EDITORIALE

Una storia nuova senza imperi

Alex Zanotelli

È la stagione dell’attesa, dell’avvento.
Tempo di Natale, della nascita di un bimbo di nome Gesù.
È la stagione della novità, dell’anno nuovo. La novità della vita, del credere che il cambiamento possa sbocciare anche dentro – e oltre – i disastri umani che ci avvolgono.
Una domanda mi sorge spontanea, proprio in questo contesto di avvento natalizio: crediamo davvero che il nuovo può irrompere, nonostante tutto quello che viviamo? Ci crediamo davvero o siamo convinti anche noi, come fa il mondo, che questa è la fine della storia e che non c’è null’altro da aspettarsi? Crediamo che l’umanità possa fare ancora un salto di qualità?
Pongo, quindi, una domanda importante: è possibile che cinquemila anni di storia – almeno quella a noi nota – sia stata retta da imperi, dai diversi Cesare, che hanno oppresso, schiacciato ed emarginato la gente? Ci può essere una storia che sia finalmente senza imperi? Possiamo fare un salto di qualità e pensare a un’altra maniera di governarsi?
Si poneva la medesima domanda padre Balducci: così come l’uomo a un certo punto della storia umana ha fatto un salto di qualità ed è diventato homo sapiens, è possibile che faccia un ulteriore salto e divenga homo planetarius? È possibile che irrompa nella storia umana una grande novità inaspettata?
Noi cristiani crediamo, prima di ogni altra cosa, che il nuovo è possibile?
Mi ha affascinato molto, nel corso di questa mia riflessione, un recente libro, edito negli Stati Uniti, dal titolo “La grande svolta. Dall’impero alla comunità madre terra” di David Korter (autore di “Quando le multinazionali governano il mondo”).
L’autore parte dalla premessa che oggi è necessario un salto di qualità perché l’umanità possa avere un futuro: “È una scelta che dobbiamo fare tra la cultura imperiale e la cultura della comunità madre terra. È una scelta tra i bassi e gli alti piani della natura umana. È una scelta tra la politica imperiale di ‘arraffamento’ individuale del potere e la politica democratica costruita sui principi e sul bene comune. È una scelta tra coloro che cercano il potere e rimangono imprigionati nella coscienza imperiale e i realisti della politica che invece cercano di risolvere i problemi che attanagliano tutti”.
Oggi un bimbo ci è dato. È la vita che sgorga, mentre viviamo dentro le sfere di un impero che ci sta portando inesorabilmente alla morte, per le guerre e i disastri ambientali.
Riusciamo a credere che possono nascere delle comunità della madre terra, comunità il cui principio fondamentale è la passione per la vita, per la terra, che richiedono nuove relazioni umane? È questo l’invito di Korter che oggi riprendo: “Purtroppo buona parte delle nostre relazioni sono ridotte a scambi impersonali soprattutto in chiave finanziaria e buona parte di questo è sacrificato alla gioia, alla felicità, alle nostre emozioni. I soldi, certo, possono compensare alcune perdite, ma ci vogliono un sacco di soldi per comperare la felicità che invece la comunità e l’amicizia possono regalare gratuitamente”. Le relazioni, non i soldi, ci condurranno al benessere. Quello che è importante più di tutto oggi è il nostro partecipare alla vita della comunità.
Perché, anche per noi che resistiamo all’impero, diventano così difficili le relazioni umane e tante di queste sono funzionali a qualcosa? Perché facciamo tanta difficoltà a costruire comunità, a vivere in comunità, ad amare, a sentirci amati?
Perché, soprattutto, tutte le comunità di resistenza, queste piccole realtà locali hanno tanta difficoltà a mettersi insieme? Forse anche nella resistenza stiamo replicando le stesse relazioni imperiali? Dovremmo dedicare molte meno risorse a fare soldi e molto più tempo a costruire comunità.
È questa la grande sfida: perché non credere che sia possibile viverla insieme?
Insistentemente chiedo una maggior sinergia tra tutte le reti, le associazioni, le Chiese, le organizzazioni locali o quelle che si occupano del Sud del mondo, tra tutti coloro che hanno voglia di resistere all’impero.
Penso sia questo il più grande regalo per ciascuno di noi: ritrovare un’unità profonda tra tutti i movimenti. Ritrovare la gioia di stare insieme.

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