Latina

L'ultradestra sfrutta l'insicurezza sociale e rischia di fare il pieno di voti

Guatemala: Otto Pérez Molina probabile presidente

Le presidenziali di domenica 11 Settembre si preannunciano senza storia
6 settembre 2011
David Lifodi

Il Guatemala che si appresta ad andare al voto domenica prossima, l'11 Settembre, per eleggere il nuovo presidente del paese (insieme a 158 deputati nazionali, 20 rappresentanti per il Parlamento Centroamericano e i sindaci di oltre 300 comuni), è un paese sfiduciato e sull'orlo dell'abisso.

La vittoria dell'ex generale, adesso in pensione, Otto Pérez Molina, è praticamente certa. L'unica sorpresa può derivare da un eventuale ballottaggio se il candidato del Partido Patriota non riuscisse a superare il 50% dei consensi al primo turno. Nel caso in cui Molina non salga fin da subito al palazzo presidenziale, lo farà comunque nel ballottaggio del 6 Novembre: forte di una percentuale tra il 40 e il 45% dei consensi, difficilmente perderà le elezioni. La corsa dell'ex militare verso la poltrona più prestigiosa del Guatemala è stata facilitata, in primo luogo, dall'esclusione di Sandra Torres, ex moglie del presidente uscente Colom, alla quale è stato impedito di presentarsi poiché i familiari del mandatario in carica non possono candidarsi alle elezioni. La primera dama, di comune accordo con il marito, aveva scelto la strada della separazione per poter tentare la scalata alla presidenza, ma il divorzio era arrivato soltanto lo scorso aprile: troppo tardi per non incorrere nell'accusa di fraude de ley. In ogni caso, Sandra Torres avrebbe rappresentato un'alternativa assai poco credibile a Molina, sostenuta da un'ambigua alleanza di centro che andava dall'Unidad Nacional de la Esperanza (il partito di Colom, uno sbiadito e inaffidabile centro-sinistra) alla Gran Alianza Nacional (centro-destra), a loro volta rivali nelle precedenti competizioni elettorali. Al contrario, Otto Pérez Molina ha rispolverato i suoi vecchi slogan su ordine e disciplina (il più inquietante "Urge mano dura") giocando sull'insicurezza cronica di un paese tra i più violenti dell'intero Centro-America. Difficilmente l'altro candidato della destra, il conservatore Manuel Baldizón, potrà raggiungere la vittoria. In un contesto che segnala, di fatto, una parvenza di competizione solo tra destra conservatrice (Baldizón) ed ultradestra (Otto Pérez Molina), i temi storici della sinistra, dei movimenti e di alternativa, sono passati in secondo piano, o forse, per meglio dire, sono del tutto inesistenti. Rigoberta Menchù, premio Nobel per la Pace e storico volto indigeno (per quanto il Coordinamento Nazionale Indigeno e Contadino, una parte della Coordinadora Nacional de Viudas de Guatemala e non tutte le comunità maya si riconoscano nella sua figura) è accreditata intorno al 3% dei consensi ed è appoggiata dal partito indigeno Winaq e dall'ex-guerriglia dell'Urng (Unidad Revolucionaria Nacional Guatemalteca). Il dramma dell'estrazione mineraria, che crea migrazioni forzate, sfollati ambientali e irruzioni violente dell'esercito per sgomberare le comunità in resistenza, è sparito dal dibattito. Non si parla nemmeno della costruzione delle grandi dighe imposte alle comunità indigene con il beneplacito delle solite multinazionali, tra cui la nostra Enel Green Power, che intende costruire una centrale idroelettrica nel municipio di Cotzal (dipartimento del Quiché) con l'appoggio dell'ambasciata italiana senza farci una bella figura. Nemmeno un accenno alla questione agraria e al problema della crisi alimentare che sta attanagliando il paese, silenzio totale sui diritti civili e politici di indigeni, donne, sindacalisti, attivisti per i diritti umani. In compenso, tutti i candidati (quelli già menzionati, ma anche i numerosi altri in corsa per la presidenza, ma con percentuali da "zero virgola"), si sono affrettati a garantire il loro massimo impegno per mantenere quella sorta di sistema "sociale-assistenzialista" messo in piedi dall'attuale presidente Álvaro Colom. Anche l'ex generale Molina ha giurato di continuare il lavoro del suo predecessore per ampliare programmi sociali quali "Mi Familia Progresa" (che prevede un assegno mensile inferiore ai 40 dollari per le famiglie più povere), "Comedores Solidarios" (consistente nel servire colazioni e pranzi con buoni prepagati), "Escuelas Abiertas" e "Becas Solidarias" (scuole aperte nei fine settimana con la concessione di borse di studio agli studenti più poveri). In realtà programmi simili sono manipolati a fini politici, con lo scopo di elargire benefici temporanei alle fasce sociali maggiormente in difficoltà, ma al fine di estorcere loro il voto. E' in questo contesto che Otto Pérez Molina, approfittando di un paese allo sbando ed in cui metà della popolazione vive in una situazione di povertà (ed il 17% in estrema povertà), si avvia, salvo improbabili sorprese, a divenire il nuovo presidente del Guatemala. L'ex-militare ha già promesso la ricostituzione delle fuerzas de tarea, veri e propri gruppi paramilitari, per combattere il crimine organizzato. Il paese rischia di tornare indietro, ai tempi del conflicto armado e della dittatura militare di Ríos Montt e Lucas García, quando i paras avevano mano libera e terrorizzavano civili e popolazione indigena, oltre a compiere violenze di ogni genere. La recente rinuncia dell'ex primera dama Sandra Torres a presentare ricorso contro l'esclusione di fronte alla Corte CentroAmericana di Giustizia (presieduta da Francisco Lobo, cugino del presidente golpista honduregno Porfirio Lobo), ha facilitato la corsa solitaria di Otto Pérez Molina.

L'unico aspetto positivo di una tornata elettorale già segnata e destinata a risolversi in una contesa interna a due destre, nessuna delle quali presentabile, viene dalla Red Nacional de Organizaciones de Jóvenes Mayas (Renoj) che, nell'ambito del progetto denominato Participación de la Juventud en la Observación del Racismo y la Discriminación contra los Pueblos Indígenas en el Proceso Electoral 2011, avrà la funzione di osservare eventuali episodi di razzismo e discriminazione nei confronti delle donne e degli indigeni ai seggi ad opera di scrutinatori, rappresentanti dei partiti politici od altri elettori. 

Note: Articolo realizzato da David Lifodi per www.peacelink.it
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