Il decalogo europeo per il dopo Berlusconi

9 novembre 2011
Pier Virgilio Dastoli

Virgilio Dastoli Dopo i governi portoghese, sloveno e greco, anche il governo italiano cade sotto i colpi della crisi precedendo di pochi giorni la probabile fine dell'era socialista in Spagna, tutti governi di sinistra e, per ora, solo un governo di destra con una differenza sostanziale: i governi socialisti si sono affannati a far uscire i loro paesi dalla crisi prima illudendosi di poterlo fare con i soli mezzi delle politiche nazionali e poi illudendosi che il consesso dei 27 leader nazionali salvando i paesi in crisi avrebbero salvato l'intero consesso.

Il governo di destra italiano per tre anni non ha illuso se stesso ma ha tentato di illudere l'insieme degli italiani propagandando l'immagine di un “bengodi” nostrano come eccezione in un continente in rovina. Per tre anni e fino alla lettera della BCE del 4 agosto, scritta a quattro (o sei mani) fra Roma e Francoforte, il governo italiano ci ha detto che i “fondamentali” del sistema economico italiano erano solidi, che le finanze pubbliche erano destinate a rientrare all'interno dei criteri del Patto di Stabilità e che il “patto con gli italiani” sottoscritto dal premier Berlusconi davanti all'ossequioso Bruno Vespa sarebbe stato integralmente rispettato. Gli italiani avrebbero dovuto apprendere la lezione del primo governo Berlusconi che, pur dotato di una confortevole maggioranza, aveva sprecato cinque anni di legislatura dal 2001 al 2006 senza realizzare nessuna riforma fondamentale per rendere il paese (relativamente) immune dalla crisi.

Ma la litigiosità autodistruttiva del centrosinistra fra il 2006 ed il 2008 ha spinto la maggioranza degli italiani a portare per la terza volta Berlusconi a Palazzo Chigi tre anni e mezzo fa. Potremmo così comprendere (ma non giustificare) la maggioranza degli italiani che, fra la frammentazione della sinistra ed il libro dei sogni della destra, hanno scelto la via facile berlusconiana al successo. Comprendiamo di meno e comunque non giustifichiamo i partner europei che, vertice dopo vertice, consiglio dei ministri dopo consiglio dei ministri, hanno firmato assegni in bianco di credibilità al governo italiano con in testa la Germania della Merkel che in questo come in altro si è distinta negativamente dal suo predecessore Kohl che, nel 1994, aveva sponsorizzato il progetto “Kern Europa” (nucleo duro) nel quale si dava una patente di credibilità alla stessa Germania, alla Francia ed al Benelux come gruppo di pionieri dell'Eurozona escludendo l'Italia di Berlusconi (e la Spagna di Gonzalez).

I partner europei con in testa la Germania sono stati per tre anni generosi in attestati di amicizia e di fiducia ignorando l'assenza politica del governo italiano nel sistema europeo, la crescente assenza fisica del nostro ministro degli esteri alle riunioni del Consiglio “Affari Generali”, l'allegra vaghezza della grande maggioranza dei ministri italiani alle riunioni dei consigli specializzati, l'asimmetria dell'Italia rispetto ai criteri per raggiungere gli obiettivi di uno sviluppo “inclusivo”, la disinvoltura nelle gestione dei dossier ambientali e della politica di immigrazione, la campagna martellante di una parte della maggioranza contro l'Europa ed infine il divario profondo fra le dichiarazioni a favore di un'economia liberalizzata e la crescita esponenziale delle municipalizzate di regime sotto le cui ali protettive ha proliferato la capacità manageriale della (ex) criminalità organizzata. Angela, la bella dormiente, si è finalmente svegliata ed ha dato ordine ai suoi o lo ha fatto in prima persona di lanciare messaggi inequivoci sul fatto che la ritrovata credibilità dell'Italia era condizionata al trasloco “vor Jahresende” di Berlusconi da Palazzo Chigi come ha detto lunedì a Ferrara un'irriverente Ulrike Guerot agli interlocutori emiliano-romagnoli riuniti per discutere di risorgimento italiano-risorgimento europeo.

Hic Rodhus hic salta dopo il programmato trasloco del cavaliere da Palazzo Chigi al buen retiro di Arcore:

1. i partiti italiani dovranno recuperare un rapporto di collaborazione strutturata con i partiti fratelli in Europa per contribuire al rilancio dell'integrazione politica europea,

2. i ministri dovranno cominciare a frequentare con regolarità ed in modo coordinato e coeso le riunioni dei consigli specializzati a Bruxelles anche in vista della revisione del Trattato di Lisbona e della presidenza italiana nel secondo semestre 2014,

3. si dovrà riorganizzare la partecipazione italiana alle fasi ascendente e discendente della legislazione europea,

4. ristrutturare la spesa pubblica con il rigore necessario per tagliare quelle superflue

5. ma con la capacità manageriale necessaria per investire nelle crescita e nello sviluppo,

6. rispettare gli impegni assunti a livello internazionale nella cooperazione allo sviluppo

7. stato e regioni dovranno migliorare la quantità e la qualità della spesa nei fondi regionali e

8. prepararsi ai grandi cambiamenti del 2014, il mondo imprenditoriale dovrà rimboccarsi le maniche

9. per rischiare nella ricerca privata (drammaticamente al di sotto di quella pubblica) e

10. per adeguarsi alla transizione culturale verso la green-economy che in tutto il mondo significa più competitività e che solo in Italia significa perdita di competitività.

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