Latina

Manifestazioni di protesta contro lo stato israeliano in numerosi paesi

Palestina: la solidarietà dei movimenti sociali e dei governi latinoamericani

Evo Morales e Nicolàs Maduro condannano apertamente Israele
23 luglio 2014
David Lifodi

internet Fosforo bianco, bombe da oltre una tonnellata sui quartieri più densamente popolati di Gaza, missili lanciati dai droni. Il racconto della venezuelana Valeria Cortés, dell’associazione Unadikum, per l’emittente latinomericana Radio Mundo Real, dice le cose come stanno: le autorità israeliane sono assimilabili ai criminali di guerra.

Le testimonianze di Valeria e i resoconti di Radio Mundo Real, ascoltabile in streaming, fanno parte della rete dei movimenti sociali latinoamericani che, fin dall’inizio, assieme ad alcuni governi del continente, ha dichiarato il proprio appoggio ed espresso solidarietà alla popolazione palestinese. Ad esempio, in Argentina la Articulación de Movimientos Sociales hacia el Alba ha condannato l’aggressione israeliana, che prosegue inarrestabile nel silenzio più completo degli organismi internazionali. Del resto, ha spiegato la stessa Valeria Cortés in una delle sue corrispondenze, i palestinesi non chiedono il “cessate il fuoco” perché sanno,  a loro spese, che resterà lettera morta, come in occasione del massacro di pochi giorni fa a Shayaía, avvenuto proprio mentre era in corso una supposta tregua. Dimostrazioni di protesta nei confronti delle autorità israeliane anche in Cile: a Santiago in molti sono scesi in piazza a fianco della comunità palestinese, una tra le più numerose al di fuori del Medio Oriente. In alcuni casi, come a Bogotà, la capitale colombiana, Partido Comunista e Marcha Patriótica hanno manifestato di fronte all’ambasciata israeliana. Tra le organizzazioni sociali che hanno espresso con maggior durezza il loro ripudio all’invasione israeliana i brasiliani del Movimento Sem Terra, che ha accusato Tel Aviv di aver messo in atto un’aggressione di stampo colonialista ai danni della popolazione palestinese, invitando quest’ultima a resistere nel segno degli ideali di pace, giustizia e liberazione nazionale. I Sem Terra hanno scritto: “Il Mst starà sempre dalla parte di coloro che lottano per la giustizia e la dignità. Nel conflitto in corso appoggiamo i palestinesi e le loro organizzazioni che resistono contro l’oppressione”. I Sem Terra hanno aderito, insieme ad altri movimenti sociali brasiliani, al coordinamento per una Palestina libera, sovrana e indipendente, invitando inoltre la Vía Campesina ad unirsi alle manifestazioni di solidarietà a favore degli abitanti della Striscia di Gaza. Gli stessi quotidiani e siti on line di controinformazione hanno dato fin dall’inizio ampio spazio al dramma che sta vivendo la popolazione palestinese. Per quanto riguarda i governi latinoamericani, invece, la situazione resta più sfumata. Tra coloro che hanno condannato con decisione l’attacco militare israeliano Bolivia e Venezuela: entrambi i paesi hanno interrotto le relazioni diplomatiche con Israele fin dal 2009, a seguito delle azioni militari di Tel Aviv che, come in molte altre circostanze, avevano bombardato Gaza al di fuori del diritto internazionale. Il presidente boliviano Evo Morales, di fronte al Consiglio dei Diritti Umani dell’Onu, ha proposto di condurre Israele a giudizio presso la Corte internazionale di Giustizia dell’Aia per crimini di lesa umanità. Il mandatario venezuelano Nicolàs Maduro ha aderito alla campagna su twitter #SOSPalestina e, in più di una circostanza, ha parlato di “guerra di sterminio israeliana” in Palestina, mettendo sotto accusa il “governo corrotto di Israele e i suoi vertici militari e imprenditoriali”. Proprio in Venezuela si è svolto un corteo all’insegna dello slogan Hoy, màs que nunca, la causa palestina es nuestra. Sempre il presidente Maduro ha evidenziato come non sia più il tempo di comunicati e protocolli internazionali, quanto quello dell’azione: “dobbiamo agire e fermare coloro che stanno uccidendo la popolazione palestinese”. Anche altri due paesi aderenti all’Alba, Cuba e Nicaragua, hanno condannato duramente le azioni militari israeliane. L’Avana ha invitato la comunità internazionale a non restare con le mani in mano e fermare Tsahal, mentre il presidente nica Daniel Ortega ha accusato Israele di “commettere un vero e proprio genocidio contro il popolo palestinese”. La solidarietà alla Palestina, però, si è fermata qui. Ci si aspettavano comunicati ufficiali più energici almeno da parte di Brasile, Argentina e Uruguay, ma in molti hanno optato per la strada degli “opposti estremismi”. E allora, pur condividendo il principio all’insegna del “2 popoli, 2 stati”, che forse ha animato l’argentina Cristina Fernández e l’uruguayano Pepe Mujica, il semplice richiamo alla fine delle ostilità e ad una convivenza pacifica, proveniente da Buenos Aires e Montevideo, sembra insufficiente, vista la gravità e la complessità della situazione. Per adesso, sorprende il silenzio del Planalto, mentre Ecuador e El Salvador condannano l’uso sproporzionato della forza da parte di Israele, ma auspicano una generica tregua senza evidenziare in alcun modo l’illegalità dell’ azione militare israeliana.

Per adesso, come ha raccontato la venezuelana Valeria Cortés, llueven bombas, llueven mentiras: “da una parte c’è l’esercito più potente del mondo, dall’altro un popolo che resiste con dignità all’invasione del suo territorio. Non si può chiedere il cessate il fuoco come se si trattasse di un conflitto tra due stati belligeranti e fermare il massacro dipende anche da noi”.

Note: Articolo realizzato da David Lifodi per www.peacelink.it
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