Latina

Honduras: Investimenti nel turismo che invadono territori e fagocitano diritti ancestrali

Giovani garifuna fermati e arrestati durante il recupero di un terreno che
era stato illegalmente usurpato per avviare progetto turistico
23 novembre 2016
Giorgio Trucchi

Medelin David arrestata per usurpazione di terreno - Foto Ofraneh

Medelin David è stata arrestata nel pomeriggio dello scorso 10 novembre insieme ad altri cinque membri della comunità garifuna di Guadalupe, nel municipio di Santa Fe. Era stata fermata con altri giovani della comunità mentre si trovava in un terreno da poco recuperato, portata al commissariato di Trujillo e poi rinchiusa in cella.

Il gruppo di giovani, appartenenti all’Organizzazione fraternale nera honduregna (Ofraneh) di Guadalupe, afferma che nell’ultimo decennio c’è stata una accelerazione del processo di compravendita illegale di terre di proprietà della comunità. In particolare, l’imprenditore canadese Randy Jorgensen è accusato di appropriazione indebita di terreni della comunità, su cui ha poi iniziato a costruire villaggi turistici e residence, usando dei prestanome e corrompendo membri della comunità e funzionari pubblici per ottenere i permessi. Jorgensen è attualmente inquisito per usurpazione e compravendita illegale di terreni appartenenti alla comunità garifuna di Cristales y Río Negro.

“La legge honduregna è molto chiara quando afferma che è illegale la compravendita di terreni che appartengono alla comunità. Nessuno ne può autorizzare la vendita. Purtroppo siamo testimoni di come le nostre terre siano state usurpate e i nostri diritti lesi”, ha dichiarato ad Alba Sud, Celso Guillén, membro della Ofraneh della comunità di Guadalupe.

Contro di lui e altri tre membri della comunità sono stati spiccati ordini di cattura. “Ho adottato alcune misure di sicurezza perché so che mi stanno cercando. Vogliono catturarmi come hanno fatto con Medelin. La situazione è complicata, perché in casi come questi sappiamo che anche la nostra vita è in pericolo”, ha detto Guillén.

Secondo il rappresentante della Ofraneh, la vendita illegale di terre che appartengono alla comunità è un’ulteriore dimostrazione della connivenza tra gli interessi del capitale multinazionale legato allo sfruttamento del territorio garifuna per fini turistici e quelli delle autorità locali e nazionali.

In un contesto di vulnerabilità e assenza istituzionale come l’attuale, le persone che in passato sono già state espulse dalle loro terre subiscono ora un ulteriore processo di vittimizzazione. Medelin David, Celso Guillén e le altre persone sotto processo ne sono un chiaro esempio. Il giorno dopo il suo arresto, Medelin è stata rilasciata e le sono state concesse misure alternative alla detenzione, tra cui il divieto di lasciare il Paese e di avvicinarsi al terreno recuperato dai giovani.

L’origine del conflitto

Nel 1998, a seguito della lotta della Ofraneh e della Confederazione dei popoli autoctoni dell’Honduras, Conpah, lo Stato honduregno riconobbe il diritto delle comunità garifuna alla titolazione e delimitazione  dei territori ancestrali. Lo stesso anno venne consegnato il titolo di proprietà definitivo di circa 240 ettari di terre alla comunità di Guadalupe, il quale fu iscritto nel Registro delle Proprietà due anni dopo. Oramai protetta dalla legge, la comunità di Guadalupe chiese alle autorità municipali di astenersi da autorizzare lo smembramento e vendita di porzioni di terreno.

Nel 2000, la comunità decise di destinare un terreno di 3,3 ettari alla realizzazione di un progetto di turismo comunitario, volto a migliorare le condizioni economiche delle donne. “Ci riunimmo e l’assemblea decise di concedere ai membri della giunta comunitaria la potestà di smembrare l’area in cui si sarebbe realizzato un progetto di eco-etno turismo. Cominciammo a sistemare il terreno e a costruire dei bungalow. Purtroppo il materiale utilizzato per la costruzione non era il più indicato e si danneggiò velocemente, ritardando i tempi previsti per l’inaugurazione del progetto”, ha spiegato Guillén, che in quel momento era il presidente della Giunta comunitaria.

Fu così necessario cercare qualcuno che si prendesse cura della proprietà e dei materiali che erano già stati acquistati. La persona scelta per la custodia del luogo si rivelò ben presto  un approfittatore che, in combutta con un giudice del posto e le autorità comunali di Santa Fe, si appropriò del terreno e riuscì a farsi riconoscere l’usucapione. Poco tempo dopo vendette il terreno al cittadino canadese Patrick Daniel Forseth, direttore generale nonché rappresentante legale della compagnia CARIVIDA S.R.L., personaggio secondo molti vicino a  Randy Jorgensen, amministratore delegato di Life Vision Developments.

Secondo quanto riportato dal suo sito web, Life Vision è attualmente la principale agenzia di promozione immobiliare di Trujillo. Possiede più di 600 ettari di terra di fronte all’oceano su cui ha iniziato a costruire residence turistici come Campa Vista, Coroz Alta e Alta Vista. Si occupa anche della vendita di lotti di terreno e Jaguar Construction è la società costruttrice di fiducia.

Dopo il colpo di Stato che nel 2009 sconvolse l’Honduras, le imprese di capitale canadese e statunitense hanno approfittato della confusione istituzionale e della profonda corruzione esistente nel paese per espandere la propria presenza lungo la Baia di Trujillo. Banana Coast, Carivida Villas, Njoy Trujillo Beach Residences, Njoy Santa Fe Beach Residences e Marea Honduras sono solo alcuni dei progetti turistici sorti negli ultimi anni. In più di un occasione il territorio garifuna è stato ribattezzato il “Piccolo Canada”.

Un’ingordigia che causa un impatto tremendo sul diritto che le comunità garifuna hanno sulle  proprie terre. “Esiste una pressione enorme sulla costa garifuna. Ci sono imprenditori nazionali e internazionali che stanno cercando di impadronirsi delle nostre terre per lanciare progetti turistici. Alla comunità resta solamente il centro storico perché sia la spiaggia che la montagna sono già state vendute illegalmente ai canadesi. Quasi il 70% delle terre comunitarie di Guadalupe sono attualmente in mani straniere”, ha indicato Guillen.

Recuperare le terre

Dopo la vendita illegale del terreno destinato al progetto eco-etno turistico comunitario, nel 2012 i nuovi “proprietari” presero fisicamente possesso del luogo, recintando il terreno di 3,3 ettari e distruggendo tutto quello che si era cominciato a costruire. Durante più di 3 anni l’area rimase praticamente in abbandono, finché un gruppo di 50 giovani di Guadalupe decise di recuperare ciò che considerano “di proprietà legittima della comunità garifuna”.

“I giovani di Guadalupe sentono che il loro futuro è incerto e che la terra in cui sono nati viene acaparrata da stranieri, in combutta con membri della comunità e funzionari pubblici corrotti. Ci siamo riuniti con loro per condividere idee e alla fine hanno deciso di recuperare il terreno. E’ una decisione molto importante e anche simbolica. La comunità sta partecipando e si è fatta coinvolgere nel progetto di riappropriarsi di qualcosa che è nostro”, ha indicato Guillén.

Le donne della comunità si danno il cambio per cucinare, mentre gli uomini aiutano le ragazze e i ragazzi nei lavori di pulizia e dormono con loro per garantirne la sicurezza. Anche giovani di altre comunità garifuna sono venuti a sostenere il recupero del terreno. Il sogno di ognuno è di costruire la propria casa e avviare progetti produttivi per garantirsi una vita decente.

Aprite gli occhi!

Il giorno in cui siamo andati a far visita al terreno, Medelin David non c’era. Non aveva fatto in tempo ad arrivare. Parecchie donne stavano cucinando, mentre a pochi passi dalla recinzione alcune guardie private proteggevano il residence di lusso costruito da CARIVIDA.

Belinda David, sorella di Medelin, e Delcio Róchez, un altro dei giovani di Ofraneh, ci hanno accompagnati a visitare il terreno e ci hanno spiegato il perché di questa decisione. “Ci domandavamo che cosa stessimo facendo per la nostra terra, per la nostra comunità. Vedevamo le nostre spiagge e le nostre montagne occupate da un sacco di stranieri e assistevamo impotenti all’emigrazione dei nostri amici, che lasciavano ciò che per secoli era stato delle loro famiglie. Abbiamo quindi deciso che era arrivato il momento di agire, di aprire gli occhi e dire: riprendiamoci ciò che è nostro!” ha detto Belinda ad Alba Sud.

La giovane garifuna e i suoi compagni e compagne hanno le idee chiare. “Rimarremo qui, consolidando la nostra comunità che ci ha aperto le braccia, che ci appoggia, che ci ha fatto sentire la sua presenza. Stiamo già cominciando a costruire le nostre case e a coltivare. Vogliamo creare delle microimprese. Non è possibile che la nostra gente sia costretta ad abbandonare le proprie terre e morire di fame. Noi giovani abbiamo il dovere di fare qualcosa, di riportare a galla la nostra comunità e porre fine alla vendita illegale delle nostre terre”, ha aggiunto con forza Belinda.

Ci assicura che non sono mai stati contrari allo sviluppo turistico, a condizione che serva alle comunità garifuna e alla popolazione. “La nostra è una lotta pacifica. Lanciamo un appello a tutti i giovani affinché non restino più in silenzio, affinché smettano di fuggire. I nostri antenati hanno lottato per questa terra e noi dobbiamo unirci e fare lo stesso”, ha concluso la giovane garifuna.

Fonte: Alba Sud

Note: Traduzione: Giampaolo Rocchi
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