazioni gratuite sull'autonomia di giudizio dell'Ufficio, non messa in discussione da nessun componente della delegazione, inopinatamente fanno riemergere svariate espressioni di antica saggezza popolare: "Scuse non richieste, accuse manifeste", "Avere la coda di paglia", e cosi' via.

Il responso dell’alto funzionario, a titolo assolutamente personale perche' gli uffici legali competenti sono chiusi per ferie, e' giunto qualche giorno dopo. Il 17 agosto in un secondo incontro Regione-Comitato, si viene a sapere che la delibera «pare» impugnabile davanti al Tar e il termine utile scade il 12 novembre. L’indicazione piuttosto vaga ancora una volta convince poco, non solo perche' proviene da quella che in questo momento e' diventata controparte, ma anche perche' il Tar in un certo modo si e' gia' pronunciato, infatti e' presente con un suo rappresentante, designato dal Presidente del Tribunale amministrativo, nell'Ufficio che ha deciso l'inammissibilita' del referendum. Inoltre, l'indicazione non trova d’accordo i giuristi esperti in materia. Per l’avvocato e docente universitario Benedetto Ballero, intervistato dall’Agi, ai componenti del comitato promotore va riconosciuto «il diritto soggettivo ad agire per ottenere cio' che leggi e Costituzione gli attribuiscono», ossia il referendum. Tale ipotesi trova conferma anche nel manuale di Diritto pubblico scritto dai giuristi Paolo Caretti e Ugo De Siervo. A pagina 186 del libro e' scritto che «la giurisprudenza (si veda la decisione del Consiglio di Stato 194/1987 e la sentenza dalla Corte di Cassazione, a Sezioni Unite, 5490/1994) ha riconosciuto ai promotori dei referendum regionali il diritto di ricorrere al giudice ordinario non solo nell’ipotesi di dichiarata inammissibilita' delle iniziative referendarie, ma anche nell’ipotesi di sospensione delle medesime». Interpellato sempre dall’Agenzia Italia, Duranti ha confermato l’indicazione del ricorso al Tribunale amministrativo, perche' «il provvedimento assunto dall’ufficio per il referendum e' di tipo amministrativo e come tale impugnabile davanti al Tar». Quanto alla risposta non univoca fornita in precedenza alla delegazione del Comitato (nel documento e' scritto che le delibere «paiono» impugnabili davanti al Tar), l'avvocato Duranti, direttore generale della Presidenza della Regione, afferma che si e' trattato di «una scelta per non precludere ai promotori la possibilita' di ricercare altre vie per il ricorso». Ben strano modo di procedere per agevolare i cittadini e tutelare le possibilita' di scelta!

Il cambio tra la Emory Land e la Simon Lake nel 1999 (una nave appoggio per sottomarini e' sempre presente alla Maddalena dagli anni '70)

Il Comitato si e' subito attivato per costituire un pool di giuristi e avvocati che, gratuitamente, portino avanti ai vari livelli i ricorsi necessari per azzerare la delibera dell'Ufficio regionale. Si e' rivolto prima di tutto ai giuristi che si sono candidati alle recenti elezioni regionali che hanno firmato l’impegno "Tre firme per la verita'" ( www.trefirme.info ) e intende rivolgersi fuori dall'isola a tutti coloro che ritengono che il problema di una aggressiva base nucleare straniera nel cuore del Mediterraneo non riguardi solo la Sardegna ma coinvolga l'Italia e tutta l'Europa. (Si puo' mandare una mail a gettiamolebasi@virgilio.it , trefirme@yahoo.it , firmasabomba@tiscali.it ). Presto sara' aperto un conto corrente per raccogliere i fondi necessari a coprire le spese di cancelleria.

INIZIATIVE POLITICHE

A questo punto e' molto attesa una presa di posizione del governatore della Sardegna Renato Soru, fresco fresco di elezione con una coalizione di centrosinistra. Una sua decisione potrebbe avviare una risoluzione politica del caso.

Nel corso della campagna elettorale Soru assunse impegni molto chiari sulla chiusura della base americana resi pubblici sul sito del suo movimento www.progettosardegna.it. Inoltre, il 2 giugno scorso, in piena campagna elettorale, sottoscrisse l’impegno politico e di governo dell’iniziativa "Tre firme per la verita'" di battersi «con ogni mezzo nonviolento, giuridico, politico, legislativo e amministrativo per il ritiro di tutte le truppe e i mezzi militari di Paesi stranieri presenti in Sardegna».

Lunedi' 23 agosto una delegazione del comitato "Firma po' firmai sa bomba" ha avuto un incontro con il neo eletto Presidente. Il presidente Soru ha ripetutamente sottolineato che «il referendum non e' l'unica strada» evitando, pero', di esprimere con chiarezza le conclusioni di questa premessa: dato che la via referendaria non e' la sola percorribile puo' essere tranquillamente sbarrata e vietata, il popolo sardo puo' essere impunemente scippato del suo diritto democratico. Alla delegazione e' stato fatto balenare il miraggio di «altre e migliori strade possibili». È vero, le strade percorribili per liberare la Sardegna e il Mediterraneo dall'inquietante presenza dei mostri atomici Usa sono tante e la delegazione ha indicato vari strumenti che il presidente puo' usare da subito per onorare i suoi impegni e rendere operativa la volonta' espressa dal Consiglio regionale uscente (maggioranza centrodestra) di «smantellare in tempi ragionevoli e definiti» la base nucleare della Us Navy. Questa volonta' segna per noi il punto di non ritorno: si va avanti, non si torna indietro, non si rimette in discussione la decisione di espellere in tempi rapidi il nucleare militare dall'isola. Il dibattito attuale verte solo sulla scelta di mezzi e strumenti per raggiungere l'obiettivo.

Il presidente Soru ha indicato la strada «alternativa» che intende percorrere, ha proposto la strada battuta inutilmente da oltre trent'anni dal Parlamento e dalla Regione: la desecretazione degli accordi incostituzionali che hanno dato il via all'occupazione militare degli Stati Uniti a La Maddalena. Il pessimismo della Ragione, frutto dell'esperienza, non impedira' il prevalere dell'ottimismo della volonta' e sosterremo il Presidente se intende davvero intraprendere con decisione questa strada tortuosa e difficile. Anche se non avrebbe molto senso conoscere oggi gli accordi segreti dopo che per anni ne abbiamo subito le conseguenze.

Se le iniziative che possono essere portate avanti dalle istituzioni sono molteplici, per noi cittadini, invece, il ventaglio di scelte e' di gran lunga molto piu' ridotto, il referendum e' «l'unica strada possibile» oltre le manifestazioni di piazza e 15mila cittadini hanno scelto di percorrerla, 15 mila persone use a schivare gli specchietti per allodole e ben decise a non farsi scippare del diritto di esprimere la loro opinione. Il presidente Soru puo' legittimamente nutrire perplessita' e dubbi sulla validita' della via referendaria, cosi' come noi li nutriamo per l'iniziativa da lui decisa. Consentire che si vieti anche una sola delle strade possibili non e' solo un arrogante e inquietante tentativo di restringere gli spazi di democrazia. È perdente. Costituisce una sorta di automutilazione delle capacita' del popolo sardo d'incidere, di essere protagonista del suo presente e del suo futuro.

Il Presidente Soru si trova davanti un'alternativa secca: avalla la delibera dell'Ufficio, di cui fa parte anche il direttore generale della presidenza della Regione, e 15mila cittadini lo trascineranno nei vari tribunali competenti per il ricorso come "l'imbavagliatore del popolo sardo", oppure, impugna la delibera e onora l'impegno di «battersi con ogni mezzo nonviolento» contro l'occupazione militare straniera dell'Isola attivando tutti gli strumenti a disposizione delle istituzioni e dei cittadini.

L'incontro con la delegazione di "Firma po' firmai sa bomba" si e' concluso con l'impegno di Soru a valutare con attenzione la possibilita' che il Presidente della Regione impugni la delibera dell'Ufficio Regionale del Referendum, ufficio nominato con decreto del Presidente della Regione e di cui fa parte il Direttore generale della Presidenza della Regione. Insomma, una sorta di Soru contro Soru. Anche se prevarra' questa opzione il comitato non intende smobilitare e continuera' con l'impegno per promuovere la formazione di un pool di giuristi e avvocati disponibili a difendere in tutte le sedi competenti, con o contro Soru, gli interessi del popolo sardo di farla finita con l'occupazione militare e di ripristinare la legalita' nella sua terra.

Non dimentichiamo che un altro referendum c'e' stato e ha lanciato un segnale molto chiaro. Nel 1987 l'80 percento dei votanti italiani disse no alle centrali atomiche. Il nucleare, messo al bando dal popolo italiano, non e' mai stato espulso da La Maddalena. Il nucleare peggiore, quello militare situato a bordo di sommergibili stranieri a propulsione e armamento atomico, totalmente sottratto a qualsiasi controllo civile, ha avuto il via libera dal governo Berlusconi per consolidare e "legalizzare" la sua presenza abusiva potenziando le sue capacita' distruttive. Non intendiamo tollerare ulteriormente di essere esposti al rischio dell'olocausto nucleare in nome d'interessi egemonici che non ci appartengono. Non siamo piu' disponibili a chiudere gli occhi davanti alla sistematica violazione della legalita' e dei diritti umani fondamentali: il diritto di espressione democratica, il diritto alla sicurezza e all'incolumita'.

LA LEGALITÀ VIOLATA

I rischi causati da un incidente a un sommergibile nucleare americano con il conseguente rilascio della nube tossica sono stati calcolati, descritti e analizzati anche dalle stesse autorita' militari in un testo rimasto segreto sino a poco tempo fa. Sino a quando, in seguito a un'inchiesta del giornalista Giorgio Pisano, i quotidiani L'Unione Sarda e Liberazione non ne hanno pubblicato ampi stralci. Si tratta del Piano di emergenza esterna dell'arcipelago della Maddalena. Il diritto del cittadino di ricevere dal prefetto «esaurienti informazioni preventive sul rischio connesso al transito di navi e sommergibili a propulsione nucleare» e' sancito da un decreto legislativo del 1995, il 230, attuativo delle direttive Euratom in materia di radiazioni. È palese la flagrante violazione delle norme vigenti da parte delle autorita' competenti su queste tematiche. L'incidente ipotizzato dal testo ufficiale anche se ritenuto «estremamente improbabile» e' rappresentato da un'avaria con «fuoriuscita dal battello di sostanze radioattive allo stato aeriforme». I rischi piu' gravi li corrono i bambini sottoposti all’inalazione dello iodio radioattivo. Se le condizioni meteo non aiutano, non si arresta la fuoriuscita della nube e si allungano i tempi di allontanamento del sommergibile, le conseguenze per l’uomo si aggravano ulteriormente.

Comitato sardo Gettiamo le basi

Note: Per contatti:
Comitato sardo Gettiamo le basi
gettiamolebasi@virgilio.it

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