Il grido dei poveri - Medicina sotto un'altra luce, per un approccio nonviolento.

Cura della natura e omeopatia, per guarire senza farmaci

Da Mohandas Gandhi a Samuel Hahnemann: un'idea di salute positiva legata indissolubilmente a quella di pace. Scienza medica e scienze della pace hanno bisogno di una diversa diagnosi, prognosi e terapia delle patologie individuali e sociali. Una salute positiva, preventiva, olistica, che curi la persona e non solo la malattia. Una pace positiva che educhi l'umanita alla nonviolenza e alla soluzione creativa dei conflitti, agendo sulle cause della violenza diretta: la violenza strutturale e culturale.
5 ottobre 2004
Matteo e Mariella Della Torre (Direttore e redattrice del mensile di riflessione nonviolenta Il grido dei poveri)
Fonte: Il grido dei poveri

Gandhi cammina durante il suo viaggio in inghilterra

Esiste una concezione della salute intesa come assenza di sintomi, che monopolizza il mondo della medicina convenzionale ed incontra larghi consensi tra la gente. La chiameremo salute negativa. La medicina ufficiale considera sano il soggetto che non presenta sintomi rilevabili da osservazioni esterne. Il sintomo è un evento statico nel quale il concetto di malattia si esaurisce completamente.
Solo chi ha dei sintomi evidenti può considerarsi malato. La terapia medica allopatica, dunque, ha come scopo il ripristino della salute attraverso la soppressione farmacologica o chirurgica del quadro sintomatologico.
Alla salute negativa possiamo associare l’idea, altrettanto diffusa, di pace negativa come assenza di guerra, e più in generale di violenza diretta, che è semplicistica e superficiale come il sughero ed è sintetizzata nell’aforisma se non c’è guerra, c’è pace. Salute negativa e pace negativa, di fatto, si rivelano inefficaci e distruttive, autoriducendosi a contrastare l’evento acuto (sintomo/violenza diretta) ed ignorando il processo causale che lo determina (violazione delle leggi naturali/violenza strutturale e culturale). Esse risultano intrinsecamente violente, sofisticate e molto costose. L’una e l’altra (il sistema sanitario e militare) assorbono e consumano enormi risorse economiche in apparecchiature diagnostiche, farmaci e strutture sanitarie, apparati ed arsenali militari.
Per fare guerra al virus, al batterio, al dolore, alla malattia e sopprimere i sintomi nel più breve tempo possibile, ma essenzialmente aggredendo la persona, la medicina convenzionale e materialistica fa ricorso ad un fiume in piena di medicinali e sostanze chimiche: analgesici, antibiotici, antipiretici, mucolitici, antinfiammatori, ansiolitici, antistaminici, antispastici, broncodilatatori, antiacido, antidepressivi, decongestionanti, anticoagulanti, vasodilatatori, antimicotici, diuretici, lassativi…, miliardi di pillole, fiale, gocce, sciroppi, pomate, supposte…
Similmente, l’umanità ha delegato allo strumento militare la soluzione dei conflitti intra/internazionali. Un apparato mortifero di mercenari e coscritti, bombardieri, intercettori invisibili, carri armati, elicotteri, missili “intelligenti”, missili nucleari, bombe a grappolo, cannoni, portaerei, sommergibili atomici, mitragliatori, bazooka, mine antiuomo e anticarro…, diffonde nel mondo il contagio macabro dell’imbecille ritualità guerriera, e l’illusione di una soluzione positiva e duratura dei conflitti con l’utilizzo dello strumento militare.
La salute negativa è uno dei più grandi business al mondo insieme a petrolio, armi, automobili, pubblicità e droga. In quanto industria, il sistema farmaceutico-industriale-sanitario mercifica la malattia, sforna terapie, medicine, sofisticate indagini di laboratorio che necessitano, ovviamente, di nuove diagnosi, di malattie inesistenti, piegando alle ragioni del profitto le paure dei malati, ridotti al ruolo di consumatori passivi di prodotti e prestazioni sanitarie.
La medicina ufficiale adopera un linguaggio violento e militaresco. La malattia è causata da aggressioni esterne, da invasioni di virus, batteri, inquinamento, ecc. Pertanto, va contrastata con le armi dell’arsenale chimico della moderna farmacopea industriale.
Gli assiomi della salute negativa generano una medicina funzionale alla malattia che produce una serie infinita di patologie iatrogene, la cui causa diretta è da ricercarsi nel sistema medico e farmacologico, che innescano una dinamica involuta di peggioramento dello stato generale di salute della società.
Non possiamo tacere che nei paesi occidentali, altamente medicalizzati, milioni di persone muoiono ogni anno per gli effetti collaterali delle medicine assunte, prescritte senza adeguato discernimento, e che si rivelano inefficaci per la patologia che intendevano “curare”, oltrechè nocive; che il 95% degli esami di laboratorio è inutile; che il 35% dei ricoveri in ospedale è conseguenza di danni prodotti dai medicinali stessi, che i trattamenti aggressivi come le radiografie, la radioterapia e certi interventi chirurgici (molto spesso eseguiti senza reale necessità) producono conseguenze dannose per la salute.
Alcuni esempi.
* Allen Roses, vicepresidente della linea genetica della GlaxoShithKline, una delle più grandi aziende farmaceutiche al mondo, afferma che "la stragrande maggioranza dei farmaci - più del 90% - funziona solo nel 30-50% degli individui". 1
* Gli antibiotici, prescritti molto spesso anche per infezioni virali (raffreddore, influenza, herpes, gastroenterite…), sono inefficaci contro i virus, ma vengono usati comunque per prevenire l’insorgere di infezioni batteriche secondarie che molto spesso non richiedono alcun tipo di trattamento, perché il corpo le combatte naturalmente. Il premio Nobel per la medicina 1985 Albert Sabin (scopritore del vaccino anti-polio), in merito, scriveva: “somministrare antibiotici per prevenire infezioni secondarie è inutile, perché la soppressione di batteri suscettibili all’antibiotico favorisce la moltiplicazione di germi resistenti con la possibilità di nuove infezioni, che poi sono molto più difficili da trattare”. 2
* I risultati di anni di ricerca presso l’Istituto Nazionale oncologico tedesco hanno evidenziato un’aspettativa di vita media di 3,5 anni per i malati di cancro sottoposti a terapie convenzionali (chemioterapia e radioterapia); mentre coloro che non hanno fatto uso di alcun tipo di terapia ufficiale sopravvivono in media 12 anni. 3
C’è, infine, il business della diagnosi precoce. Niente di più deletereo per la salute, perché come Gandhi sosteneva: “la paura della malattia causa più morti che non la malattia stessa”. 4 Si instilla la paura nella gente e si propongono gli esami clinici più complicati e costosi: ecografie, TAC, mammografie, Raggi X, scintigrafie, biopsie…, ai quali le persone, smarrite e timorose, si sottopongono obbedienti confidando ciecamente nella “competenza” della classe medica. La predizione, rievocata e rinfocolata dalla paura della malattia, col tempo non può che autoavverarsi, e il malcapitato, al termine di questo processo, potrebbe si ammalarsi davvero della malattia preannunciata dal “menagramo” in camice bianco.
Ecco in estrema sintesi quali sono gli effetti perversi di una medicina centrata sui sintomi.
Diametralmente opposto alla dottrina medica allopatica è l’approccio olistico alla salute positiva.. Qui il corpo non è studiato a segmenti, nè sezionato da ingegneri e meccanici della sanità, non è una macchina rotta da riparare, ma un sistema di complesse interrelazioni corpo/mente/anima.
La salute positiva non teme la complessità, non nega, al contrario della medicina materialistica e scientista, le variabili intangibili della dimensione umana, e il dualismo somatos/ànemos è superato in una visione dinamico/sistemica della vita. Il fondamento della medicina olistica (dal greco hòlos = tutto intero) non è la malattia, bensì la persona presa in considerazione nella sua integralità di corpo, mente (dimensione materiale) e anima (dimensione spirituale). Da ciò scaturisce un diverso modo di affrontare le patologie sanitarie, che non si limita all’analisi dei sinomi, ma risale alle cause prime che le hanno generate, e che hanno prodotto un’alterazione dell’armonia nella vita dell’individuo. I sintomi sono dei chiari messaggi inviati dalla persona che evidenziano l’esistenza di un problema profondo.
Se un uomo ha rinunciato a coltivare la dimensione spirituale dell’esistenza, rifugiandosi nella prigione dorata dell’ambizione e dell’egoismo materialista; se vive il lavoro come competizione/performance ed è ossessionato dalla carriera; se dorme solo qualche ora a notte, mangia in un fast-food in pochi minuti e per digerire assume una compressa di antiacido, beve 5 caffè e fuma 3 pacchetti di sigarette al giorno; se scandisce i suoi spostamenti in termini di casa-automobile-ufficio-automobile-casa; se ha da tempo rinunciato alla vita familiare, litiga spesso con la moglie e si disinteressa dei figli; se ha paura di ogni perturbazione delle sue sicurezze e, alla sera, per addormentarsi avrebbe bisogno di un tranquillante e persino davvero lo prende, costui vive in una condizione di malattia asintomatica. Prima o poi le esigenze represse dello spirito emergeranno in una malattia conclamata, ad esempio, una grave patologia epatica. (Caso A)
Immaginiamo, ancora, un operaio, lento nel parlare e nell’agire, sospettoso, insofferente, irascibile e violento, poco attento sul lavoro, grande fumatore, dispotico in famiglia, che, ad un certo punto della sua vita, è licenziato dall’azienda dove lavora, e come diretta conseguenza si separa dalla moglie e perde i suoi 5 figli. Diventa ancora più ansioso e litigioso. Per una rissa in un bar viene arrestato. Alcuni anni dopo il licenziamento è colpito da una grave affezione epatica. (Caso B)
Il paziente A e il paziente B vanno da un “medico-burocrate” che prescrive per la stessa malattia il medesimo farmaco a due persone completamente diverse. Questo può accadere solo astraendo il caso patologico (il paziente) dal suo contesto di vita: sono generalizzazioni insidiose. Il positivismo della medicina allopatica, negando la dimensione spirituale ed intangibile della vita, non attribuendo rilevanza alcuna alle cause scatenanti, agli stili di vita, quindi al terreno su cui germina la malattia, risulta monco, riduttivo, e alla lunga, inconcludente e perfino dannoso.
Salute e malattia sono concetti dinamici. Supponiamo che essi si muovano su di un asse orizzontale graduato da –10 (malattia mortale) a +10 (perfetta salute), passando per i valori intermedi di malattia acuta grave (-8), malattia cronica (-5), malesseri acuti (-1), malattia asintomatica (0), salute accettabile (+1), benessere crescente (+5). La vita di un uomo è un perpetuo oscillare sul continuum salute/malattia. La medicina alternatica non si limita a ripristinare nella persona lo stato di salute favorendo i processi di autoguarigione del corpo, ma, agendo sul terreno, promuove anche un maggiore benessere generale.
Allo stesso modo, la pace positiva, nell’analisi di una patologia sociale nelle tre dimensioni micro/meso/macro, non si fermerà ad osservare la dimensione epigea del fenomeno, cioè il tronco e la chioma dell’albero, l’evidenza della violenza diretta, ma scaverà nel profondo per cercare le radici del problema, al quale offrire risposte semplici e praticabili per rimuovere la violenza strutturale e culturale sottesa al conflitto in corso, con i tempi lunghi e le modalità che la caratterizzano. Ciò determinerà risultati stabili e di duratura soddisfazione tra le parti che erano in conflitto.
La Cura della natura, praticata con zelo religioso da Mohandas Gandhi, è parte essenziale della salute positiva. In essa il principio fondamentale è che “la malattia nasce da un’infrazione, intenzionale oppure inconsapevole, delle leggi della Natura”. 4
La salute era tra gli aspetti della vita interessati dalle ricerche e sperimentazioni nonviolente del Mahatma, il quale considerava il corpo “tabernacolo” di Dio e strumento da mantenere in perfetta efficienza per poter meglio servire il suo Creatore. Nella cura della natura, quindi, l’aspetto spirituale prevale su quello materiale e l’esercizio delle virtù è premessa indispensabile della salute i cui capisaldi sono la vita semplice, la preghiera e il digiuno.
Una vita attiva e laboriosa che coltivi lo spirito e le virtù, che nutre il corpo per mantenerlo in forma era per Gandhi la via migliore per conservare la salute. Fermamente contrario all’uso di medicine e diffidente nei confronti dell’allopatia, egli affermava che, “999 casi su 1000 possono essere guariti tramite una dieta ben regolata”. 5
Dopo aver osservato per anni se stesso, i suoi familiari e i compagni degli ashram, Gandhi era giunto alla conclusione che se si violano le leggi benigne della natura, ci si espone alla malattia. Chi trasforma con l’abuso del cibo il suo stomaco “in una latrina che porta in giro con sé”, 6 chi vive una vita di preoccupazioni terrene, lussi e vizi, chi trascura di lavorare con il corpo e di fare adeguato esercizio fisico, vedrà il suo corpo indebolirsi progressivamente ed esporsi così ad ogni tipo di malattia. Le affermazioni di Gandhi sull’origine delle malattie sono solo parzialmente condivisibili, poiché possono ingenerare negli individui dinamiche di colpevolizzazione eccessiva. C’è da aggiungere, per dovere di completezza, che la Cura della natura gandhiana, pur essendo valida nella prevenzione, nella risoluzione delle malattie causate da errori dietetici, e come coadiuvante nelle manifestazioni acute, non è altrettanto efficace per il trattamento delle malattie croniche, perché essa non prende in considerazione la teoria omeopatica hahnemanniana dei miasmi – cioè le tre manifestazioni di malattie croniche classificate come psora, sifilide e sicosi - che sono all’origine di predisposizioni a determinate malattie trasmesse geneticamente.
La componente trans-generazionale delle malattie concorre a relativizzare l’atteggiamento deterministico che fa coincidere perfettamente l’errore, la disobbedienza alle leggi naturali, con la malattia escludendo ogni altra variabile indipendente dalla volontà dell’individuo.
I consigli di Gandhi restano, comunque, un aiuto prezioso, una guida insostituibile per orientarsi nalla difficile arte del governo di sé, che sicuramente riduce drasticamente la possibilità di insorgenza di malattie.
Un invito deciso, dunque, ad assumersi la responsabilità personale riguardo alla salute. Laddove la medicina moderna, figlia legittima di una cultura accentratrice e deresponsabilizzante, ci induce al fatalismo e alla rassegnazione, la nonviolenza ci sprona a riprenderci il timone per essere protagonisti del nostro benessere.
Ivan Illich nel suo libro “Nemesi medica” sottolinea il rischio di una gestione della medicina delegata ai soli specialisti, che espropria i cittadini del diritto di curarsi da soli. Il solo ruolo rimasto oggi al malato è quello di essere un “docile cliente”.7 Come non constatare il fallimento relazionale medico/paziente della medicina burocratizzata? Trovare un medico umano, comunicativo, gentile o anche solo che mostri un contegno rispettoso della dignità del paziente, è un evento raro. Le eccezioni confermano la regola. La gente, frustrata e stanca, comincia a volgere lo sguardo altrove. Dati ISTAT attestano che 9 milioni di cittadini italiani (15,6% della popolazione) sono approdati alla medicina alternativa. E’ materia sufficiente perché la medicina ufficiale avvii una riflessione seria e critica.
Per Illich la “struttura medica è il maggior nemico della salute”. 8
Sfatiamo, una volta per tutte, il mito secondo cui il comparto farmaceutico-industriale e la ricerca scientifica medica si adoperano per tutelare la salute e il benessere della popolazione mondiale. Il loro compito è vendere medicinali e cure mediche per produrre profitti; ergo, più malati ci sono, più le loro malattie si complicano e si cronicizzano, più si vende! In questo ordine di cose i medici sono i procacciatori di affari dei colossi multinazionali del farmaco e i farmacisti “spacciatori” di medicinali. E il paziente è nel mezzo, insoddisfatto e abbindolato.
Da Gandhi ci viene l’invito al decentramento, alla responsabilità, alla non delega, all’essere medici di se stessi, alla semplificazione. La complessità è funzionale al controllo e alla dipendenza della maggioranza dalle élite, la semplicità restituisce invece controllo e potere agli individui.
L’uomo, per mantenersi in salute, ha bisogno di osservare delle semplici regole:
Esercizio fisico quotidiano e vita all’aria aperta.
I moderni stili di vita sempre più artificiali sono all’origine delle malattie del progresso. La sedentarietà di quanti lavorano ad una scrivania e a sera si abbandonano su un divano dopo un pasto sostanzioso rappresenta l’anamnesi perfetta di una società di futuri malati.
Ed è per queste ragioni che Gandhi considerava perfetto il lavoro del contadino. “La vita dell’agricoltore c’insegna che dobbiamo lavorare almeno otto ore al giorno, e questo sforzo fisico dev’essere accompagnato dal lavorio mentale”.9
Chi non è agricoltore può sopperire alla mancanza di attività fisica con delle lunghe passeggiate, alla maniera di Henry David Thoreau, il quale camminava per ore ogni giorno. “Camminare per un miglio, o due, non si chiama nemmeno camminare; ci vogliono almeno dieci o dodici miglia perché la fatica compiuta riesca efficace”.10
Chi ha avuto modo di confrontarsi con differenti culture non industrializzate può testimoniare quanto sia ritenuta strana l’abitudine, tutta occidentale, di fare ginnastica. Altrove, nei paesi cosiddetti del sottosviluppo, la gente mantiene il fisico tonico ed in forma lavorando e camminando. Noi popoli occidentali, invece, siamo diventati esseri pigri e flosci, abbiamo disimparato a camminare, l’automobile ha preso il posto delle nostre gambe e la usiamo oramai quasi come una protesi per la deambulazione. Poi, però, siamo disposti a spendere molti soldi per dimagrire in palestra. Stiamo facendo violenza a noi stessi, stiamo minando serimente la nostra salute. La morfologia umana rivela chiaramente che l’uomo è un essere deambulante. “Camminare è la forma di attività fisica più sana, quella che ha maggiori possibilità di mantenere il sistema di guarigione in buono stato e di aumentare le probabilità di una guarigione spontanea in caso di malattia”. 11
Corretta ed equilibrata alimentazione
Il cibo ha innegabili effetti sulla salute, che non vanno sottovalutati. Gandhi insegnava la frugalità nel mangiare aiuta a mantenere il corpo in buona salute.
E invece “io mangio troppo: soffro di indigestione, vado da un medico, lui mi dà delle medicine, sono guarito. Mangio troppo di nuovo, di nuovo prendo le pillole. Se non le avessi prese, in primo luogo, avrei sofferto la punizione che meritavo, e non avrei mangiato troppo una seconda volta. Il medico è intervenuto e mi ha aiutato a viziarmi”. 12

Il digiuno è parte integrante di una sana alimentazione. La Cura della natura consiglia di digiunare un giorno alla settimana, per consentire all’organismo di riposare e destinare le energie accumulate alla disintossicazione del corpo. Il digiuno fortifica il sistema immunitario e favorisce anche i processi di autoguarigione, perchè con la digestione il corpo consuma preziose energie che andrebbero indirizzate a debellare una malattia in corso. La via più veloce per guarire dall’influenza o dai raffreddori è quella di non porre ostacoli al potere autocurativo del corpo. Mettersi a riposo e a digiuno risolvono spontaneamente e in pochi giorni la maggior parte dei malesseri.
Riscoprire la dimensione spirituale della vita
Il processo di autoguarigione dalla malattia per Gandhi inerisce principalmente il “regno dello spirito”. Nella purezza del cuore, del dominio di sé e nell’autodisciplina di vita egli vedeva la via sicura che porta alla salute integrale e profonda.
E’ evidente che la cura della natura non è una prescrizione medica, ma uno stile di vita; è prevenzione ed anche educazione su alcuni semplici accorgimenti per vivere in buona salute. “Colui che esercita la cura della natura - scriveva Gandhi - non ‘vende’ una cura al paziente. Gli insegna il modo giusto di vivere a casa sua, che non solo lo guarirebbe dalla sua particolare malattia, ma lo proteggerebbe dall’ammalarsi nel futuro”. 13
Ci permettiamo di suggerire al lettore una revisione dell’approccio personale alla malattia, che non è una sventura, come i più la considerano, ma uno stop, una preziosa occasione per rientrare in se stessi e rileggere la propria vita.
In caso di malattia, prima di tutto, applicare con fiducia il consigli pratici della cura naturale. Se ciò non bastasse, rivolgersi all’omeopatia che, al contrario di quanto possano sostenere i suoi detrattori, è dotata di enormi possibilità di successo nella cura delle persone. Soltanto dopo aver esperito queste possibilità, senza esito positivo, come ultima chance, si dovrebbe fare ricorso alla chirurgia. (direzione di cura A)
L’omeopatia, comunque, riduce drasticamente il numero dei casi patologici per i quali sarebbe necessario un intervento chirurgico.
Nel mondo occidentale, la stragrande maggioranza dei pazienti, invece, segue passivamente una direzione di cura inversa. Ci si ammala e si va dal medico di famiglia che prescrive medicine chimiche, le quali, prima o poi, generano malattie iatrogene, i cui effetti negativi richiedono ulteriori cure mediche, oppure ricoveri in ospedale ed interventi chirurgici. Solo alcuni di coloro che non ce la fanno più, i più coraggiosi, come tentitivo estremo, si rivolgono all’omeopatia, da cui desiderano, a quadro clinico ormai compromesso, il miracolo. L’omeopatia, tantissime volte, riesce comunque a guarire il malcapitato. (direzione di cura B)
Per concludere, un accorato appello ai medici di buona volontà.
Non dimenticate che anche voi siete degli educatori il cui compito è di risvegliare in ogni paziente il potere personale di autoguarigione, perché, come scriveva il medico Albert Schweitzer (1875-1965) “in ogni paziente c’è un medico e l’obiettivo principale di noi professionisti dovrebbe essere quello di stabilire un contatto tra il paziente e il medico che vive in lui”. 14
Mettetevi in crisi, lasciate andare la paura, dimenticate per un attimo l’indottrinamento accademico che inquadra le menti, e con umilta socratica acquisite la consapevolezza di non sapere. Prendete esempio dallo scopritore dell’omeopatia, Christian Samuel Friedrich Hahnemann (1755-1843), medico affermato con alle spalle numerose pubblicazioni scientifiche che, ad un certo punto della sua storia professionale, entrò nella sala d’aspetto del suo studio medico ed invitò i pazienti ad adarsene, dicendo loro: “Amici miei, potete andarvene di qui, io non so purtroppo alleviare le vostre sofferenze, non so guarirvi, non voglio rubare quindi il vostro denaro”.
Impariamo dal coraggio dei grandi uomini. Incominciamo a ragionare serenamente e senza pregiudizi sull’omeopatia, che ha le carte in regola per divenire la medicina del terzo millennio.
I primi segnali di questa tendenza sono già chiaramente ravvisabili. In Italia, 2 milioni e mezzo di persone ormai si curano omeopaticamente e il trend è in crescita. Ogni paese d’Italia ha diritto ad un bravo omeopata. E’ una questione di pluralismo democratico. Chi di voi oserà sfidare le leggi della maggiornaza ed intraprendere questo cammino formativo per poi essere additato come “eretico” e traditore dai propri colleghi e con coraggio entrare nella condizione di solitudine tipica degli omeopati? Ma, in un mondo che venera come idoli i moderni dettami di tecnologia e scienza, in cui il pensiero unico uniforma in un’enorme onda cerebrale differenze ed aneliti, ricacciandoli negli inghiottitoi della coscienza collettiva, dobbiamo constatare che l’unica speranza di un futuro migliore è riposta nella forza sovversiva dell’eresia, nella parola e nell’esempio degli eretici, di coloro che osano sfidare i diktat delle autorità tecnologico-scientifico-economiche e gli imperativi del conformismo.

Matteo e Mariella Della Torre
sarvodaya@libero.it

Note

1. Connor, Steve, "Glaxo chief: Our drugs do not work on most patients", in The Independent, 8 dicembre 2003.
2. “Il Medico d’Italia”, nn. 52-53, dicembre 1985.
3. Kremer, Heinrich, Sistema immunitario e vaccinazioni, Macro Edizioni, Diegaro di Cesena (FC), 2003, p. 63, 65.
4. Gandhi, Mohandas, La cura della natura, Libreria Editrice Fiorentina, Firenze, 1984, p. 40.
5. ibidem, p. 46.
6. Gandhi, Mohandas, Guida alla salute, Edizione dell’Istituto italiano di igiene, previdenza ed assistenza sociale, Roma, 1925, p. 50.
7. Illich, Ivan, La convivialità, Red Edizioni, Como, 1993, p. 58.
8. Illich, Ivan, Nemesi medica, Red Edizioni, Como.
9. Gandhi, Mohandas, Guida alla salute, op. cit., p. 53.
10. ibidem, p. 15.
11. Weil, Andrew, Guarire da soli, Mondadori, Milano, 1996, p. 233.
12. Gandhi, Mohandas, La cura della natura, op. cit., p. 15.
13. Gandhi, Mohandas, Harijan, 7-4-1946.
14. Lockie, Andrews; Nicolas Geddes, Il nuovo libro della omeopatia, Mondadori, Milano, 2001, p. 7.

Note: Note sull'autore: http://db.peacelink.org/tools/author.php?l=sarvodaya
Note sulla Casa per la nonviolenza: http://db.peacelink.org/associaz/scheda.php?id=1155

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