Latina

Guatemala: piccole storie ignobili

Un'azienda farmaceutica si oppone alla diffusione di farmaci tra i pazienti. E la Corte Costituzionale accoglie il ricorso, ma poi ci ripensa. Nel mentre, la maggior parte della popolazione non ha accesso al sistema sanitario.
23 ottobre 2006
Diego Brugnoni

Succede questo in Guatemala: in forza del diritto commerciale - supermercato dei diritti - la "Corte de Constitucionalidad de la República de Guatemala" riconosce ragione alla farmaceutica Lanquetin S.A., impresa privata appellatasi alla Corte proprio per denunciare la vendita ed impedire la distribuzione di quei medicinali che l'Instituto Guatemalteco de Seguridad Social (IGSS) aveva acquistato dall'Organizzazione Panamericana della Sanità; secondo la Lanquetin, e poi per la Corte Costituzionale, i farmaci più economici venduti dalla PAHO difettavano di registrazione sanitaria guatemalteca e doveva quindi esserne bloccata la diffusione. Da qui la mobilitazione dei familiari dei circa 6000 guatemaltechi affetti da patalogie croniche quali SIDA/AIDS, infermità cardiovascolari e del sistema nervoso centrale, sclerosi multipla e soprattutto insufficienza renale e cancro. Piccola storia ignobile, cantava Guccini: e d'ignobile c'è tutto, ma non il ripensamento della Corte, che - sollecitata dall'IGSS e dalle mobilitazioni dei familiari - ha rivisto la propria decisione e ammesso l'errore. I farmaci, va da sé, non difettavano d'alcun controllo sanitario di qualità.

Che quei farmaci non fossero farmaci qualunque, che fossero farmaci vitali, cambia il tono e il senso del discorso ma non lo stravolge. Perché impone una considerazione che vada oltre la notizia: su una popolazione totale fatta da 13 milioni di guatemaltechi, solo il 30% fruisce dell'assistenza sanitaria pubblica, perché solo il 30% può pagarsi l'assistenza sanitaria pubblica: e tra questi i 6.000 cittadini di cui sopra, la cui salute finisce in balia di avvocati, contratti, codici. Per gli altri ci penserà la Madonna.

Non servono molte indagini per capire che - in un conteso nel quale non c'è indicatore sociale esonerato dall'evidenziare una qualche disparità - l'assicurazione sanitaria sia in Guatemala un bene di lusso: basti dire, ma non basta, che se il 54% della popolazione è sotto la soglia di povertà, la media nasconde una ben più drammatica situazione delle popolazioni native, il cuore dell'America Latina; stesso discorso può valere per la mortalità materna ed infantile, per la denutrizione infantile (che riguarda il 72% dei bambini Maya nel primo anno di vita), per la quota d'analfabetismo, per il reddito medio, e per una copertura pensionistica privata ai 3/4 dei lavoratori (ma basterebbe chiedersi quanti arrivano alla pensione, di quei 3/4 perlopiù privi d'assistenza sanitaria). E se in Guatemala lavora da anni una brigata "Dottor Guevara de la Serna" fatta di chirurghi, psicologi, dentisti, ginecologi, ostetriche, infermieri, fisioterapisti, clinici, cardiologi e medici generali, sputatemi in faccia ma tra l'internazionalismo pacifico di una dittatura e il niente criminale di una democrazia criminale che non prova e non provoca imbarazzi per i genocidi di ieri e i crimini di oggi, non faccio fatica a scegliere. Incondizionatamente.

Poi c'è Condoleezza Rice, figlia legittima di una vomitevole amministrazione (per amore di chiarezza): vorrebbe, questa, che D'Alema si schierasse a favore del cui sopra Guatemala al Consiglio di Sicurezza dell'Onu. Da leggersi: fan meno rumore i desaparecidos guatemaltchi di una voce alternativa al blocco atlantico in sede ONU.

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