Argentina-Israele: approvato un discutibile accordo militare
Lo scorso 26 giugno, passato piuttosto in sordina anche sui media di controinformazione, è stato firmato un accordo militare tra Israele e Argentina che, dal punto di vista del paese latinoamericano, lascia piuttosto perplessi.
Al centro dell’accordo la ratifica del cosiddetto Proyecto de Modernización del Tanque Argentino Mediano, che prevede appunto la modernizzazione di 74 carri armati dell’esercito argentino. L’impresa israeliana che si prenderà carico del progetto è Elbit Systems, nota per essere la principale rifornitrice di materiali bellici ed equipaggiamenti della polizia federale argentina, ma soprattutto per fabbricare gli aerei senza pilota che l’esercito israeliano utilizza per le incursioni aeree caratterizzate dai bombardamenti della popolazione palestinese. Ciò che ha fatto infuriare non solo gli attivisti argentini solidali con la Palestina, ma più in generale le associazioni impegnate a difendere i diritti umani, è l’aver stipulato un accordo militare con Israele da parte del loro paese, che pure negli ultimi anni ha fatto dei passi da gigante sul tema degli stessi diritti umani. Tuttavia fa specie che, proprio un paese quale è l’Argentina, dove i militari hanno torturato e ucciso decine di migliaia di persone, abbia deciso di ratificare un accordo con Israele, il cui esercito è noto per le continue violazioni dei diritti umani non solo ai danni dei palestinesi, ma anche per intimidazioni, minacce e non solo (basti ricordare il caso della giovane statunitense Rachel Corrie) nei confronti dei cooperanti internazionali impegnati nei campi profughi. E ancora, in un momento in cui, una volta di più, si moltiplicano gli appelli all’Onu e ai governi di mezzo mondo affinché si decidano ad imporre un embargo militare a Israele, questo accordo va decisamente controcorrente. Eppure, l’accordo siglato dal ministro della Difesa argentino, Agustín Rossi, e dal suo omologo, Mishel Ben Baruch, parla chiaro, ma soprattutto finisce per rafforzare i settori più duri della destra israeliana, che sostiene attivamente l’occupazione della Palestina senza curarsi della violazione dei diritti umani nella striscia di Gaza e in Cisgiordania, e di quella argentina. Candidato al Parlasur per il kirchnerista Frente para la Victoria, Rossi ha celebrato l’accordo militare evidenziando che si tratta di un investimento di 111 milioni di dollari per l’industria bellica argentina. Del resto, la fratellanza militare tra Argentina e Israele era in procinto di sbocciare da almeno sei anni, fin dal tempo in cui era ministra della Difesa argentina Nilda Garré. L’”eccellente amicizia” tra i due paesi è stata celebrata anche da Mishel Ben Baruch, che ribadito come l’industria militare del suo paese sia una tra le più sviluppate a livello mondiale, ma avrebbe dovuto aggiungere che l’intelligence israeliana, assai esperta a livello di attività di spionaggio e sabotaggio, ha giocato un ruolo di primo piano nel sostenere le dittature che negli anni ’70 e ’80 hanno imposto il pugno di ferro in America Latina. Inoltre, un altro aspetto che lascia assai perplessi in merito alle modalità dell’accordo, riguarda l’opportunità del momento in cui è stato ratificato. L’attuale campagna per il boicottaggio commerciale verso Israele ricorda quella lanciata dai militanti argentini dai loro luoghi di esilio contro la dittatura militare di Videla-Massera-Agosti: era proprio necessario, quindi, stipulare un accordo militare con l’esercito israeliano? Tra l’altro, il protocollo stipulato da Israele e Argentina sancisce anche l’opportunità di scambiarsi informazioni a livello di intelligence in una sorta di riedizione dell’odioso Plan Condor degli anni ’70 e ’80, per la gioia dell’ultradestra argentina. Qualcuno si è spinto fino a dichiarare che l’accordo militare rappresenterebbe un risarcimento per il fallimento del 2012, quando le mobilitazioni popolari respinsero l’arrivo in Argentina dell’impresa statale israeliana del settore idrico Mekorot Tahal Group, nota per impossessarsi dell’acqua della popolazione palestinese condannandola alla sete. Peraltro, la stessa impresa ha poi stipulato un trattato con il Paraguay, anch’esso caratterizzato dalle proteste popolari, per la gestione dell’oro blu.
Nonostante tutto, i vertici delle istituzioni argentine difendono l’accordo sia dal punto di vista economico sia da quello militare: “È con orgoglio e soddisfazione che i carri armati argentini saranno alla pari dei primi tanques che ci sono nel mondo”. Chissà se la colomba della pace deciderà di volare ancora su questi due paesi?
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