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Report sul cpt ''regina pacis'' - 30 novembre e 2 dicembre 2002

Né a S. Foca né altrove

16 luglio 2003
Luca Ruberti
Fonte: Lecce Social Forum

Regina Pacis 26.07.03  Galleria Fotografica a cura di:www.triburibelli.org
Il 30 novembre 2002 è una giornata di mobilitazione per il movimento dei movimenti, impegnato con la campagna "Né qui né altrove" a manifestare per la chiusura dei Centri di Permanenza Temporanea. Il neonato Coordinamento pugliese sull´immigrazione (settembre del 2002) prima ed il Lecce Social Forum poi, decidono di aderirvi e organizzare in Puglia una manifestazione parallela a quella in programma a Torino.

Meta della giornata sarà perciò il CPT "Regina Pacis" di S. Foca, ormai storico non luogo di concentramento dei migranti sbarcati sulle coste del Salento (e non solo).Sorto sulla soglia del belpaese, su una spiaggia del Canale d'Otranto a circa 20 km dal capoluogo, il Centro di Permanenza Temporanea è tutto in una vecchia colonia marina già riutilizzata dal volontariato cattolico quale centro d'accoglienza dei protagonisti dei primi sbarchi, nei primi anni '90. A decorrere dal 1998 assumerà le caratteristiche spinate dell´istituto detentivo (voluto dalla ''fortezza Europa'' e disposto dalla legge Turco Napolitano) per migranti in fuga, rei di non aver bussato alla porta prima di fare ingresso in Italia.

A compiere questo "salto di qualità", nonostante l'orientamento di segno opposto di Caritas Italiana, sarà la Curia leccese che da allora gestisce il CPT attraverso l´omonima fondazione "Regina Pacis".

Come la Curia abbia potuto decidere di impegnarsi in un´istituzione totale - il centro di detenzione amministrativa qual è il CPT - vestendo i panni non più del cappellano ma addirittura quelli del carceriere stesso non è l´unico interrogativo che da tempo vado ponendomi...
Può, ad esempio, la confusione che si continua a fare tra Centro d´Accoglienza e Centro di Permanenza Temporanea - un ipocrita eufemismo per nascondere la natura detentiva dell´istituto - giustificare il silenzio della base dei cattolici leccesi (e questo il silenzio "politicamente corretto" del resto della città, quando non la supina condivisione)?

E´ possibile che su uno degli snodi più significativi di transito migratorio, su una cerniera così importante della globalizzazione neoliberista, quale il Canale d´Otranto, proprio la Chiesa (di Lecce, in questo caso) abbia smarrito la capacità di leggere in ogni sbarco i segni di uno stridente stato di bisogno che si manifesta?

Si emigra troppo spesso per sfuggire alla morsa di una condizione determinata da logiche che perseguono solo il privilegio di pochi sullo sfruttamento di molti, che - al di là di nuovi muri come il Canale d´Otranto - tengono sotto scacco il destino di molta parte del pianeta e - al di qua - selezionano in misura solo funzionale al sistema occidentale gli ingressi, da sottoporre peraltro a regime di apartheid giuridica, civile, sociale e lavorativa, come quello disposto dalla nuova legge Bossi Fini.

Come è possibile che una Curia dia la propria disponibilità a gestire uno di questi momenti di segregazione ed esclusione che l´occidente ha deciso di organizzare per l´altro da sé (che chiama - appunto - extracomunitario), piuttosto che rifiutare con indignazione il "salto di qualità" proposto dai tempi e denunciare la barbarie della nuova tendenza politica neoliberista?
Me lo chiedo ripetutamente mentre il corteo si porta dalla torre costiera del cento abitato di S. Foca verso il CPT, tanto più avendo frequentato da molto vicino la Chiesa di Lecce, negli anni del vescovado di Michele Mincuzzi.

Da allora la Curia locale è cambiata... eccome: mi pare darmene conferma la presenza del Questore in persona quale "responsabile di piazza" della manifestazione (accompagnerà personalmente anche l´iniziativa di monitoraggio del Centro - da noi voluta e guidata dall´on. Mauro Bulgarelli dei Verdi - per la prima volta).

Nonostante la pioggia e l´affanno (per via del nuovo fronte di mobilitazione apertosi dopo gli arresti di una parte di attivisti del movimento, disposti dalla procura oni all´appuntamento), la giornata è da poco iniziata. Tra interrogativi e qualche saluto siamo quasi arrivati al CPT.
Primo shock, passando alle spalle della vecchia colonia marina, la denuncia di maltrattamenti urlata da dietro le sbarre da un gruppo di giovani maghrebini. Urlata e dimostrata: mi rimangono impresse le ecchimosi, i lividi mostrati da un ragazzo, in particolare, su coscia e attorno all´occhio.

Il corteo si ferma non poco a scambiare qualche parola con i giovani maghrebini, che denunciano - ripresi dalle telecamere - i Carabinieri tra i responsabili di tanto. Ad interloquire con loro in francese è soprattutto Dino Frisullo di Senzaconfine, che insieme all´on. M. Bulgarelli guiderà la delegazione all´interno del centro.

La Digos assicura in partenza l´ingresso di una trentina di attivisti. In due tempi.
Farò parte del primo gruppo, insieme a D. Frisullo, M. Bulgarelli, all´assessore provinciale del Partito della Rifondazione Comunista Donato Margarito, a don Angelo Cassano (parroco della Chiesa di S. Sabino di Bari) e ad altre/i rappresentanti del Lecce Social Forum e del movimento pugliese.
Alla delegazione si affiancheranno alcuni giornalisti: Stefano Boccardi (Gazzetta del Mezzogiorno), Stefano Mencherini (giornalista indipendente), Ornella Bellucci (Primavera Radio - Popolare Network), Alessandro Leogrande (Lo straniero), Davide Carlucci (la Repubblica).
La composizione del gruppo è confusamente improvvisata sull´uscio del centro e non mi consentirà - una volta all´interno - di distinguere immediatamente tra il compagno di un altro nodo della rete pugliese e la numerosa polizia in borghese presente.

Il primo gruppo rimarrà però l´unico ad entrare. A saltare non sarà solo l´ingresso del secondo gruppo...
La gravità delle cose di cui prendere nota all´interno del centro stravolge anche il programma di partenza: l´incontro con una delegazione dei trattenuti nel cortile del CPT (a cuore dei più ma ripetutamente negatomi dal Questore e da qualche suo luogotenente, una volta all´interno del centro); il simbolico incatenamento volontario di altri compagni al recinto del centro, una volta esaurita la visita di monitoraggio.

Niente di tutto ciò: la visita durerà quasi due ore e assorbirà tutto il tempo che ci separa dall´assemblea ("Da clandestini a cittadini") prevista per lo stesso pomeriggio presso l´Università di Lecce.
Che non si sarebbe trattato di un´iniziativa di monitoraggio qualunque lo si era capito passando sotto le finestre sbarrate del CPT.
Una volta all´Università, Dino si scusa con l´assemblea del tanto tempo impiegato, tanto più a fronte dell´impazienza manifestata da alcuni compagni... ma il tempo è quello che il CPT si prende per risucchiarci in una storia che ci lascerà diversamente sgomenti.

Il più lucido è proprio Dino, che una volta fatto ingresso cerca di entrare immediatamente in relazione con il gruppo dei giovani maghrebini. Il gruppo (circa una ventina di persone tra attivisti e giornalisti, senza contare la Digos che ci segue) si scompone, si ricompone... sciama all´interno dello stabile, si porta nelle camerate dei trattenuti e - ovviamente - in quella di quanti dalle finestre denunciavano maltrattamenti.

Muoversi in tanti, in ambienti di per sé affollati diventa letteralmente un´impresa. Nella stanza dei trattenuti maghrebini, una volta giunto, mi è quasi impossibile muovermi.
Dino è già impegnato in uno degli angoli che 6 letti a castello creano in un ambiente passante di circa 25 mq a raccogliere (anche con l´aiuto di un interprete) il racconto dei maltrattamenti e le generalità di chi racconta: impossibile raggiungerlo.

Stordito come mi sento, mi guardo attorno, cercando di capire - al di là dei trattenuti - chi mi circonda. Comincio a distinguere...

Rossanna Giannone, una compagna che nella vita fa la fisioterapista, mi raggiunge per dirmi di un ragazzo con frattuale). La protegge momentaneamente, improvvisando una fasciatura con la sua stessa sciarpa.

Mi porto nella stanza appresso... qui è possibile soffermarmi ad ascoltare il racconto di un uomo cingalese; interlocutori M. Bulgarelli e l´assessore Margarito, alla presenza di qualche altro giornalista.

R.J., residente in Italia da oltre undici anni, padre di un bambino di 5 anni e con un contratto di collaborazione coordinata presso una cooperativa romana (ci esibisce ripetute volte la sua busta paga) è stato fermato per un controllo durante l'intervallo di tempo che intercorre tra i periodici rinnovi del contratto di lavoro e - ritenuto sprovvisto di attività lavorativa - è stato condotto presso il CPT, in attesa di espatrio. Incredibile...
Mi raggiunge intanto il cenno di una persona che segue a distanza i nostri movimenti e mi lascia intendere un´infermità mentale di R.J.

Distinguo chiaramente... A parlarmi è un funzionario della Digos: ammesso e non concesso abbia ragione, però, l´infermità mentale non dovrebbe bastare a rendere ancor meno comprensibile la presenza di R.J. nel CPT?
Se ne occuperà l´on M. Bulgarelli con un´apposita interrogazione in Parlamento.

Per dare un senso alla mia presenza nelle stanze di quel padiglione, decido di verificare l´abitabilità dei luoghi presenti al piano.
La confidenza con i centimetri mi permette di rintracciare le dimensioni - in particolare - dell´ambiente nel quale si trova ancora Dino. Avvalendomi del modulo delle piastrelle che fanno da finitura, deduco si tratti di un vano di 5,50 x 4,50 mt. ca (circa 25 mq, quindi): è pressoché privo di adeguate fonti di luce esterna e di areazione (le uniche sono quattro "luci" di 0,50 x 0,75 mt. circa ciascuna, poste a più di 2 mt dal piano di calpestio), è un vano passante per altri 2 consecutivi, eppure ospita 12 persone in 6 letti a castello.

Mi muovo dal piano, richiamato non ricordo più da cosa. Dal piazzale antistante il centro comincio a ricevere telefonate che via via si faranno sempre più impazienti: mi viene chiesto ripetutamente di realizzare l´incontro tra una delegazione dei trattenuti e i manifestanti. Altrettanto ripetutamente avanzo richiesta in tal senso all´alto funzionario della Digos ormai riconosciuto e direttamente al Questore.
La richiesta verrà ogni volta respinta. Negata ai trattenuti è pure la possibilità di affacciarsi alle finestre che danno sul piazzale.
Non è una novità: ad ogni manifestazione c´è sempre qualcuno che entra nelle camerate ad ammonire chi si affaccia... questi prontamente arretra ed una zelante manina - cui fa difetto il coraggio di mostrarsi accompagnata da un volto - muove le ante della finestra fino a chiuderle del tutto.

Tra una telefonata ed un contatto con la Polizia per la suddetta richiesta, intanto, osservo un folto gruppo di giovani maghrebini agitarsi con veemenza nella sala TV all´indirizzo del cuoco del centro, rinfacciandogli con rabbia un ripetuto "carne con bastone!".
Alla domanda di qualcuno della delegazione sulla presenza di carne di maiale nel menu, il cuoco aveva appena dichiarato di rispettare le abitudini alimentari delle persone di fede musulmana.

Più o meno contemporaneamente qualcuno sta raccontando a Dino di essere stato immobilizzato e costretto con la forza di un manganello ad ingoiare pezzi di carne cruda di maiale - peraltro in ramadan - , come punizione per il tentativo di "fuga" dal CPT, nella notte tra il 21 e il 22 novembre.

Non è che una parte di un racconto che parla di violenze subite ad opera di alcuni Carabinieri e operatori del centro di cui si fanno con precisione i nomi (tra questi quello del direttore, don Cesare Lodeserto).
A riprova dei fatti che narrano, i ragazzi fanno vedere fasciature, arti ingessati, denti spezzati e segni evidenti di ecchimosi e contusioni.

La "fuga" scontata è quella che apprendevo sulla strada per la manresti di Francesco Caruso e compagni, leggendo la prima pagina di cronaca locale del "Quotidiano" (23 novembre): per scoraggiarla - ricordo - non si risparmiarono mezzi, esplosioni d´arma da fuoco incluse...

Un eufemismo ("permanenza temporanea") nasconde una restrizione di libertà immotivata ed incostituzionale (qual è il delitto del trattenuto?) e l´allontanarsi da un centro che la retorica generata dai protagonisti del "Regina Pacis" vorrebbe ancora "d´accoglienza" comporta "fuga" degna di una caccia all´uomo a sua volta degna di miglior causa.
Tra la retorica dell´accoglienza agita dalla Chiesa locale e la xenofobia legalizzata dal neoliberismo, per quanto ancora l´insieme delle istanze che ciascun immigrato può rappresentare saranno condannate alla vera clandestinità dell´invisibilità?

La visita sta per terminare e nel corridoio che precede l´uscita rivedo finalmente Dino che, visibilmente teso e stremato, mi consegna un foglio: firmata da 58 pakistani del Kashmir trattenuti da diverse settimane nel "Regina Pacis" è una richiesta d'asilo che, contestualmente, contiene la denuncia di non aver mai potuto istruirne una prima d´allora.

Quando, in occasione del secondo, eccezionale ingresso della stessa giornata (di cui dirò più avanti) avrò modo di parlare direttamente con uno dei 58 pakistani saprò precisamente di un unico, precedente vano contatto con un avvocato del CPT che, in un "carcere etnico", un luogo che detiene esclusivamente stranieri, non conosceva la lingua inglese.

Qualche giorno più tardi, telefonicamente, Dino mi riferisce poi di uno strano tentativo di persuasione dei 58 ad opera di alcuni operatori del centro: si chiede loro di riproporre la richiesta d´asilo sui moduli del CPT... I pakistani lo informano immediatamente.

Per tornare alla visita della delegazione, il momento conclusivo si rivela essere quello più concitato.
Nel corridoio il gruppo si ricompone gradualmente: il tempo di scambiare appena poche sensazioni e la tensione schizza alle stelle in prossimità della Direzione o del luogo che in quel momento vede radunato qualcuno.

Dino, scosso dai racconti da poco raccolti, è fuori di sé: parla di "stanzino della tortura" presente nel centro e comincia a chiederne conto alla direzione.
Molte cose ancora mi sfuggono o stento a realizzarle: lo stordimento si fa sconcerto.
Mi dicono di un incontro iniziato in una delle stanze sul corridoio tra una parte della delegazione e la direzione. Dino non è desiderato: se non ricordo male fa un vano tentativo d´ingresso nella stanza in cui don Cesare Lodeserto avrebbe ammesso solo i rappresentanti istituzionali.

Qualche istante, rifiuto l´idea che si possa rimanere fuori e decido di entrare comunque nella stanza, ottenendo di restare.
Don Cesare Lodeserto è già impegnato a rispondere a qualcuno. Oltre al Questore sono presenti l´on. M. Bulgarelli, l´assessore D. Margarito, Gianni Muci, un compagno del Lecce Social Forum, e probabilmente qualche militare.

Ricordo uno sforzo per uscire dalla stato di sbigottimento, recuperare lucidità e riportarmi sugli elementi in mio possesso: per quanto non al corrente di tutto quanto ha potuto sapere Dino parlando con i giovani maghrebini chiedo fermamente conto al direttore del centro ed al Questore delle vistose lesioni che tutti abbiamo potuto vedere nel corso del corteo.

Il direttore mi parla di scontri che spesso avverrebbero tra i trattenuti del centro; mi sottolinea le ferite riportate da alcuni carabinieri in seguito a colluttazioni avvenute durante la "fuga" o l´inseguimento e mi invita a considerare l´altezza da cui i maghrebini si sarebbero lanciati.
Il Questore mi riporta alle dinamiche della "fuga" già presentatemi da don Cesare Lodeserto e precisa che la cosa non ha comunque coinvolto i suoi uomini, ma quelli di un´altra arma.
La mia replica è intanto tutta politica e tesa a aver commesso alcun reato il diritto di "fuga"...

A don Cesare Lodeserto che dimostra di riconoscermi per avermi visto frequentare la diocesi leccese ed il vescovo Mincuzzi (di cui è stato segretario nella prima metà degli anni ´80) ed al Questore che coglie questo riconoscermi soffermandocisi, rispondo restando sul piano politico e su ciò che drasticamente ci divide: dichiarando cioè il mio personale dissenso per l´impegno profuso da un prete al di qua di quel recinto spinato che abbiamo davanti agli occhi, appena oltre la finestra.
La scena si ripeterà più o meno identica in serata, in occasione del secondo ingresso.

L´incontro si concluderà con la disponibilità assicuratami dal Questore (e sottolineatami all´istante dall´on. M. Bulgarelli) ad ingressi di monitoraggio quindicinale del CPT, in équipe (alla presenza di un giornalista, un medico, un legale) ed a prescindere dalla presenza di un parlamentare.

Si esce... Mi torna un senso di sconcerto misto di inadeguatezza.
Dino è sempre il più scosso e, una volta faccia a faccia con don Cesare Lodeserto, ha finalmente modo di contestargli il coinvolgimento nei pestaggi denunciati dai giovani maghrebini. La tensione è altissima: volano le promesse di denuncia.

Stremati, siamo finalmente fuori. Non abbiamo modo di consultarci tra noi prima di riferire ai manifestanti che attendono da quasi due ore. Usciamo in ordine sparso, mentre Bulgarelli mi chiede di cominciare a fare un resoconto che biascico davanti ai primi microfoni. Poi sarà la volta dell´onorevole, quindi di Dino, che annuncia di ritornare in assemblea, all´Università, su alcuni gravi episodi.

Così infatti farà.
Più lucido di tutti denuncia rigorosamente l´assenza di interpreti, l´inadeguata tutela legale, la mancanza di informazione su diritti e procedure, la carenza di assistenza sanitaria, il trattenimento illegittimo di potenziali richiedenti asilo (ben 58 pakistani), l´ingiustificato trattenimento di cittadini stranieri con domanda di regolarizzazione in corso o in attesa di rinnovo di contratti di lavoro co.co.co... e soprattutto i pestaggi di cui è venuto a conoscenza.
Propone perciò un esposto denuncia ed un pronto rientro nel "Regina Pacis" con un avvocato.

Nel corso dell´assemblea, intanto, una delle persone entrate in delegazione nel centro, riceve dal "Regina Pacis" una telefonata del cittadino cingalese R.J. che lamenta di aver subito maltrattamenti dopo l´uscita della delegazione.
La notizia provoca indignazione e sgomento in sala.

Si decide di sciogliere l´assemblea e di tentare un reingresso nel CPT per verificare l´attendibilità dell´allarmante comunicazione ricevuta. Un gruppo di manifestanti decide di occupare simbolicamente il Duomo della città fino ad accertamento avvenuto, un altro di portarsi in Questura per ottenere di fare nuovo ingresso nel "Regina Pacis".

Il braccio di ferro che si annuncia con il Questore che chiede venga prima liberato il Duomo viene superato dalla disponibilità improvvisamente manifestata dal sen. Alberto Maritati (Ds).
Decidiamo di avvalerci del suo potere di verifica per accedere tempestivamente al centro ed appurare quanto ci viene riferito. Ricordando l´impegno di Sottosegretario con delega all´immigrazione del sen A. Maritati (ed il suo impegno ad implementare una legge che per la prima volta nel Paese istituisce proprio i CPT che si contestano con la manifestazione) ho inizialmente qualche titubanza. La verifica di questo nuovo maltrattamento sarà più importante ed urgente.

Insieme a Mauro Pascariello dei Verdi presenti nel Lecce Social Forum, al senatore e ad una giornalista faccio rientro.
Con cinque-minuti-cinque di ritardo rispetto agli altri tre: il senatore, nonostante le mie ripetute proteste, mi invita ad entrare in un secondo momento. Il mio ingresso deve essere autorizzato dal direttore del centro?

Si ricominciatati entrano in argomento, un giro scontato dei diversi punti di vista (alla presenza della Digos) e ancora una volta si fa riferimento ad un´infermità mentale apparentemente ammessa dallo stesso interessato. E´ arrivato improvvisamente il vescovo Ruppi. Dopo i saluti, il direttore e la Digos ci hanno lasciati soli nell´incontrare R.J., che conferma la telefonata fatta, ripropone il proprio caso personale, il proprio senso di impotenza, assicura di non aver subito maltrattamenti fisici, ma di essere stato canzonato mentre cercava ancora una volta, dopo la nostra prima visita, di avere ragione del proprio caso.

Al termine del colloquio, il sen A. Maritati chiede di visitare l´intero centro. Per la circostanza visito molto più di quanto fatto nel pomeriggio, ma - mi accorgo una volta fuori - di non tornare nel padiglione dei giovani maghrebini: sono da quasi 12 ore impegnato sul CPT ed i riflessi sono seriamente appannati dalla stanchezza. Un grave errore, comunque!

Passando dall´infermeria, però, il senatore ha modo di chiedere al medico di turno se è venuto a conoscenza di maltrattamenti patiti dai trattenuti nel centro. Questi risponde negativamente e mette a disposizione il registro.

Nei giorni seguenti, i concitati ed intricati fatti avvenuti ed appresi nella giornata del 30 novembre iniziano ad essere ricomposti. Dino Frisullo riassume "di getto" la propria testimonianza nel documento "Se questa è umanità... Cronaca, grida, riflessioni su una giornata nel lager di San Foca, e su ciò che ne è seguito" (v. allegato).

L´on. Mauro Bulgarelli presenterà tre interrogazioni parlamentari, due nella seduta n. 241 del 17.12.2002 e una nella seduta n. 242 del 18.12.2002 (v. allegati).
L´on. Giovanni Russo Spena (PRC) presenterà due interrogazioni parlamentari, una nella seduta n. 247 del 15.1.2003 e l´altra nella seduta n. 258 del 4.2.2003 (v. allegati) chiedendo che di scongiurare il rimpatrio dei ragazzi maghrebini per permettere agli stessi di essere ascoltati dai giudici.

Ma ancora prima, la questione "Regina Pacis" era approdata in Parlamento: immediatamente dopo i fatti, il 3 dicembre 2002, l´on. Ugo Lisi (AN), deputato di Lecce, si "affretta" a presentare un´interpellanza urgente, sottoscritta da altri parlamentari salentini e pugliesi del Polo.
L´interpellanza, illustrata il successivo 5 dicembre in Parlamento, nella seduta n. 235, esalta la funzione di "accoglienza" svolta negli anni dal centro e, accennando anche ad una inchiesta giudiziaria già in corso connessa alla gestione amministrativa della struttura e ad un possibile uso improprio dei fondi del Ministero dell´Interno, ostenta una seria preoccupazione per il clima creatosi intorno alla questione del "Regina Pacis".
Clima che tenterebbe "di destabilizzare le istituzioni ecclesiastiche, civili e politiche, naturalmente democratiche di questo paese". All´interpellanza, risponderà il sottosegretario di Stato per l´Interno, il leccese on. Alfredo Mantovano (AN). V. in allegato resoconto stenografico della seduta.

Il pomeriggio del lunedì successivo alla manifestazione (2 dicembre 2002) una delegazione composta da un medico, un giornalista, due legali ed un esponente del Lecce Social Forum chiede di poter entrare nel "Regina Pacis", in base all´impegno assunto dal Questore di Lecce, per poter visitare i giovani maghrebini e raccogliere le loro nomine.

La mattina è un giro incessante di telefonate per organizzare il rientro: il Questore ridimensiona la disponibilità manifestata solo poche ore prima, nonostante il richiamo agli impegni, le insistenze, che giungeranno anche dall´on. M. Bulgarelli, tornato a Roma.

Entrerò solo, in compagnia dell´avv. Sandra Muscogiuri.
Insieme veniamo ricevuti in un ambiente affollato dai vertici delle forze dell´ordine: il Questore in persona, ancora una volta, ed un alto ufficiale del comando provinciale dei Carabinieri. Ambedue accompagnati da relativi colente il responsabile dell´ASL di zona, che per la circostanza ha con sé una serie di A4 scaricati da internet: distinguo certamente stampe da indymedia che qua e là recano qualche passaggio sottolineato in evidenza.

Scopo dell´ingresso - a questo punto - è proporre l´assistenza legale finora non assicurata dal centro. A ricevere incarico saranno gli avv. Sandra Muscogiuri e Marcello Petrelli.
Per il Questore scopo di questo ulteriore incontro è anche appurare che dall´ingresso del sabato precedente nessuno ha subito maltrattamenti.
In ogni caso, visto il dispiegamento di forze dell´ordine, rinunciamo alla possibilità offertaci di procedere a visite mediche con il responsabile della ASL e procediamo a passare in rassegna l´elenco dei giovani maghrebini, che rifiutano l´interpretariato del cuoco del "Regina Pacis".

Favorito l´interprete da loro proposto procediamo.
Mentre si lavora alla raccolta delle nomine, l´operatore del centro che di volta in volta chiama gli interessati, dà notizia di una ventina di altre persone che chiedono di incontrare i nostri avvocati, introducendo nella stanza i relativi tesserini di riconoscimento.

Annunciamo la nostra disponibilità, rinviando la raccolta delle relative nomine al termine dell´elenco che stiamo ancora scorrendo. Una volta esaurito questo, però, uno dei Carabinieri presenti sostiene esserci stato un errore. L´operatore avrebbe preso impropriamente dei tesserini dalla guardiola presente all´ingresso: "qui entrano ed escono un sacco di persone" (da un "centro di detenzione", penso tra me?).
Ci alziamo dal fondo della sala come per andarcene. Sulla porta contesto la tesi dell´errore e chiedo di parlare con l´interprete che mi ribadisce il desiderio di altre persone ad avere assistenza legale.
Chiedo spiegazioni al Carabiniere ed ottengo l´ammissione di un errore. Un altro. Un errore sull´errore!
Si torna indietro e ci si accomoda per prendere nomine per altre 8 persone.
Per quelle ancora rimanenti, propongo all´avv. S. Muscogiuri di pensarci in occasione dell´ingresso del primo colloquio.

Si esce, seguiti dal cuoco che mi ripete di essere anche lui un immigrato...

Il 5 dicembre la vicenda viene presentata alla stampa nella sede del Lecce Social Forum. La città, nel frattempo, si è stracciata più volte le vesti.
Un esposto a firma di alcuni componenti la delegazione del 30 novembre verrà intanto depositato presso la Procura della Repubblica di Lecce, nei giorni successivi.

Il 6 dicembre, 21 ragazzi incontrano finalmente un avvocato: 13 tra loro presenteranno una denuncia-querela in Procura.
Il loro desiderio di giustizia comincia così a trovare cittadinanza.
Non senza insidie, però. Perché qualcuno dal CPT pare gli faccia credere che il trattenimento di 60 giorni prossimo alla scadenza, insistendo nel desiderio di giustizia, possa prolungarsi.

Il che produce scoraggiamento che stentiamo a cogliere dall´esterno. Ci attendiamo un trasferimento nel centro "Lorizzonte" dove la permanenza, ci assicurano gli avvocati, avverrebbe in qualità di semplici ospiti. Non di trattenuti.
Invece i giovani maghrebini ritirano la denuncia e vengono accompagnati in stazione dove, però, abbiamo modo di incontrarli e spiegare loro che la loro vertenza può andare avanti con un permesso di soggiorno per motivi di giustizia. Altro che ulteriore trattenimento.

Da questo momento si apre la spasmodica e difficile ricerca di una degna sistemazione logistica in una città priva di strutture di accoglienza. E´ l´antivigilia di Natale, nessuno vuole dare ospitalità ad un gruppo di ragazzi che ha osato denunciare Carabinieri e "Regina Pacis".
Tra le strutture ricettive cattoliche qualcuna ha il dormitorio impegnato con un presepe: un presepe realmente vivente deve quindi cedere il passo alla cartapesta...
Qualcun altro propone di telefonare a don Cesare Lodeserto, per trovare ospitalità nello stesso "Regina Pacis": cortocircuiti...

Per 15 giorni sarà invece la sedeno!
Un incontro fermo e deciso con il Prefetto chiederà alle istituzioni di assumersi delle responsabilità.
La sindaca della città, in prima linea nell´esprimere solidarietà alla Curia, dovrà rimuovere gli ostacoli logistici che si frappongono al diritto dei ragazzi maghrebini di seguire la loro vertenza, a ciò portata dall´intervento del Prefetto.

Sarà una pensione prima ed un appartamento poi (le cui spese sono a carico della comunità) ad assicurare una dignitosa sistemazione, a coprire le carenze strutturali di un territorio che si vorrebbe pure candidato al Premio Nobel per la sua vocazione all´accoglienza.
La vertenza, intanto, ha già avuto il suo incidente probatorio. Il resto è ancora in progress.

Luca Ruberti

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