Latina

Arrestati i suoi uomini più vicini con l’accusa di aver commesso crimini contro l’umanità

Guatemala: le brutte facce della presidenza di Jimmy Morales

Negli anni ’80 Cabrera Mejía e Edgar Ovalle Maldonado parteciparono alla repressione imposta dal regime militare
3 febbraio 2016
David Lifodi

internet

Lo scorso 14 gennaio Jimmy Morales ha assunto ufficialmente la presidenza del Guatemala promettendo tolleranza zero verso la corruzione e ripetendo gli stessi ritornelli che lo hanno condotto alla guida del paese: lui è l’uomo nuovo, indipendente dai partiti e dalla politica, che risolleverà questa martoriata nazione centroamericana. Così si era presentato, anche se in realtà Morales rappresenta solo una delle tante facce dell’estrema destra guatemalteca, da troppo tempo libera di spadroneggiare in Guatemala.

L’ingresso ufficiale di Morales al palazzo presidenziale però è stato subito macchiato dall’arresto di César Cabrera Mejía, avvenuto il 6 gennaio, a causa del suo coinvolgimento nelle attività di contrainsurgencia all’inizio degli anni ’80. Cabrera Mejía non era una persona qualunque, ma il principale candidato alla carica di Ministro de Gobernación nelle intenzioni del presidente Morales, oltre a caratterizzarsi come uno degli uomini più influenti nella cerchia del nuovo mandatario guatemalteco. Non è l’unico problema che si trova a dover fronteggiare Morales: insieme a Cabrera Mejía, infatti, è stato disposto l’arresto per Edgar Ovalle Maldonado, anch’esso braccio destro del presidente ed eletto tra le fine del partito di estrema destra Frente de Convergencia Nacional, la creazione di Morales che gode di un’ampia maggioranza all’Assemblea legislativa. Su Edgar Ovalle Maldonado pende la stessa pesante accusa che incombe su Cabrera Mejía: delitti contro l’umanità e sparizione forzata negli anni più cruenti del lungo periodo di governi militari succedutisi nel paese. Non è poco che, nell’attuale contesto storico del Guatemala, ne sia stato disposto l’arresto, ma non si può non constatare con amarezza che nessuno a livello internazionale si è mosso per denunciare la presidenza di Morales e del suo governo come una banda di impresentabili, poiché tutti sono impegnati nel più redditizio tiro al bersaglio nei confronti di Maduro e della rivoluzione bolivariana. Eppure il curriculum di César Cabrera Mejía parla chiaro: già uomo dell’ex presidente Otto Pérez Molina (travolto dagli scandali per corruzione insieme alla sua vicepresidente Roxana Baldetti e costretto alle dimissioni) nello staff del Ministero della Sanità, è stato da sempre molto vicino a José Quilo Ayuso, fondatore di Avemilgua, l’associazione dei veterani militari guatemaltechi che costituiscono la base elettorale principale del Frente de Convergencia Nacional. Impiegato al dipartimento della Sicurezza durante il governo di Vinicio Cerezo Arévalo, dal 1986 al 1990, Cabrera Mejía è implicato nella morte, tra gli altri, dell’antropologa Myrna Mack e del giornalista Julio González Gamarra, oltre che nell’attentato contro Byron Barrera, anch’esso giornalista, nel corso del quale perse la vita sua moglie. Del resto Cabrera Mejía era già avvezzo a crimini di questo tipo (avvenuti tutti nel 1989): tra il 1982 e il 1983, sotto il sanguinario Ríos Montt, aveva fatto parte dell’intelligence (leggi polizia politica) insieme a Felipe Miranda Trejo, di Avemilgua e tra i leader delle spietate patrullas che rapivano e torturavano gli oppositori politici. Se questo è il curriculum di Cabrera Mejía, quello di altri esponenti del governo Morales non è migliore. Aura Leticia Teleguario, che ha ottenuto il Ministero del Lavoro, ha lavorato per Usaid, l’agenzia Usa mascherata da organizzazione umanitaria in realtà specializzata nel fomentare i colpi di stato (vedi i molteplici tentativi di destabilizzare Cuba e Venezuela) e attualmente è membro di Fundesa, la Fondazione per lo Sviluppo considerata uno dei principali think-thank dell’elite imprenditoriale guatemalteca. Sono vicini ad Usaid anche Oscar Hugo López Rivas (all’Istruzione) e Carlos Raúl Moscoso (agli Esteri), diplomatico che ha fatto carriera sotto i peggiori repressori alternatisi alla presidenza del Guatemala.

In questo contesto preoccupa anche la partecipazione del paese all’Alianza para la Prosperidad promossa dagli Stati Uniti e propinata anche agli altri paesi del Triangulo Norte centroamericano il cui scopo principale, aldilà dei discorsi di facciata legati a combattere narcotraffico e corruzione, è quello di controllare e ridurre il traffico di migranti verso gli Usa. Sotto questo punto di vista risulta abbastanza evidente che Jimmy Morales non ha altra possibilità se non quella di allinearsi a quanto viene deciso a Washington e nelle sedi delle multinazionali che, una volta di più, si contenderanno il territorio guatemalteco con buona pace della sovranità nazionale.

Ancora una volta, a farne le spese, sarà la popolazione guatemalteca, stanca di sprofondare sempre più in fondo a un baratro da cui ogni volta è sempre più difficile riemergere.

 

 

Note: Articolo realizzato da David Lifodi per www.peacelink.it
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