Verso la guerra civile

Presto o tardi scoppierà la guerra civile in El Salvador: le parole, i timori, le speranze di Marinela García Villas, in un’intervista rilasciata nel febbraio 1980 al quotidiano spagnolo El País.
Antonio Peiro (Giornalista de “El País”)

In El Salvador “si sta arrivando, in breve tempo, alla guerra civile. Presto o tardi scoppierà” affermava Marianela García Villas, presidente della Commissione per la Difesa dei Diritti Umani in El Salvador e vicepresidente della Federazione Internazionale dei Diritti dell’Uomo, in un intervista concessa a El País il 9 febbraio 1980, durante un viaggio in Spagna. In essa Marianela fece un lucido bilancio della repressione nel suo Paese e si rivelò pessimista sui risultati dell’esperienza riformista condotta dall’allora giunta di governo.

Il 15 ottobre 1979 in El Salvador ci fu un colpo di stato militare che rovesciò il generale Romero. Qual era la situazione politica nel Paese prima del golpe?

L’inizio del decennio degli anni Settanta segna il boom della repressione contro i settori popolari.

Dal 1970 al 1979 si realizza la tappa più critica nella violazione dei Diritti Umani da parte dello Stato contro ogni persona considerata sovversiva. Questo aggettivo qualificativo comprende tutti, dall’arcivescovo di San Salvador, monsignor Oscar Romero, fino all’ultimo militante delle organizzazioni non fedeli al regime. I due ultimi anni di governo del presidente Molina e del generale Romero – deposto dall’attuale giunta militare – sono un periodo in cui maggiormente e con migliori tecniche si porta avanti la repressione. Questo significa circa 550 “desaparecidos” e circa 600 assassinati, dal gennaio 1979 alla metà di ottobre dello stesso anno.

Dal governo del presidente Molina al golpe del 15 ottobre scorso, nel nostro Paese sono state assassinate 4.000 persone.

Quale importanza ebbe il trionfo sandinista in Nicaragua nella progettazione di una soluzione riformista alla dittatura del generale Romero?

Attualmente c’è una posizione ufficiale del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti che in sintesi, propone un ricambio dei regimi dittatoriali militari nell’area latinoamericana. Queste dittature adesso non servono agli interessi nordamericani. Bisogna sperimentare una nuova formula che consolidi nella zona governi di taglio democratico, governi che realizzino riforme non molto profonde, ma che possono aprire una fase di distensione che ritardi o annulli un processo insurrezionale. Fino a ora, l’esperimento tentato per la prima volta in El Salvador non ha avuto gli effetti desiderati. Per ora l’esperienza è stata negativa.

Dal punto di vista dei diritti umani quale analisi fa lei della violenza del partito della sinistra rivoluzionaria?

La situazione che si vive in El Salvador rende legittime una serie di azioni che forse in Spagna possono sembrare illegali o persino terroriste. Queste azioni in El Salvador corrispondono a un esercizio del diritto di legittima difesa del popolo di fronte a una aggressione istituzionale. La stessa Costituzione consacra il diritto di insurrezione. Diritto utilizzato dalle stesse forze armate il 15 ottobre per realizzare il colpo di stato. Essi fondarono la loro azione su questo precetto costituzionale. Precetto che non è stato svuotato di significato dall’utilizzazione della giunta militare. Resta tutt’ora valido quando le condizioni di violenza strutturale permangono nel Paese.

El Salvador è un Paese in cui i contadini rappresentano una parte importante della popolazione. Che percentuali ci sono di contadini e operai industriali?

La popolazione di El Salvador per due terzi è contadina. C’è un settore operaio in formazione, che non è maggioritario e che fondamentalmente è situato in San Salvador e nelle principali città, dove si da un processo di pseudo-industrializzazione. Il peso fondamentale è portato dal movimento contadino, che ha ottenuto grandi conquiste nel nostro processo politico, sebbene non abbia ottenuto la sindacalizzazione e la sicurezza sociale. È il settore più emarginato della società, ma anche il più combattivo.

Quali dati costituiscono la vita quotidiana in El Salvador?

Nei salari, ad esempio, c’è una grande differenza tra ciò che guadagna un lavoratore della campagna e un lavoratore della città. In città, l’operaio riceve un salario di circa 4 dollari al giorno. Dipende dal grado di qualificazione. Ci sono operai che guadagnano solamente da 2 dollari e mezzo a 3 al giorno. In campagna, il salario del contadino stagionale (tre mesi all’anno) varia a seconda che si dedichi alla raccolta del caffè, della canna da zucchero o del cotone. La giunta militare ha fissato i salari (che poi non ha rispettato) in 5 dollari e mezzo per la raccolta del caffè, 4 dollari per la raccolta del cotone e 3,75 dollari per la canna da zucchero. Questi salari non permetterebbero al contadino di vivere nemmeno se fosse solo, ma una famiglia generalmente è composta da 8-10 membri. Per potersi alimentare, in campagna, servono mediamente circa 15 dollari al giorno. Quanto all’abitazione il problema è gravissimo. Nelle città ci sono cinture terribili di “villas miseria”, ciò che qui si chiama baracca e che noi chiamiamo covo. Questi covi sono costruiti con il cartone, pezzi di plastica per tetto e versano in uno stato di assoluta insalubrità.  

Quanta e quale è l’importanza delle organizzazioni paramilitari e parapolitiche?

Il peso di queste organizzazioni è molto importante perché provocano grandi stragi tra la popolazione. Nelle campagne agisce l’organizzazione para-poliziesca ORDEN, formata da contadini senza livello di coscienza politica e sociale, autorizzati a portare le armi, con funzioni specifiche di spionaggio permanente nei gruppi sociali in cui vivono. Denunciano le persone e guidano i corpi di sicurezza durante le operazioni; indicano le case delle persone considerate sovversive e uccidono. Altri gruppi di organizzazioni parapoliziesche sono generalmente denominati gruppi terroristi di estrema destra. Sono formati da ex-membri dei corpi di sicurezza: concretamente, la Guardia Nazionale, la Polizia Nazionale e la Polizia Finanziaria. Costoro agiscono vestiti da civili e operano sequestrando, torturando e assassinando per poi abbandonare i cadaveri totalmente nudi in diverse parti del Paese. In molti casi mettono sui cadaveri cartelli con la sigla del gruppo: UGB (Unión Guerrera Blanca), Falange o Mano Blanca.

Fino a che punto sono protetti questi gruppi?

Fino al punto che mai nessuno dei loro membri è stato arrestato. Operano nella più assoluta impunità e godono della protezione dei corpi di sicurezza.

Infine, che soluzione può avere l’attuale situazione di El Salvador?

Come ho detto all’inizio, se il settore agro-esportatore e il settore fascista dell’esercito sono disposti a costi politici ed economici molto grandi per i propri interessi, può esserci un’uscita riformista. Per adesso, nelle condizioni attuali è impossibile quasi al cento per cento. Si sta giungendo molto in fretta a un processo di guerra civile. Potrebbe essere un’intenzione riformista quella di ritardare questo processo, ma credo che prima o poi scoppierà. Credo che la guerra civile, ovvero l’insurrezione popolare, in El Salvador ci sarà.

 

Articolo pubblicato in Spagna su El Pais, il 09/02/1980

 

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