FinestraSud

La testimonianza di un seminarista

Ma chi sono i comboniani di Castel Volturno?

10 settembre 2003
Alessandro Mancini

Eccomi davanti alla casa dei comboniani

Alessandro, 25 anni, seminarista al secondo anno di filosofia presso il Pontificio Collegio Leoniano di Anagni. Da qualche giorno mi trovo qui a Castel Volturno insieme col mio amico Andrea, seminarista anche lui, e condivido la vita dei padri comboniani. Sono qui da poco, ma l’aria che si respira e lo spirito che anima Padre Giorgio e Padre Claudio è palese fin dalle prime ore.

Loro ci credono davvero!

La prima cosa che ho apprezzato conoscendo Padre Giorgio e Padre Claudio è che loro in quello che fanno ci credono davvero e non si risparmiano nel loro lavoro. Vivono in una realtà complicata, hanno a che fare con persone con cui non sempre è facile relazionarsi, perché ferite dalla crudeltà dell’uomo, in particolare dell’uomo bianco. Eppure sono lì. Fino a pochi giorni prima avevo partecipato a convegni o esperienze simili, e mi ero trovato in alberghi, seminari, luoghi decisamente confortevoli. A pranzo con i Padri Comboniani poche cose, umili, in un posto dove il necessario non manca ma è tutto lì. Eppure, la stessa fede, la stessa gioia nel benedire il cibo, nel pregare il Signore, nel vivere oserei dire di provvidenza. Loro non se ne curano, loro amano davvero gli immigrati, e credono in un modo a dir poco contagioso. I loro volti tradiscono la stanchezza di giorni interi di lavoro, io e Andrea li aiutiamo come possiamo, e appena arrivati ci affidano un compito: un paio di giorni a Capri.

In missione a Capri

Capri terra di missione? Si dico io, e in vari sensi! Ci siamo recati sull’isola per aiutare Padre Claudio che voleva sensibilizzare la gente al problema dell’immigrazione e della prostituzione e raccogliere dei fondi per il lavoro dei comboniani. Abbiamo celebrato la messa. Durante la celebrazione guardavo l’assemblea dei fedeli. Abiti costosi, gente nobile, gente importante. Che contrasto con la realtà di Castel Volturno! La sera mentre giravo per la città, negozi di grandi marche, viottoli curatissimi, eleganza e pulizia ovunque. Quanto lontane quelle persone dai problemi di Castel Volturno, dei poveri, degli ultimi! Quanta superficialità, quanta vanità! Per un’elemosina ricevuta ci si sente dire – Io la mia parte l’ho fatta! -. La coscienza è a posto?

Cosa porterò a casa

Qui si vede cosa vogliono dire le parole: essenzialità, amore per gli ultimi, fraternità, fiducia, condivisione, umiltà, miracolo. Si, miracolo, che è grande in un cuore che si converte, in una ragazza tolta dalla strada che da alla luce un figlio, figlio di un cliente? Figlio di Dio prima di tutto! God Son è anche il nome di uno degli splendidi bambini nati da poco! E poi porterò a casa gesti, volti, parole, ricordi che mi accompagneranno sempre, anche perché sono certo che il mio rapporto con i padri comboniani che ho conosciuto, non finirà con la mia partenza.

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