Latina

Candidati indigeni cancellati dall'informazione

Guatemala: diecimila osservatori per le elezioni

La violenza anestetizza la mobilitazione sociale
19 luglio 2011
David Lifodi

L'avvicinamento alle presidenziali guatemalteche di Settembre continua ad essere irto di difficoltà e caratterizzato da irregolarità di varia natura. E' per questo motivo che, in occasione del voto, il paese ospiterà ben diecimila osservatori in rappresentanza di un consistente numero di associazioni della società civile.

Un ruolo di primo piano nel processo di supervisione e controllo della tornata elettorale lo avranno, tra gli altri, Mirador Electoral, gli studenti dell'Università Rafael Landivar, l'Instituto Centroamericano de Estudios Políticos, la Procuraduría de Derechos Humanos e la storica Universidad de San Carlos, una delle più colpite durante gli anni del conflitto interno in cui numerosi studenti sparirono inghiottiti dalla dittatura militare e dalle famigerate patrullas, le pattuglie poliziesche al servizio dei sanguinari presidenti Rios Montt e Lucas Garcia. In occasione delle elezioni di Settembre il compito degli osservatori non sarà una passeggiata: dovranno garantire la trasparenza di tutto il processo elettorale, non semplice in un paese dove corruzione, violenza e impunità sono purtroppo all'ordine del giorno. Da uno studio dell'Osservatorio dei Media sulla copertura delle elezioni, effettuato durante la prima settimana di luglio su sette quotidiani, un analogo numero di emittenti tv e cinque radio, emerge che i candidati indigeni sono letteralmente spariti dal panorama dell'informazione. Un paradosso che non sorprende in un paese che vanta pubblicamente il suo volto indigeno, ma che di fatto non ha mai preso seriamente in considerazione l'idea di progettare programmi in grado di promuovere una vera uguaglianza razziale. Durante il conflitto armato, conclusosi con gli accordi di pace del 1996, i maya sono stati quelli che hanno pagato un altissimo tributo, in fatto di omicidi, sparizioni e torture, nel contesto dell'operazione "terra bruciata". Tutto ciò non può non destare preoccupazione poiché, oltre alle presidenziali (per le quali è in lizza anche l'indigena Rigoberta Menchù, già Nobel per la Pace), in Guatemala si vota anche per rinnovare il Congresso e buona parte dei municipi del paese, ma delle proposte dei candidati garífuna, maya e xinka non c'è nessuna traccia. Gli ultimi dati in possesso del Tribunale Supremo Elettorale parlano di un probabile quanto significativo aumento dei votanti. Si tratta di un dato sorprendente per il Guatemala, considerando l'effetto paralizzante che la violenza politica, criminale e legata ai cartelli del narcotraffico ha su un paese stanco e disilluso. Aumentano gli omicidi contro le donne, cresce la repressione nei confronti dei movimenti giovanili, e la violenza del crimine organizzato, al pari di quella di Stato, serve per anestetizzare la mobilitazione sociale.

I sette milioni di guatemaltechi che si recheranno alle urne per eleggere governo, Congresso e municipi, lo faranno in una sorta di stato d'assedio esistente, per quanto non dichiarato a livello ufficiale: se sarà eletta Rigoberta Menchù avranno cambiato il corso della storia. 

Note: Articolo realizzato da David Lifodi per www.peacelink.it
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