L'Internet Governance Forum

19 novembre 2005
Giuliano Muzio


La sua creazione è il risultato concreto del Summit. Non si capisce ancora
molto cosa si celi dietro a questa sigla. Per come è stato annunciato si
preannuncia come una sorta di "consesso" parzialmente aperto alle istanze
sociali e non chiuso alle sole realtà istituzionali, quanto realmente lo
sarà si vedrà nei prossimi mesi. Segnalo che i primi "rumors" sulla sua
concreta implementazione non sono positivi: verosimilmente sarà gestito
concretamente dall'ITU, braccio operativo ONU sulle telecomunicazioni. Per
chi non ha dimestichezza con questi organismi, faccio notare che l'ITU è un
contesto piuttosto "paludato", molto influenzato dalle majors delle
telecomunicazioni, abbastanza chiuso, culturalmente proveniente dal mondo
telecom che è un mondo tradizionalmente blindato (come lo sono le reti di
telecomunicazioni) e che vede Internet come il fumo negli occhi. Per
capirci, il board ITU assomiglia più a un consiglio di amministrazione di
una multinazionale; altri organismi Internet come l'IETF (associazione di
standardizzazione) o la stessa ICANN (registro dei domini) tanto vituperata
dai movimenti (secondo me, anche esageratamente, come spiego oltre) sono
molto più free e i loro board sono composti anche da persone vicine alle
istanza sociali.

Comunque se ITU controlla il nuovo IGF, ci si possono aspettare al più
problemi e poche soluzioni. L'alternativa che circola è la Internet Society.
Si tratta di un'ICANN in versione ingessata. E' basata in Virginia e non in
California come ICANN e questo (è una pura supposizione) già mi puzza. A un
tiro di schioppo dalle istituzioni militari americane e dalla CIA. E' piena
zeppa di gente tipo Microsoft (membro di platino dell'Internet Society), IBM
e compagnia cantante. Dalla padella nella brace.

Comunque si concretizzi l'IGF, io queste notizie sono andato a pescarle
tutte su siti e blog USA. In Italia, per motivi che sinceramente non
comprendo non se ne parla. Si dice che ci sarà l'organismo, si oscilla tra
un consenso e annunci di vittoria (anche Fiorello Cortiana, per esempio,
cosa che mi lascia assai perplesso) e una dichiarazione di sconfitta (ci
torno sulla parte della carta della rete e del CRIS), ma ci si ferma in
superficie. Per leggere l'unico commento in profondità bisogna andare su
Cnet e constatare che l'unica analisi condivisibile è quella di McLaughlin,
che è l'uomo delle relazioni istituzionali di Google che dice di essere
"mildly concerned", cioè un po' preoccupato. Sono d'accordo. Mentre il
trionfalismo mi sembra francamente incomprensibile, anche dire che non è
successo niente mi sembra poco.

) I diritti dei navigatori

Su questo tema sono eretico. La campagna CRIS di cui apprezzo l'enorme
sforzo di analisi e riflessione non mi convince nel merito. Semplificando,
non capisco perché i diritti per la rete dovrebbero essere diritti diversi
dagli altri. Da libertario sono abituato ad associare i diritti
all'individuo in quanto tale più che alle sue specificazioni (è un problema
che ho avuto nella mia vita anche con il sindacato, anche se sono stato
delegato CGIL). Non capisco perché i cinesi dovrebbero avere diritti in rete
e non diritti e basta. Penso che chiedere diritti per particolari classi di
individui, costruisca barriere per chi a questa classe non appartiene
(quanto lo vediamo con gli immigrati oggi!). Sono per i diritti individuali
sovranazionali e per l'autogoverno delle comunità. Dire che bisogna dare
diritti a coloro che in Cina o in Iran o in Arabia o in Tunisia non possono
accedere alla rete è sacrosanto, ma non c'entra con la rete in quanto tale,
è un problema politico che deve essere gestito altrove. Per questo la
piattaforma della Carta dei Diritti della Rete portata a Tunisi mi lasciava
e mi lascia perplesso. Chi la gestisce poi la Carta? L'ONU? Con quali
poteri? Con quali organismi tecnici? Si dice che l'importante è sottrarre il
controllo di Internet agli USA. Che il controllo della rete stia negli USA è
vero solo in parte. L'ICANN registra i domini e gestisce tecnicamente i DNS,
ma finora ha svolto questo compito senza censure, il suo board si è
progressivamente internazionalizzato e si è difeso egregiamente dalle
lusinghe del governo USA. La cultura dei suoi membri è figlia della cultura
radical della west-coast (molto diversa dalla cultura della Internet
Society). Ma soprattutto l'ICANN è stata brava a fare una cosa: a lasciare
fuori dalla porta i professionisti della politica, lasciando prosperare
l'intrinseca libertà dello strumento. La Carta dei Diritti rischia di
mescolare i giochi, di far entrare la politica nella gestione operativa
della rete, di snaturarne il principio di autogoverno. Di configurare un
futuro nel quale chi naviga in rete (e chi vuole pubblicare) è soggetto a
un'autorità di controllo politica. Non a caso a Tunisi Cina, Iran e Arabia
Saudita sono stati i più solerti a chiedere l'istituzione di un organismo
direttamente sotto l'egida ONU per la governance di Internet.

Non vedo molti sostenitori in Italia di queste posizioni: la sinistra mi
sembra in questo caso prigioniera della sua cultura troppo prona al diritto
positivo e alla supremazia della legge sulla prassi (quanti danni ha già
fatto questa cultura in Italia? Perché troppo spesso pensiamo che basta una
nuova legge e nuove regole per risolvere in pratica un problema?). Anche qua
mi consolo con la cultura "lisergica" della west-coast americana o con
alcuni radical della Silicon Valley.

E allora?

L'ICANN è sotto pressione da parte del governo USA. Ha cercato di
internazionalizzarsi anche per questo, ma Bush cerca di far valere il
principio che essendo situato negli USA deve sottostare alla legge
americana. Il Governo USA sta spingendo per far pronunciare sempre più la
FCC (l'autorità delle telecomunicazioni) su temi della rete Internet.
L'ultima è la volontà di intercettare le chiamate VOIP, cioè le "chiamate
Internet". Come dicevo sopra la rete telecom è infatti storicamente
controllata, mentre Internet si presta più difficilmente a queste
operazioni. Mi spiace dirlo, ma la campagna per "sottrarre il controllo
della rete agli USA" sta oggettivamente indebolendo l'ICANN, anche se Bush
sa di avere addosso gli occhi del pianeta e non si azzarda a fare nulla.
Penso che la cosa più giusta da fare sia quella di interessarsi a quanto
avviene in quei contesti, magari cercando di partecipare il più possibile
(Icann come detto ha una logica aperta), secondo il principio della
vigilanza democratica. Anche molti progressive blogger negli Usa sono a
disagio su quanto avviene e sul fatto che c'è il rischio che il controllo
della rete sia progressivamente aumentato da parte delle autorità. E' vero
che in una logica multilaterale non ha senso che una sola società sita negli
USA metta le mani sui domini, ma l'alternativa va pensata bene, se no si
rischia di cadere dalla padella nella brace. Non esistono bacchette magiche.
Personalmente penso che sia meglio tentare di modificare la struttura
dall'interno, magari aiutando l'ICANN a internazionalizzarsi (c'è già un
processo in atto, ma è un po' tortuoso). Oppure affiancare l'ICANN con un
altro organismo, che però cerchi il più possibile di non subire l'influenza
dei governi. Di battaglie non violente per i diritti c'è un gran bisogno, ma
in altre sedi. Le nostre società "occidentali" hanno già creato troppe
categorie di privilegiati (i cittadini sui non-cittadini, i lavoratori sui
non-lavoratori) per creare anche quella di chi naviga rispetto a chi non lo
fa.

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