Forum per la democrazia costituzionale europea

Movimenti costituenti: una Carta per l'Europa pacifista, democratica, sociale e federalista

15 settembre 2004
Forum per la democrazia costituzionale europea

Il 12-13 dicembre 2003 a Bruxelles, la CIG ha fallito nel suo intento di approvare il Trattato costituzionale, paralizzata da veti reciproci sulle ‘quote' di potere e da profonde divisioni politiche sulla natura istituzionale e sociale, così come sul ruolo internazionale dell'UE. La CIG ha fallito perché divisa sulle scelte dell'amministrazione Bush, che vuole un'Europa supina agli interessi degli USA, e a cui nessun Stato europeo è stato in grado di contrapporre un progetto di un'Europa pacifista, sottratta al confronto tra potenze geopolitiche, fattore di pace e di giustizia tra i popoli. Ha fallito perché si è perseverato nel metodo intergovernativo e funzionalista, che privilegia il mercato come forza d'integrazione. Tranne l'egemonismo armato degli USA, le classi dirigenti non sono capaci di sviluppare un disegno politico e sociale: Cancun e Bruxelles sono la testimonianza di un impasse globale.
I governi pretendono di esercitare il potere costituente escludendo le/i cittadine/i dai processi di decisione relativi ai diritti fondamentali e alla regolamentazione delle competenze istituzionali. I processi costituenti necessitano dell'attiva presenza di We the People, Noi il Popolo, che per l'Unione europea segnerebbe finalmente l'avvio del superamento del deficit democratico. Oggi gli Stati, attraverso l'art. 48 del Trattato UE, dominano il processo di revisione, che sostanzialmente è stato riproposto nell'art. IV-7 del Trattato costituzionale.
Ora deve dispiegarsi con maggior determinazione una soggettività costituente per un'Europa, che superi le sovranità statali nazionali, fondi una cittadinanza cosmopolita, si doti di strumenti di politica economica per una gestione democratica dei beni comuni e dei servizi pubblici universali – un'Europa non più mercantile, ecologicamente e socialmente sostenibile. La democrazia federalista è la via per articolare su ‘reti multilivello' – a partire dai municipi fino alle dimensioni continentali – le forme della partecipazione diretta delle/i cittadine/i, così da superare l'accentramento dei poteri decisionali sia statali sia sovranazionali.
A Parigi l'FSE ha lanciato una proposta all'insieme dei movimenti europei di costruire un percorso comune al fine di predisporre una Carta per l'Europa, frutto della partecipazione dei diversi attori sociali, sindacali e politici. Una delle tappe è l'assemblea a Roma il 9 maggio, che dovrà essere il risultato del lavoro, di riflessione e mobilitazione, dei vari reseaux per giungere a ‘carte di principi', base di una Carta per l'Europa, da proporre alla cittadinanza europea come quadro di riferimento di lotte e rivendicazioni dei movimenti sociali. Continueremo e amplieremo così la lotta per la Costituzione europea.

La sfida per un'Europa – pacifista, democratica, sociale e federalista – è più che mai aperta.
Dinanzi alle profonde divisioni tra gli Stati e alle difficoltà di accordarsi perfino su un Trattato costituzionale, dovremo accentuare la capacità di risposta culturale e politica con l'obiettivo di superare questa fase in cui gli Stati sono ancora i centri di potere decisionale determinanti, per intraprendere una via democratica capace di coinvolgere le/i cittadine/i europee/i nell'elaborazione e varo della Costituzione.

Se mai gli Stati troveranno un accordo, sarà ancora una volta un Trattato a definire competenze e diritti dell'Unione, e saranno ancora Trattati – secondo anche le previsioni dell'articolo IV-7 – a regolare la revisione costituzionale: così l'Unione continuerà a essere un mixtum compositum tra diritto internazionale e diritto costituzionale, ciò che consente agli Stati di essere elemento determinante dei processi decisionali – politici, legislativi e costituzionali. L'Unione, regolata da un diritto sovranazionale che ha il primato, con diverse modalità, sul diritto statale, non è più un'associazione di Stati ma non è ancora una federazione: il principio di sussidiarietà verticale se stabilisce centri di potere multilivello, non ha creato una democrazia federalista in grado di superare il centralismo della sovranità nazionale e di istituire una pluralità di forme di partecipazione – municipale, regionale, nazionale, europea – in cui i processi decisionali vedano come protagonisti diretti le/i cittadine/i. Il metodo intergovernativo non è in grado di aprire una prospettiva democratica alla vita dell'Unione, e il trasferimento di ‘quote' di sovranità sono di nuovo riacquisite tramite i Consigli dei ministri e il Consiglio europeo.

La lotta per la democrazia costituzionale europea è dentro un processo costituente finora dominato dagli Stati, sia pure con il nuovo metodo della Convenzione, e mira a far emergere come protagonista la cittadinanza globale al posto delle Alte Parti Contraenti, ad affermare i principi e la neutralità complessiva dei valori come nucleo normativo della Carta costituzionale e a dotare l'Unione della ‘competenza delle competenze'. Questa prospettiva apre uno dei terreni di lotta per togliere il primato al mercato e favorire uno sviluppo democratico e federalista dell'Unione.
I movimenti antiliberisti, il movimento dei movimenti, vanno creando spazi pubblici, vere e proprie agora a livello territoriale ed europeo così come a quello mondiale: i Forum sociali sono luoghi del ‘discorso pubblico', ove tutti/e possono partecipare per proporre e confrontare obiettivi e progetti – sono luoghi di creazioni di ‘senso' e di pratiche sociali innovative, necessari per lo sviluppo dei conflitti sociali in grado di indurre processi di trasformazione. Nei nuovi spazi pubblici si definiscono valori e comportamenti che modificano il modo d'essere e di ‘sentire' della società – nella campagna mondiale contro la guerra permanente e per la pace il movimento ha inciso e determinato gli orientamenti di fondo della maggioranza della popolazione: il pacifismo, il no alla guerra esprimono un sentimento diffuso, generale che la retorica del patriottismo occidentalista non riuscirà facilmente a scalfire. Su questa creazione di un nuovo ‘senso comune' occorre innervare una capacità di lotta per realizzare trasformazioni sociali, politiche, e istituzionali: movimenti e campagne di lotta, proposte di innovazione costituzionale, attivazione di strumenti legislativi ecc., per i diritti universali di cittadinanza, il ripristino e/o l'istituzione della gestione democratica dei beni collettivi (salute, formazione, previdenza, lavoro…) e dei beni comuni (le risorse naturali, terra, acqua, energia).
L'Unione può divenire uno spazio pubblico ove realizzare forme democratiche pluralistiche e partecipate, e praticare il superamento dello Stato e della sovranità nazionali, per istituire una democrazia costituzionale europea.

La Costituzione è una carta dal valore normativo, secondo quanto già chiaramente affermato nell'articolo 16 della Dichiarazione del 1789, ma è anche l'esito del rapporto molteplice e in continua trasformazione tra potere costituente e poteri costituiti.

Il Trattato costituzionale, proposto dalla Convenzione, recepisce come III parte, con semplici adattamenti lessicali, a volte peggiorativi, l'intero testo dell'attuale Trattato CE, che articola le politiche dell'Unione: questo non può né deve essere elevato a rango di un testo costituzionale, non avendone né il “tono” né il contenuto materiale. Allo stesso modo, riteniamo assolutamente inaccettabili i capoversi del Preambolo della II Parte, relativa all'inserimento nel testo del futuro Trattato della Carta dei diritti di Nizza - che prescrive metodi e limiti all'interpretazione della Corte di giustizia e dei giudici nazionali - e l'articolo II-52,5, che introduce un'antistorica distinzione tra “diritti” e “principi” al solo maldestro scopo di limitare l'espansione dei primi attraverso l'interpretazione del giudice e delle istituzioni comunitarie.

Quale programma di discussione e lavoro comune dei reseaux europei proponiamo, come semplici schemi e senza pretendere di esaurire tutte le rilevanti questioni aperte, di concentrare il lavoro di riflessione e mobilitazione (con vere e proprie campagne europee) su sette temi.

1.
L'Unione deve essere federalista: ciò implica il superamento di forme piramidali e centralizzate dei processi decisionali, in modo che le scelte collettive siano il frutto della partecipazione della cittadinanza e i diversi livelli non siano concepiti in modo gerarchico ma come livelli diversificati e interrelati – la democrazia multilivello – sempre garantendo che la deliberazione sia effettuata in modo democratico, controllato e trasparente. Per questo le esperienze di democrazia municipale, la pluralità istituzionale, le forme della rappresentanza democratica si intrecciano e hanno come base una società caratterizzata dall'attività di movimenti, associazioni, sindacati, partiti. Tanto più gravi risultano, allora, i limiti del processo legislativo come prefigurato dal Trattato che, se innova la nomenclatura dei provvedimenti (artt. I-32-38), non rende né trasparenti né più democratiche le procedure legislative e di revisione costituzionale (artt.I-25, III-302, IV-7, che razionalizzano le procedure del Trattato CE, v. agli articoli 249 ss.). Per quanto riguarda la politica estera e difesa rende ininfluente il Parlamento, mantenendo l'unanimità del Consiglio su queste materie, e in relazione alle politiche economiche, mentre rende la Banca centrale responsabile della politica monetaria, non introduce una comune politica fiscale e di bilancio – così valgono, fin quando vogliono gli Stati più forti, le regole del patto di stabilità, di controllo dell'inflazione, di tagli alla spesa pubblica sociale.
È di assoluta rilevanza la modifica dell'art. IV-7 di revisione costituzionale che non deve più vedere gli Stati ‘padroni' di questa fondamentale competenza che deve essere trasferita al Parlamento europeo, che decide con procedure rafforzate. Quest'innovazione porrebbe fine all'epoca dei Trattati, aprendo la via a un'Unione sovranazionale.
La procedura legislativa deve essere democratizzata e il Parlamento ne deve divenire la sede competente, superando le barocche forme della codecisione (art.III-302) che danno al Parlamento solo un diritto di veto su una serie definita di materie, sia pure di rilievo. Il diritto di iniziativa legislativa deve essere condivisa a pieno titolo dal parlamento e non solo più monopolizzata dalla Commissione (art.I-25,2). Occorre introdurre forme di iniziativa legislativa popolare, oltre a quella delle istituzioni territoriali rendendo più incisive le misure previste dagli artt.I-46 e 47. È necessario trasformare il Consiglio dei ministri e il Consiglio europeo in una Seconda Camera, che rappresenti le diverse realtà territoriali, in modo da strutturare un vero e proprio sistema federale sovranazionale. In questo modo si supererebbe la commistione di potere esecutivo e legislativo che caratterizza le formazioni dei Consigli (art.I-23). La Commissione dovrebbe essere eletta e sottoposta alla fiducia delle Camere.
Forme di controllo, insieme a quelle di iniziativa legislativa popolare (art.I-46), e di accesso ai documenti, alcune delle quali peraltro già previste (artt.II-42 e II-27), dovrebbero definire un quadro di procedura legislativa democratica.

2.
La democrazia non è solo metodo decisionale (chi e come decide), è anche affermazione di valori universali, vincolanti per le tutte le istituzioni e gli organismi politici. Valori sottratti alle maggioranze a garanzia delle libertà e dei diritti della persona, che così è posta nelle condizioni di esercitare la propria autonomia e sviluppare il proprio progetto di vita senza intrusioni arbitrarie. La neutralità delle istituzioni politiche è un valore conquistato da secoli, per questo è lesivo del principio di laicità l'articolo I-51, che recepisce la Dichiarazione 11 del Trattato di Amsterdam. La libertà di religione è un diritto fondamentale che va garantito insieme con la libertà di coscienza, peraltro già accolti nella Carta di Nizza.
Se intorno al nucleo della dignità della persona, sancita dagli articoli I-2 e II-1, si articolano diritti inviolabili, propri delle tradizioni costituzionali europee, la pace non viene assunta come valore fondante della società europea. Pace non concepita solo per i popoli dell'Unione o dell'Europa – secondo una ristretta visione eurocentrica – ma concepita come nuova fondazione dell'ordinamento mondiale, in cui la guerra venga bandita, ripudiata, come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali. Per questo è necessario che sia aggiornato il concetto di pace come valore in costruzione e non solo al negativo come assenza di conflitto, come le Carte novecentesche hanno prescritto. Il pacifismo dei movimenti entra nel processo di costituzionalizzazione dell'Europa con quelle azioni di disobbedienza civile e di interposizione pacifica, laddove la guerra globale permanente e i conflitti scatenati in suo nome contro minoranze e civili imperversano e diventano i luoghi di costruzione del nuovo ordine globale. Ciò comporta la soppressione degli articoli I-15, I-39, I-40, e l'intero Titolo V della III Parte.

3.
L'articolo I-8 lega ancora la cittadinanza allo Stato nazionale come stabilito già dal Trattato di Amsterdam (ora art. 17 Trattato CE), e nella parte III si delineano le politiche ‘securitarie' nei confronti dell'immigrazione. Gli Stati recuperano su questo cruciale terreno il ‘monopolio della violenza' e le politiche d'identità fondate sull'individuazione del nemico nella/nel migrante. Così si concepisce una ‘democrazia europea' dimezzata, e in più ferita a morte dal ‘razzismo”, che definisce chi è cittadino e chi no: non può essere democratica una società che relega a uno status inferiore milioni di persone che vivono in Europa. Per questo la lotta per una cittadinanza di residenza, plurima e flessibile, è fondamentale per la democrazia europea, tenendo conto che essa è solo il punto di partenza in un'Europa della cittadinanza globale che rinunci per sempre allo jus sanguinis e allo jus soli. A tutte/i le/i migranti vanno garantiti i diritti fondamentali civili e sociali, a cominciare dal diritto all'emigrazione e al rientro nel territorio d'origine: a chi lo chiede, poi, va garantita la cittadinanza e l'esercizio di tutti i diritti politici. Il diritto d'asilo va garantito ampliando lo spettro delle possibilità (da quelle di oppressione politica alle situazioni di guerra, di calamità e disastri ambientali, alle persecuzioni causate dalle scelte sessuali, alla violazione dei diritti della persona). L'Europa deve essere multietnica, multiculturale, meticcia, rispettosa dei diritti delle minoranze – laboratorio della cittadinanza cosmopolita in netta antitesi con quanto previsto dagli articoli III-166-169. La Convenzione internazionale sui lavoratori migranti e le loro famiglie può essere una base di riflessione e di mobilitazione (Convenzione sui migranti, artt. 8-56).

4.
L'uguaglianza è stata, nelle ultime redazioni del Trattato, assunta tra i valori fondamentali, declinata però solo sotto l'aspetto sia pur importante delle pari opportunità. La questione rimane quella di intenderla e praticarla anche come differenza di genere, perché solo così una serie di fenomeni e comportamenti possono essere combattuti e superati. Nella famiglia anche nell'evoluta Europa dominano forme di patriarcato, di divisione sessista del lavoro (e del non lavoro), viene ancora disconosciuta la specificità femminile nella riproduzione della vita, sul corpo della donna vengono ancora esercitate forme di dominio che ne opprimono l'autonomia e la libertà. Nell'Europa multietnica la garanzia della libertà e dell'autonomia hanno bisogno non solo di ‘parità' ma di politiche della differenza, per eliminare i fenomeni che sono stati chiamati di missed women, a livello sociale e spesso a livello fisico. Giudit propone una formulazione centrata sul “diritto fondamentale all'uguaglianza di statuto della donna e dell'uomo in tutte le sfere della vita politica e sociale”. Può essere un'indicazione per una formulazione più ampia capace di prescrivere un'uguaglianza ‘sessuata' (Lidia Menapace).

5.
I diritti fondamentali universali, civili e sociali, devono essere un attributo della persona, a prescindere dalla sua collocazione nel processo lavorativo: occorre andare oltre il welfare lavoristico e garantire a tutti/e i diritti della persona (libertà di movimento, di espressione, di sicurezza …..), quelli all'educazione, alla salute, alla previdenza, alla formazione permanente, all'abitazione, alla partecipazione alla vita sociale e politica,– elementi di base della dignità della persona. Il basic income europeo è elemento basilare della cittadinanza e della possibilità di sottrarsi al dominio delle ‘leggi' del mercato del lavoro e di garantire a tutti/e una vita decente.

6.
Il diritto del lavoro è stato ‘sovvertito' dalle politiche liberiste, creando ormai un vero e proprio workfare che fa precipitare di nuovo il/la lavoratore/trice in un rapporto di pura forza nel mercato, dove ritrova solo la sua debolezza, sopperita nel Novecento dal diritto del lavoro emancipatosi dalla disciplina commercialista (dove lo si vuole di nuovo ricondurre). L'occupabilità è divenuta la parola magica per spezzare le solidarietà del lavoro e far divenire il lavoratore ‘imprenditore di se stesso': la mercificazione della persona si ripresenta nel capitalismo globalizzato – il migrante può restare solo fin quando ha un contratto di lavoro, il nativo è divenuto precario a vita: l'insicurezza è la frusta per accettare modi e salari ‘imposti' dalla competitività globale. L'individualizzazione del rapporto di lavoro è l'obiettivo delle ‘riforme' del mercato del lavoro: la moltiplicazione delle forme contrattuali – specchio dei processi produttivi flessibili, decentrati, diffusi sul territorio – frammenta il mondo del lavoro e rende sempre più difficile la difesa e la crescita del salario, così come della qualità della vita e del lavoro. Nella Costituzione europea, coerentemente con gli auspici dell'Unione Europea sulla promozione della “società della conoscenza” dovrebbero esser scritti i diritti inerenti all'intero arco di nuove garanzie per le forme di lavoro immateriale e le diversificate forme di sfruttamento della merce-conoscenza e della merce-informazione, la risorsa più preziosa del nuovo millennio, sottoposta oggi alla totale deregolamentazione e all'arbitrio della proprietà intellettuale. L'intreccio di lavoro e non lavoro, tra formazione e lavoro, la differenziazione della tipologia contrattuale richiedono un vero e proprio Statuto europeo del lavoro, capace di offrire strumenti di garanzia e di democrazia – occupazione, licenziamento, orario, flessibilità, salario, rappresentanza e democrazia sindacale…. Sono capitoli che vanno scritti in lingua europea.

7.
Il movimento antiliberista nasce e si sviluppa su questioni globali e coinvolge i popoli dell'intero pianeta: è un movimento che può e deve affrontare i temi della società sostenibile, base necessaria di una società giusta. Le crisi ambientali mettono in pericolo le stesse basi della sopravvivenza del genere umano: la crescita illimitata, caratteristica del capitalismo, fa sì che il Nord del mondo – 600 milioni di persone –usi risorse naturali in modo distruttivo e consumi in modi insostenibili per gli equilibri della biosfera – a danno degli altri 5 miliardi e mezzo di persone del Sud del mondo. La spoliazione delle risorse fisiche del pianeta è uno dei moventi della guerra globale permanente. Terra, clima, risorse energetiche e minerali, acqua sono oggetto di conflitti e cause di guerra, e al tempo stesso possono essere gli assi di una lotta globale per la sostenibilità ecologica, che veda insieme popoli nativi, contadini, lavoratori, del Sud e del Nord del mondo. Sovranità alimentare con produzioni biologiche, acqua ed energia come beni comuni, produzioni e consumi legati ai cicli naturali, manutenzione del territorio sono le scelte di fondo, da costituzionalizzare a livello europeo, per trasformare un modo di produzione ingiusto socialmente e insostenibile ecologicamente.
Nella sua Carta costituzionale l'Unione Europea deve prevedere come obiettivo quello di porre fine all'appropriazione ineguale e distruttiva delle risorse del pianeta e contribuire alla realizzazione di sedi democratiche a livello globale, finalizzate a impedire processi di spoliazione da parte dei paesi e dei poteri economici più forti, nei confronti del resto del mondo.


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