Latina

Il direttore dell’agenzia Anncol era stato arrestato nel 2011 dall’intelligence colombiana per supposti legami con la guerriglia

Colombia: liberato il giornalista Joaquín Pérez Becerra

La libertà di Joaco rappresenta una vittoria per la Colombia democratica
27 luglio 2014
David Lifodi

internet “Bienvenido Joaco a la libertad”: è questo il saluto rivolto a Joaquín Pérez Becerra dai media di controinformazione latinoamericani. Il direttore dell’Agencia de Noticias Nueva Colombia (Anncol) è finalmente tornato in libertà lo scorso 17 luglio dopo oltre tre anni di detenzione nel carcere della Picota di Bogotà, vittima di un vero e proprio montaggio giudiziario denominato falso positivo judicial, in riferimento al dramma dei falsos positivos di cui si è responsabile lo stato colombiano.

Joaco è un giornalista colombiano giunto in Svezia come rifugiato politico negli anni Novanta, in fuga dalla sistematica persecuzione portata avanti dall’estabilishment narco-para-militare nei confronti dei militanti di Unión Patriótica, molti dei quali saranno eliminati dagli sgherri del regime colombiano. Becerra scelse di prendere la cittadinanza svedese, ma continuò a seguire ciò che accadeva nel suo paese tramite Anccol, l’agenzia di notizie di cui era direttore e che aveva una linea estremamente critica verso il potere. In Svezia Joaquín partecipa spesso anche alle manifestazioni di protesta dei colombiani residenti in Svezia di fronte all’ambasciata della Colombia con sede a Stoccolma. Nel 1996 il giornalista venne intervistato dal quotidiano svedese Norrskensflamman, che titola così il colloquio con il direttore di Anncol: “Il volto di una vittima del terrorismo di stato in Colombia”. In occasione di quella protesta di fronte all’ambasciata colombiana, Becerra portava un cartello su cui era scritto: “La Colombia è campione nella violazione dei diritti umani”. In un’altra manifestazione i colombiani, tra cui Joaquín, chiesero la libertà per Mercedes Úsuga, militante comunista della regione di Urabá, vittima anch’essa di un montaggio giudiziario. Agenti segreti del regime colombiano, però, continuavano a tenere sotto controllo Joaco anche in Europa, e nel 2011 giunsero a Stoccolma per incastrarlo. Fu utilizzato come esca un esule colombiano in Svezia che accusò il direttore di Anncol di aver cercato di reclutarlo per la guerriglia delle Farc nella sede della Juventud Comunista di Bogotà, nonostante il giornalista non abbia mai aderito a questa organizzazione. Del resto, Anncol è stata da sempre una spina nel fianco del governo colombiano: nel 2007 l’ex presidente Álvaro Uribe, che aveva un conto aperto con Joaco, dichiarò che bisognava farla finita a qualsiasi costo con l’agenzia di notizie di Becerra. C’è anche un altro motivo, anch’esso politico, che stava dietro all’odio di Uribe per Becerra. Il direttore era stato eletto due volte nel municipio di Corinto (Valle del Cauca) proprio per quell’Unión Patriótica che allora, come oggi, propugnava un radicale cambio sociale per un paese sfinito dai narcos, dalle violazioni dei diritti umani e dalla costante persecuzione dei leader sindacali e dell’opposizione. La giustizia colombiana, soprattutto tramite José Obdulio Gaviria, uno degli uomini maggiormente legati all’ex presidente Uribe, cercò di associare Anncol alle Farc per avere il pretesto necessario allo scopo di far chiudere l’agenzia di notizie. L’occasione più ghiotta per silenziare Joaco si presentò il 21 aprile 2011, quanto Becerra fu arrestato in Venezuela, all’aeroporto di Maiquetía, e deportato quattro giorni dopo in Colombia, dove fu condannato a 8 anni di carcere a seguito di un vero e proprio montaggio giudiziario, costituito, tra le altre cose, da presunti dati estrapolati dal “magico” computer di Raúl Reyes, preso in carico dagli 007 colombiani a seguito del bombardamento di un accampamento delle Farc in territorio ecuadoriano dove era stato ucciso uno dei principali esponenti della guerriglia. Nel caso di Joaco, purtroppo, il governo bolivariano del Venezuela non ci fece una gran figura. Hugo Chávez non esitò a consegnare Becerra alla Colombia, nonostante le relazioni tra Caracas e Bogotà non fossero delle migliori, almeno fin quando Uribe è rimasto a Palacio Nariño. “Ognuno deve assumersi le sue responsabilità”, disse allora il presidente venezuelano, riferendosi al fatto che Becerra non avrebbe dovuto uscire dalla Svezia, ma peccarono, forse, di ingenuità, anche le organizzazioni di sinistra, che sia in terra scandinava che in America Latina in quella circostanza furono probabilmente infiltrate da agenti uribisti. Fatto sta che Becerra fu portato in Colombia, dove venne presentato come un pericoloso terrorista. Nel dicembre 2004, ad esempio, quando l’allora “ministro degli esteri” delle Farc Rodrigo Granda fu catturato dall’intelligence colombiana in territorio venezuelano, Chávez protestò duramente a difesa della sovranità territoriale della Repubblica Bolivariana e smascherò l’inganno degli agenti colombiani, che cercarono di far passare, di fronte all’opinione pubblica, la notizia che l’arresto fosse avvenuto nella città di Cúcuta, cioè in Colombia.

La liberazione di Joaquín Pérez Becerra rappresenta una vittoria per tutte le organizzazioni popolari, anche perché, mentre il direttore di Anncol usciva dal carcere della Picota vi entrava Andrés Felipe Arias, denominato “Uribito” perché ex ministro dell’agricoltura durante la presidenza Uribe: lui si che è un vero delinquente, hanno scritto i movimenti sociali colombiani, definendolo un ladrón de las altas esferas. Nel frattempo, Anncol non è stata silenziata, anzi, è più che mai attiva nel campo della controinformazione.

Note: Articolo realizzato da David Lifodi per www.peacelink.it
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