A peste, fame et Bello libera nos Domine

Una nuova guerra, nel Caucaso. Che dire?
22 agosto 2008 - Renato Sacco

Una nuova guerra, nel Caucaso. Che dire? I commenti sono tutti molto preoccupati... le strategie, gli equilibri, le alleanze, la Nato, i passi indietro, le possibili rotture tra Europa, Russia e Usa... e così via.
È cronaca di questi giorni. Gli esperti osservatori internazionali scrivono, commentano…
Una cosa è sotto gli occhi di tutti: non ci si scandalizza proprio più della guerra. È quasi “normale”. Certo ci sono le preoccupazioni… ma non si avverte quasi più lo scandalo, la follia per aver scelto ancora una volta lo strumento ‘GUERRA’ per risolvere una controversia.
La guerra diventa un modo sempre più possibile e accettato per affrontare le situazioni difficili.
Quanti i morti? Gli stessi giornalisti sul posto confermano che, di questa guerra, su di essi si sa poco o niente. Sia quelli uccisi dai militari della Georgia sia quelli uccisi dai militari Russi. Ma d’altronde si sa, nella guerra, in tutte le guerre, mica si deve stare a guardare queste cose… un po’ sentimentali. Bisogna essere uomini... veri. E la guerra è guerra. Che poi vengano usate anche le micidiali ‘cluster bombs', bombe a grappolo, poco importa. Anzi, sarà il caso, dice qualcuno, di aumentare gli investimenti per gli armamenti, per i missili e quant’altro. Tutto già ben risaputo.
Ed è pericoloso ricordare che papa Giovanni XXIII diceva che queste cose erano ‘robe da matti’ (alienum est a ratione)!!! Sì, perché si rischia di essere presi per matti o cose simili, sognatori o disfattisti…
Per fortuna a rappresentare il nostro ministro degli Esteri, impegnato in altri lidi, all’incontro europeo sulla guerra in Caucaso è andato il sottosegretario Vincenzo Scotti. Proprio lui, che nel lontano 1991, quando era ministro degli Interni, aveva ricordato un’antica invocazione latina: «A peste, fame et Bello libera nos Domine» (Liberaci, Signore, dalla peste, dalla fame, dalla guerra).
C’è da sperare… in un serio impegno contro la guerra?
A dire il vero, quella frase non era stata pronunciata contro la guerra… (in latino bellum) ma contro il vescovo di Molfetta e presidente di Pax Crhisti, Tonino Bello. Il suo cognome aveva ispirato l’invocazione del ministro, giocando sul doppio significato, chiedendo al Signore che togliesse dai piedi un rompiscatole come quel vescovo, mons. Bello, che protestava contro l’accoglienza disumana riservata, nello stadio di Bari, a chi fuggiva dall’Albania.
Don Tonino lasciò passare alcuni mesi, poi scrisse una lettera privata al ministro Scotti. Quelle parole le facciamo nostre anche noi, oggi. Rinnovando il nostro impegno contro il trattamento disumano delle persone, degli immigrati in particolare, con tanto di rilevazione di impronte ai bambini Rom, e contro la logica della guerra, sempre sconfitta dell’umanità: “Vedermi deriso come una bertuccia sulla stampa nazionale per bocca del ministro degli Interni – scriveva don Tonino - è stato peggio che prendere una di quelle manganellate contro cui ho protestato. Le assicuro comunque che questo incidente non mi impedirà di incorrere nella recidiva e per giunta aggravata, qualora si dovessero presentare – Dio non voglia – analoghe situazioni in cui gli uomini vengono trattati come bestie da fiera”.

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