Latina

Ma si teme una fuga dell’ex capo dei servizi segreti uruguayani

Desaparecidos: il 12 febbraio inizia il processo all’ex militare Jorge Troccoli

La storia del torturatore di origini italiane che finora è sempre riuscito a sottrarsi alla giustizia
19 gennaio 2015
David Lifodi

Il 12 febbraio Jorge Troccoli, ex ufficiale uruguayano del Fusna (i servizi segreti della Marina militare) e membro dell’intelligence che perseguitava gli oppositori politici latinoamericani nell’ambito del Plan Cóndor, dovrebbe essere processato di fronte alla Terza Corte di Assise di Roma. Il condizionale è d’obbligo: accusato di strage, omicidio, tortura e sequestro di persona dal procuratore aggiunto di Roma Giancarlo Capaldo, Troccoli potrebbe fuggire di nuovo, come del resto ha già fatto quando dall’Uruguay è scappato per giungere in Italia.

Attualmente, Troccoli si trova in Italia, molto probabilmente a Battipaglia ed è indagato dalla giustizia del nostro paese per aver fatto sparire sei cittadini italiani, oltre ad altre trenta persone, tra il 1975 e il 1983: tutti sono divenuti desaparecidos dopo aver cercato scampo in Argentina, altro paese che aveva aderito fin dall’inizio al Plan Cóndor tramite la giunta militare di Videla, Agosti e Massera.  La prima volta che il torturatore uruguayano giunse in Italia fu nel 1997. Solo un anno dopo, Troccoli aveva pubblicato L’ira del Leviatano, un libro in cui, come molti altri repressori, tentava di giustificare le atrocità commesse sostenendo che si era soltanto limitato ad eseguire gli ordini ricevuti dall’alto. Così il torturatore era sicuro di mettersi al riparo e di far quadrare i conti con la storia. Nel suo articolo Un torturatore in Italia – vita e opere di Jorge Troccoli, scritto per il quotidiano il manifesto nel dicembre 2007, Gennaro Carotenuto racconta che, per dissipare ogni dubbio sulla sua persona e passare all’anonimato, l’ex militare si era iscritto alla Facoltà di Scienze sociali di Montevideo: furono gli studenti che, di fatto, lo espulsero dall’università, dopo aver scoperto il suo passato. Scrive Carotenuto: “Troccoli voleva più dell’impunità, voleva quello che in nessuna società umana quelli come lui possono pretendere se non con la forza della paura; voleva il rispetto”.  Nel 1997 Troccoli si presentò a Marina di Camerota (provincia di Salerno) per ritirare una medaglia dedicata al suo bisnonno che nel 1880 aveva attraversato l’Atlantico: era quasi riuscito a ricostruirsi un profilo rispettabile, ma l’arresto, su ordine della giustizia italiana, arrivò il 23 dicembre 2007 per le accuse di omicidio compiute tra Argentina e Uruguay. Quando sembrava ormai che l’ex militare dovesse pagare per i suoi crimini, giunse una clamorosa sentenza di scarcerazione da parte della Corte di Appello di Salerno. Era il 24 aprile 2008: dall’Uruguay non era giunta entro i termini previsti di 90 giorni (il 23 marzo) la richiesta di estradizione, da cui derivò la rimozione dell’ambasciatore Carlos Abin. Fu lui che, a pochi giorni dalla scadenza, non consegnò all’Italia i documenti che ne motivavano l’estradizione: quando lo fece, era il 31 marzo 2008, ormai troppo tardi. Di fronte alla volontà dell’Uruguay di proseguire con l’iter di estradizione, l’allora ministro della Giustizia Alfano rispose che non era possibile in quanto Troccoli era cittadino italiano, anche se il paese sudamericano avrebbe comunque potuto chiedere all’Italia che venisse sottoposto a processo per sparizione forzata. In questa storia giudiziaria così complessa, ci sono comunque dei dati certi. A soli 29 anni, quello che era un giovane ufficiale divenne capo del Fusna e partecipò ai campi di addestramento militare nella vicina Argentina, dove è responsabile dell’arresto e degli interrogatori farsa ai danni dei cittadini di origine italiana Edmundo Dossetti, Ileana Garcia, Julio D’Elia, Yolanda Casco, Raúl Borrelli e Raúl Gambaro, come riportato su www.24marzo.it. Sul manifesto del 24 dicembre 2014, Claudio Tognonato ha scritto che Troccoli “è stato tra i primi a riconoscere l’uso della tortura negli interrogatori, ha ammesso di averla praticata sui prigionieri, ma ci tiene a precisare di non aver mai ucciso un detenuto”. Ancora una volta, l’ ex ufficiale uruguayano del Fusna intende percorrere la strada dell’autoassoluzione, ma ciò che preoccupa, come si evince ancora dall’articolo di Tognonato, è che “molti ex militari profughi della magistratura, in particolare argentini, potrebbero risiedere oggi liberamente in Italia grazie ai benefici della doppia cittadinanza”. Il timore è espresso dal Grupo de argentinos en Italia por la memoria, verdad y justicia, che segnala come l’Italia abbia negato alla magistratura argentina l’estradizione di Jorge Oliveira, Franco Reverberi Boschi e Carlos Luis Mulatto, rinviati a giudizio nel loro paese per crimini di lesa umanità.

Se Jorge Troccoli venisse processato e condannato in Italia sarebbe una buona notizia per i diritti umani e un segnale forte verso tutti quelli che, come l’ex militare, pensano di sfuggire alla giustizia adducendo la solita scusa dell’obediencia debida

Note: Articolo realizzato da David Lifodi per www.peacelink.it
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