Con Monti in Europa. Quale ?

13 gennaio 2012
Francesca Lacaita

Mario Monti al congresso Uef, marzo 2011 “Dove è finita l’utopia di Ventotene?”, chiede l’intervistatore al convinto europeista. Risposta: “Sono convinto che non avremo mai gli Stati Uniti d’Europa. Perché no, perché non ne abbiamo bisogno”, così parlò Mario Monti qualche giorno fa in un’intervista al quotidiano tedesco conservatore “Die Welt”. Ma come, proprio Monti, l’europeista mandato a Palazzo Chigi per “riportarci in Europa”? Monti socio fondatore del Gruppo Spinelli, il cui obiettivo è, come si legge nel Manifesto costitutivo, “un’Europa federale e post-nazionale, un’Europa dei cittadini”? Sì, proprio lui, ce lo conferma lui stesso: “Un anno fa è stato fondato il Gruppo Spinelli che è impegnato a far rivivere proprio questo spirito. Io ne sono coinvolto”. Ma allora…

…allora, che cosa sono questi Stati Uniti d’Europa, di cui, sostiene Monti, non abbiamo bisogno? Utopia, appunto, aveva suggerito l’intervistatore, e Monti mica è andato in Germania a parlare di utopie e a perdere tempo, tanto più che, ci assicura: “in misura considerevole l’utopia è diventata da molto tempo realtà”. E noi che non ce ne eravamo accorti. “C’è l’Unione Europea – le manca tuttavia ancora una struttura politica valida”.

Ah ecco, “struttura politica valida”. Machiavellico, il Monti – l’intervistatore gli stava tendendo la trappola, aspettava solo che ci cascasse, e poi li sentivi “Die Welt”, la Merkel, i Mercati: “I soliti italiani inaffidabili, l’euro va a picco e loro si beano con pizza, mandolino, Spinelli e Stati Uniti d’Europa”, lo vedevi lo spread lanciarsi a quote stratosferiche… Invece dicendo “struttura politica valida” si conferma persona pratica e concreta, non spaventa nessuno, e certamente, da membro del Gruppo Spinelli, intende gli “Stati Uniti d’Europa”, no?

No. Perché se voleva semplicemente blandire e rassicurare, poteva farlo senza impegnarsi sulle Finalità Ultime dell’integrazione europea. Invece si è proprio impegnato. Ha consegnato la prospettiva federalista al cimitero delle cause perse. Quello è il messaggio. E i federalisti, con i loro appelli, i loro documenti, le loro proposte di iniziativa dei cittadini europei, le loro Convenzioni per rilanciare la federazione europea?

I federalisti fanno semmai la figura dei soldati giapponesi che non sapevano che la guerra era finita. Con occhi spalancati andiamo allora avanti a leggere per scoprire qual è il mondo che ci è passato davanti mentre ci agitavamo nella giungla. Trovato: sussidiarietà!! “La sussidiarietà è il grande tema dell’Europa, e cioè in due direzioni. Compiti specifici che prima erano di competenza nazionale devono passare alla comunità europea, in parte è già così. Ciò che invece non compete deve restare agli stati nazionali o persino essere devoluto a livelli subnazionali”. Ecco, giusto il testo per l’ICE. Tutto qua? No, manca la narrazione. Non puoi mica andare a parlare ai giovani ancora di pace e di guerra. I problemi oggi riguardano l’“identità” e la “prosperità”. Nonché ovviamente “le sfide della globalizzazione” – quale stato europeo può farvi fronte da solo senza l’“Europa”?.

A dir la verità, Presidente Monti, le Sue parole non ci sono nuove, qualcosa del genere la sentivamo anche là nella giungla. Ci ostinavamo però a lottare per gli Stati Uniti d’Europa non in spregio alla sussidiarietà, ma perché vedevamo che competenze solitamente nazionali – per esempio il welfare – venivano sottoposti a continue pressioni dall’alto – “ce lo chiede l’Europa”, era il mantra, anche quando magari l’“Europa” non c’entrava nulla – e noi volevamo un governo europeo con competenze specifiche determinato dalla maggioranza dei cittadini europei e responsabile di fronte a tutti i cittadini europei, singolarmente presi, e che fosse quindi più capace, perché con più risorse, più democratico, più equo, e quindi più “sussidiario”. Del resto, noi pensavamo che la sussidiarietà avesse senso soprattutto in una comunità coesa, in cui vengano valorizzati la solidarietà, la cooperazione e la responsabilità verso gli altri, altrimenti vengono solo cristallizzati gli squilibri e le disuguaglianze esistenti, s’impoverisce la vita democratica, e il più forte può mettere i piedi in testa al più debole semplicemente con un “Te lo chiede l’Europa!”. Basti solo pensare a come si è degradato il discorso politico italiano da quando qualcuno ha cominciato a strillare “Padroni a casa nostra” e a blaterale di “federalismo” (blasfemo!) e di devoluscion. Ecco, se si parla di sussidiarietà ci vogliono proprio gli Stati Uniti d’Europa con tutte le loro competenze – ma Lei pensa che non ne abbiamo bisogno.

Nella Sua narrazione, Presidente Monti, spiccano i “problemi di identità e di prosperità”. Messi così appare una faccenda dalla dimensione squisitamente privata. Sembrerebbe che una volta che tornano le vacche grasse, una volta che impariamo ad alzarci educatamente in piedi al suono dell’inno nazionale ed europeo, questi problemi si ridimensioneranno. Invece manca completamente la democrazia. Eppure almeno dal 1789 essa ha costituito la grande epopea degli europei (e non solo loro, ovviamente). Una storia emozionante e avvincente, con rovesci, sconfitte, hybris spaventose, colpi di scena, calci in faccia, grandi passioni, enormi sofferenze, resistenze, risorgimenti, e frontiere che a poco a poco si allargavano e si allargavano… E i protagonisti di questa epopea sono le cittadine e i cittadini che prendono coscienza di sé e del mondo intorno a loro, che non si rassegnano all’esistente, che stringono legami di solidarietà, che lottano, sbagliano, soffrono, amano, muoiono, ma che non si fermano, non possono fermarsi, perché se si fermano, si scoraggiano, si stancano, o anche solo si distraggono e si stravaccano, ecco che perdono magari senza accorgersi quello che hanno faticosamente conquistato.

Oggi siamo al punto che la democrazia o passa sul piano europeo, o perde terreno anche sul piano nazionale – i segnali al riguardo non mancano, a cominciare dall’Italia. E l’obiettivo degli Stati Uniti d’Europa resta più attuale che mai – non un miraggio o un’utopia, ma la costruzione di una comunità politica coesa e solidale in cui ciascuno sia cittadino. È la sua Europa, Presidente Monti, che appare vecchia senza rimedio. Soprattutto non praticabile perché intimamente instabile, soggetta a continue convulsioni interne, sempre sull’orlo del baratro, sempre in emergenza… Lei ci vuole “riportare in Europa”, Presidente? Nella Sua non verremo.

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