Latina

Brasile: Vaticano contro Daniela Mercury, lotta contro l'AIDS

26 novembre 2005
Gennaro Carotenuto


Confesso di essere parziale quando parlo di Daniela Mercury, la grande
bahiana, la regina del carnevale di Bahia. Ricordo un suo concerto
all'autodromo di Jacarepaguá a Río de Janeiro quando tenne 200.000
persone a ballare fino alle sei di mattina. E per chi mi conosce, non
succede che balli tanto spesso fino alle sei di mattina. Solo lei o
quasi (e Río, e il Brasile, e la compagnia, confesso) poteva trascinarmi.

Daniela Mercury, che si dichiara cattolica ed è impegnata da sempre con
il vescovato di Bahia, oltre che come Ambasciatrice dell'Unaids e
dell'Unicef, doveva essere la grande stella del concerto di Natale in
Vaticano.

Doveva essere perché il Vaticano ci ha ripensato. La colpa di Daniela
Mercury? Avere aderito come testimonial alla campagna del Ministero
della Sanità brasiliano per la lotta contro l'AIDS. In questa campagna
si promuove l'uso della "camisinha", il preservativo. Ce n'è abbastanza
per una scomunica. Una cattolica che dissente nel XXI secolo è una
cattolica scandalosa. La grande artista si è detta dispiaciuta ma ha
rivendicato il diritto a dissentire: "Per me il preservativo è uno
strumento di protezione della vita".

Sarà un caso ma una grande stella internazionale viene invitata per
tempo (anche con anni di anticipo) e le attività solidali di Daniela
Mercury sono pubbliche e conosciute. Non solo si colpisce una volta di
più irresponsabilmente la lotta all'AIDS, ma non può sfuggire che si
colpisce la chiesa cattolica di Bahia, e indirettamente quella di tutto
il Brasile. la più impegnata nel lavoro sociale e vicina da sempre al PT
di Luís Ignacio da Silva, detto Lula.

La svolta a destra (sic!) del nuovo papa può riportare il Vaticano
all'epoca della caccia alle streghe della prima metà del pontificato
wojtyliano quando proprio la chiesa brasiliana, la teologia della
liberazione, fu vittima di una guerra senza quartiere, isolata,
perseguitata, delegittimata, decapitata nei suoi pastori, ma non per
questo sconfitta nelle sue ragioni.

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