Latina

Goldcorp partecipò attivamente al golpe in Honduras

L’invasione delle imprese minerarie canadesi in America Latina

In Guatemala Molina dichiara lo stato d’assedio
11 maggio 2013
David Lifodi

Lo scorso 1 maggio il presidente guatemalteco Otto Pérez Molina ha dichiarato di nuovo lo stato d’assedio in alcuni dipartimenti del paese: esattamente un anno fa l’ex militare (sul quale pende l’accusa per genocidio durante gli anni del conflitto armato) aveva applicato la stessa misura nel municipio di Barillas (dipartimento di Huehuetenango) per difendere gli interessi di una multinazionale spagnola che intendeva costruire una centrale idroelettrica nonostante la crescente resistenza delle organizzazioni popolari.

Stavolta Otto Pérez Molina, conosciuto anche con l’inquietante soprannome di “Mano Dura”, ha dichiarato lo stato assedio per fermare l’opposizione all’estrazione mineraria nei municipi di Jalapa e Mataquescuintal (dipartimento di Jalapa), Casillas e San Rafael Las Flores (dipartimento di Santa Rosa). Protagoniste dello sfruttamento minerario sono soprattutto le imprese canadesi, in questo caso la Tahoe Resources. Negli ultimi anni il Canada ha investito nell’estrazione mineraria in almeno un centinaio di paesi. Le accuse di violazioni dei diritti umani, di quelli sindacali e la distruzione dell’ecosistema rappresentano le principali responsabilità che caratterizzano il modus operandi delle multinazionali canadesi impegnate nello sfruttamento minerario.  In Cile le attività di Barrick Gold, forse l’impresa più conosciuta, sono state sospese dall’autorità giudiziaria per delitos socioambientales nell’ambito del mega progetto minerario Pascua Lama. In Bolivia, il governo ha revocato la concessione estrattiva alla canadese South American Silver Corporation che, per tutta risposta, ha costretto La Paz a sottoporsi ad un arbitrato internazionale dagli esiti ancora incerti. In Honduras, Goldcorp ha partecipato attivamente al golpe che, nel giugno 2009, rovesciò il presidente Manuel Zelaya: si trattò di una rappresaglia contro l’allora mandatario honduregno, che aveva vietato l’estrazione mineraria a cielo aperto. Pochi mesi dopo che Pepe Lobo era divenuto presidente del paese (al termine di una vera e propria farsa elettorale), fu immediatamente promulgata una Ley Minera che approvava tutto ciò che Zelaya aveva cercato di impedire. Delle attuali duecento concessioni minerarie in Honduras, almeno la metà sono appannaggio delle imprese canadesi. In alcuni casi le multinazionali vengono sconfitte: è il caso di Talismán, impegnata nelle trivellazioni petrolifere in Perù e cacciata dall’Amazzonia grazie alla resistenza del popolo Achuar,. La situazione più complessa resta però quella guatemalteca, poiché Otto Pérez Molina utilizza lo stato d’assedio permanente come sistema di governo. Da quando l’ex militare è alla guida del paese circa venti dirigenti di organizzazioni sociali e indigene che si oppongono alla svendita delle risorse naturali alle imprese straniere sono stati assassinati, ma la polizia non ha mai incarcerato un solo responsabile per questi delitti. Al contrario, le carceri sono piene di leader sociali, indigeni e contadini, arrestati per aver difeso la sovranità territoriale del proprio paese. Attualmente, in Guatemala sono presenti 428 progetti minerari in tutto il territorio nazionale, la cui estensione è assai più piccola di un dipartimento della Bolivia o del Perù. Le attività di Tahoe Resources, che ha proceduto con l’estrazione mineraria contro la volontà espressa dalle comunità indigene guatemalteche, sono state poste sotto osservazione a Toronto , dove la giustizia potrebbe incriminarla per violazione dei diritti umani. Resta però sconfortante la protezione che lo stato del Guatemala offre agli investitori stranieri e la persecuzione di cui sono oggetto i suoi stessi abitanti per la loro resistenza ai progetti minerari. Il governo ha dichiarato lo stato d’assedio in seguito ai fatti del 30 aprile scorso, quando un gruppo di manifestanti indigeni che protestava contro la stipula dell’accordo tra Tahoe Resources e  Otto Pérez Molina, che concedeva il via libera all’estrazione mineraria, riuscì a fermare e disarmare ventiquattro poliziotti. Alcuni giorni prima, sei abitanti di San Rafael Las Flores rimasero feriti a seguito di una sparatoria delle guardie armate a libro paga Tahoe Resources, mentre un militare era stato ucciso da un colpo d’arma da fuoco sparato dai comuneros. Mauricio López Bonilla, il discusso ministro degli Interni su cui già pesavano gravi responsabilità per la mattanza di Totonicapán, dove nell’ottobre 2012 otto indigeni k’iches furono uccisi dai militari durante una pacifica dimostrazione di protesta contro una serie di riforme anticostituzionali che Pérez Molina voleva far passare ad ogni costo (tra cui l’aumento delle tariffe di energia elettrica, la privatizzazione dell’istruzione, ma soprattutto la cancellazione delle autorità indigene), ha inviato duemila poliziotti nei dipartimenti di Jalapa e Santa Rosa. Inoltre, lo stesso Bonilla, ha emesso 44 ordini di cattura contro i leader indigeni del Parlamento Xinca, l’etnia che maggiormente si è opposta al progetto di estrazione mineraria. Non contento, il ministro degli interni ha definito gli indigeni come “vandali, terroristi e narcotrafficanti”. Tutto questo nonostante il governo si fosse impegnato a rispettare l’autonomia, i territori, le istituzioni e le autorità indigene.

Il principale interesse di Pérez Molina è quello di tutelare gli interessi delle multinazionali minerarie e perseguire i dirigenti comunitari diffamandoli come contrari al progresso e appartenenti all’ultrasinistra: in realtà, secondo gli ultimi sondaggi, almeno il 76% della popolazione è contraria allo sfruttamento minerario.

Note: Articolo realizzato da David Lifodi per www.peacelink.it
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