Latina

La centrale idroelettrica finanziata dal governo italiano ha contribuito all'indebitamento del paese andino

Ecuador: il progetto di Daule Peripa e le responsabilità italiane

Ancora oggi le popolazioni locali subiscono gli effetti prodotti dalla diga
6 aprile 2010
David Lifodi

La costruzione di dighe e centrali idroelettriche, con il conseguente business di appalti e commesse alle imprese che ne traggono enormi benefici, sta diventando uno dei settori più redditizi degli ultimi anni. Al tempo stesso, queste grandi opere si sono portate dietro, nella maggior parte dei casi, inondazioni, piene facilitate invece che evitate, danni sociali e ambientali enormi. Nel sud del mondo aumenta costantemente il numero degli sfollati a causa della costruzione delle dighe, spesso edificate senza alcuna valutazione di impatto ambientale (oppure con valutazioni fasulle) e si altera l'ecosistema esistente, insomma una vera dannazione, escluso per i governi e le multinazionali che ne hanno ricavato guadagni a palate.
La costruzione della diga di Daule Peripa, nella zona occidentale dell' Ecuador, nasconde pesanti responsabilità italiane nel debito illegittimo contratto dal paese andino, come rileva una documentata pubblicazione della Campagna per la Riforma della Banca Mondiale (Crbm) intitolata "Il progetto di Daule Peripa - Le responsabilità italiane nel debito illegittimo dell'Ecuador".
Il livello delle acque si è alzato, la costruzione della diga ha bloccato il naturale corso e scorrimento dei fiumi Daule e Peripa, circa 15mila contadini sono stati costretti ad abbandonare l'area inondata. E ancora: di tutti gli abitanti della zona, pochissimi hanno ottenuto una compensazione per i danni subiti dalla perdita delle terre, mentre le abitazioni delle comunità locali isolate all'interno delle frange d'acqua dell'invaso non hanno beneficiato della ricostruzione delle loro case, infine indigeni e campesinos sono costretti a vivere senza accesso ad energia elettrica ed acqua potabile. "Il debito originato dai prestiti internazionali concessi per finanziare il progetto è costato molto più del previsto e sono stati riscontrati elementi di illegittimità e illegalità nei crediti concessi per la costruzione del mega-progetto infrastrutturale", nota lo studio della Crbm.
Il 9 Luglio 2007 rappresenta una data storica per l'Ecuador: un decreto del presidente Rafael Correa approva l'istituzione della Commissione per la Revisione Integrale del Credito Pubblico (Caic), il cui scopo è quello di analizzare il debito contratto dal paese e dovuto a prestiti internazionali soprattutto per la costruzione di grandi opere connesse all'edilizia speculativa. Tra prestiti provenienti dalla Banca Interamericana di Sviluppo (Bid), quelli della Banca Mondiale e aggiustamenti per la messa in atto di piani volti a modernizzare lo stato (tutti a condizioni sfavorevoli), l'Ecuador non aveva mai previsto consultazioni popolari con le comunità locali che teoricamente avrebbero dovuto esserne beneficiate, ma che in realtà hanno subìto per anni gli impatti terribili delle devastanti politiche di project-financing poste in essere dai governi succedutisi a Quito. E' in questo contesto che il 20 Novembre 2008 Rafael Correa, nel rendere pubblico il lavoro della Caic, ha giurato che "si sarebbe provveduto a sanzionare i colpevoli e a non pagare il debito riconosciuto illegittimo". Tra i destinatari della dichiarazione rilasciata dal presidente ecuadoriano c'era anche l'Italia per la costruzione della diga Daule Peripa e l'annessa centrale idroelettrica Marcel Laniado da Wind, "derivate da progetti avviati in periodi in cui più che in altri la cooperazione allo sviluppo venne relegata a mero supporto delle politiche commerciali e strategiche del governo italiano", sottolinea la Crbm nel suo dossier, evidenziando gli errori che la cooperazione italiana non dovrebbe più commettere in futuro.
Il contesto in cui si inseriscono le imprese italiane in Ecuador risale alla crisi energetica in cui si trova coinvolto il paese all'inizio degli anni '80. I lavori alla costruzione della diga di Daule Peripa hanno inizio nel 1982 per terminare tra il 1984 ed il 1988. A quel punto una società di origine brasiliana, la Hidroservice, si occupò della stesura di un progetto volto all'edificazione di una centrale idroelettrica annessa alla diga (quella che poi sarebbe stata la Marcel Laniado da Wind), ma l'Ecuador non era in grado di sostenerne finanziariamente il costo. All'apertura della gara d'appalto per aggiudicarsi i lavori (soltanto per imprese italiane e dopo procedure non troppo trasparenti) si impose il consorzio Ansaldo, a guida di una cordata tra cui figurava anche Impregilo. La presenza di imprese unicamente italiane si spiega con la richiesta, da parte di Quito, di inserire il progetto nel programma di cooperazione italo-ecuadoriana 1990-1992. "I lavori per la costruzione della centrale", rileva il puntuale lavoro di Crbm, "rimasero bloccati per assenza di fondi fino al 1995", quando il Ministero degli Esteri dette il via libera ai finanziamenti necessari: si trattava di un prestito intorno agli attuali 45 milioni di euro.
Lo studio svolto dalla Crbm ha rilevato la violazione dello spirito delle linee guida della cooperazione italiana allo sviluppo, sia per una errata valutazione compiuta sulla reale opportunità di finanziare questo progetto rispetto ad altri più piccoli, meno dispendiosi e di cui le comunità indigene e contadine avrebbero potuto realmente trarne beneficio, sia per una valutazione molto sommaria degli impatti sociali e ambientali che la centrale avrebbe avuto. Inoltre, sembra che la volontà del governo italiano di allora nello sbloccare i finanziamenti per la costruzione della diga fosse quella di andare incontro agli interessi di Ansaldo e della sua cordata piuttosto che al raggiungimento dei reali obiettivi del progetto, peraltro disattesi ai danni delle popolazioni locali, che ancora oggi sono costrette a vivere in condizioni di estrema povertà. Tutto il contrario di quanto sancito dalla Legge 26 febbraio 1987 n. 49 "Nuova disciplina della cooperazione dell'Italia con i Paesi in via di sviluppo", che afferma: "La cooperazione allo sviluppo è finalizzata al soddisfacimento dei bisogni primari e in primo luogo alla salvaguardia della vita umana, all'autosufficienza alimentare, alla valorizzazione delle risorse umane, alla conservazione del patrimonio ambientale, all'attuazione e al consolidamento dei processi di sviluppo endogeno e alla crescita economica, sociale e culturale dei paesi in via di sviluppo".

 

 

Note: Tutti i dati e le informazioni sono tratte dalla consultazione del dossier di Crbm "Il progetto di Daule Peripa - Le responsabilità italiane nel debito illegittimo dell'Ecuador"(testi di Elena Gerebizza), scaricabile anche all'indirizzohttp://www.manitese.it/materiale/campagne/pubblicazione_debito_ecuador.pdf e dall'articolo "Debiti e Dighe" di Luca Manes, Il Manifesto, 11 Giugno 2009.
Nel Novembre 2009 Mani Tese aveva lanciato una campagna di mail bombing per chiedere la cancellazione del debito dell'Ecuador (http://www.manitese.it/2009/firma-per-la-cancellazione-del-dedito-in-ecuador/), in precedenza Crbm e Centro Legale pro Afro Discendenti e Indigeni (Clai) avevano scritto una lettera al Ministro degli Esteri Franco Frattini affinché il debito fosse cancellato.


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