Latina

Occupati alcuni istituti superiori di Santiago

Cile: la primavera studentesca si riprende le scuole e le piazze

Il presidente Piñera non sa come fermare il movimento studentesco
20 agosto 2012
David Lifodi

Si parla spesso di “miracolo cileno” per sottolineare i progressi sui mercati finanziari di un paese in piena espansione economica, anche se in Cile le disuguaglianze e gli squilibri tra una minoranza sempre più ricca ed una maggioranza indigente in continuo aumento restano preoccupanti. A Santiago e nelle altre città del paese, invece, si sta materializzando un altro miracolo, non quello imposto dal dio mercato, ma quello relativo al propagarsi del fermento sociale studentesco.

La primavera cilena, che nel 2011 aveva costretto alle dimissioni il ministro dell’istruzione Felipe Bulnes, ad appena sei mesi dalla sua nomina, e messo in crisi l’intero esecutivo del presidente filo-pinochettista Sebastián Piñera, non si è fermata e, proprio in questi giorni, sono riprese las tomas, le occupazioni degli istituti superiori da parte degli studenti, appoggiati anche dagli universitari. Non c’è più la “comandante” Camila Vallejo, come era stata definita dal quotidiano londinese Guardian, ma Gabriel Boric, a guidare la mobilitazione studentesca, eppure la lotta per un’istruzione pubblica, gratuita e di qualità non ha perso vigore. Piñera non sa più come fermare il movimento studentesco. Stavolta il presidente è stato costretto a ripararsi sotto lo scudo del sindaco di Santiago del Cile, Pablo Zalaquett, che prima ha minacciato di non concedere le borse di studio agli studenti coinvolti nelle occupazioni, e poi ha spedito i carabineros negli istituti finiti sotto il controllo studentesco. L’operazione della polizia si è conclusa con 140 arresti e lo sgombero violento dei licei “Barros Borgoño”, “Darío Salas”, “Miguel de Cervantes” e “Confederación Suiza”. Per il prossimo 23 agosto è previsto uno sciopero generale degli studenti delle scuole superiori, nonostante le minacce del sindaco Zalaquett e le dichiarazioni del ministro dell’interno Rodrigo Hinzpeter, secondo il quale la toma degli istituti scolastici è un atto di violenza che nega il diritto allo studio ai ragazzi che non si identificano con la protesta. In realtà, la vera violenza è quella di uno stato economicamente assai prospero, ma dove i costi degli studi restano assai elevati, i più cari dopo gli Stati Uniti, e dove la privatizzazione dell’insegnamento superiore avanza a grandi passi. Almeno il 70% degli studenti cileni si indebita per pagarsi gli studi, mentre la situazione è ancora peggiore nelle università, ormai poco dissimili dalle imprese. Le scuole superiori private sono in continua crescita, mentre aumenta il fenomeno delle scuole cosiddette sussidiate, quelle in cui i costi sono suddivisi tra lo stato e le famiglie.  Il coefficiente di Gini, utilizzato per misurare il grado di disuguaglianza nella distribuzione della ricchezza per una determinata popolazione, segnala che il Cile arriva allo 0,54. E’ in questo contesto che gli studenti cileni hanno deciso di riprendersi le strade ma, soprattutto, gli istituti: pochi giorni fa la Casa Central de la Universidad de Chile è stata occupata dagli universitari in segno di solidarietà con i loro colleghi delle scuole superiori. Lacrimogeni, arresti e l’utilizzo degli idranti per sgomberare gli istituti scolastici non hanno impedito agli studenti di proseguire con la loro protesta. Al pari del movimento studentesco messicano YoSoy132, i giovani cileni hanno utilizzato con ingegno i mezzi di comunicazione per rompere l’isolamento mediatico a cui volevano condannarli El Mercurio e La Tercera, due colossi dell’informazione gestiti da alcune delle più ricche famiglie del paese. Come in Messico, la protesta non è stata solo all’insegna dello slogan “università gratuite”, ma si è presto trasformata in una mobilitazione più ampia contro un capitalismo elitario che ricava profitti da ogni attività e concentra le proprie ricchezze nelle mani delle oligarchi economiche. Inoltre, di nuovo sull’onda di YoSoy132, alle rivendicazioni del movimento studentesco si sono presto sommate le istanze di docenti, artisti, intellettuali, minoranze etniche e sessuali, collettivi teatrali, ecologisti ed indignados. Altra novità della primavera cilena riguarda la non appartenenza degli studenti ad alcun partito politico: “El pueblo unido avanza sin partido” hanno scritto sociologi ed analisti politici. Del resto la stessa Camila Vallejo, che pure aveva messo in estrema difficoltà Piñera, è stata battuta dal nuovo leader Gabriel Boric nel corso delle ultime elezioni studentesche perché la “comandante” Camila è stata ritenuta fin troppo vicina al Partito Comunista cileno.

L’agosto caldo di Piñera non si concluderà con lo sciopero degli studenti delle superiori: il 28 scenderanno in piazza gli universitari e, in ogni caso, le proteste si radicalizzeranno se sarà realmente resa esecutiva la scelta del sindaco Zalaquett di non concedere le borse di studio agli occupanti. Il braccio di ferro tra Piñera e gli studenti non accenna a diminuire, anche perché l’attuale ministro dell’istruzione Beyer ha sempre rifiutato di venire incontro alle richieste del movimento: l’obiettivo finale è quello di mettere in crisi uno dei governi più a destra del paese dall’era post-pinochettista.

 

Note: Articolo realizzato da David Lifodi per www.peacelink.it
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