L’interesse più alto è quello di tutti

Lettera aperta al direttore del Corriere della Sera.
2 ottobre 2008 - Riccardo Milano (Responsabile delle Relazioni Culturali di Banca popolare Etica)

Gentile Direttore,

Qualche giorno fa, il 25 Settembre, sul suo giornale sono apparsi tre articoli (l'interessante fondo di Michele Salvati sulle confusioni tra Stato e mercato, il commento del Sottosegretario Giovanardi sulla presa di posizione del Vaticano sugli immigrati a pag. 6, e il richiamo del Ministro Ronchi sui problemi industriali ed ambientali a pag. 39) che, sebbene apparentemente slegati, avevano un comune denominatore: un asimmetrico rapporto tra quello che dovrebbe essere un buon connubio (rispettivamente) tra teoria del mercato e sua applicabilità, tra i principi fondamentali (cristiano/religiosi e laici) dell'Uomo e la concreta applicazione, tra la necessità di un ambiente "naturalmente" vivibile e l'interesse economico immediato.
In un certo senso si potrebbe sostenere che nella pratica vince il "sì, ma…" ed i principi primi vengono, di fatto, declassati in utopie.
Quanto sta succedendo sui mercati, sulla vita delle persone (sia di quelle "che non hanno" sia di quelle "che hanno") e sull'ambiente è cosa nota a tutti; meno noto è il fatto che i provvedimenti che si vogliono prendere per colmare le lacune manifestate sono essenzialmente parziali in quanto a sé stanti. Da una parte: il mercato, con le sue leggi; la sicurezza dello Stato e dei cittadini, con le sue necessità; l'ambiente, con le sue urgenze - e dall'altra parte l'Uomo. Detto in altri termini, di un solo Uomo, che dovrebbe essere unitario (come le radici storiche cristiane europee, così tanto decantate, dovrebbero suggerirci) - e come tale ha diritto ad una sana economia, ad un'adeguata vita da vivere e ad un ambiente vivibile anche per le generazioni future -, se ne fanno tre distinti, uno per ogni dualismo citato: e ciò sarebbe assurdo.
Il motivo fondamentale soggiacente è, invece, quello di un'economia che dovrebbe permettere la coniugazione tra lo star bene "dell'uomo con gli altri" in tutte le discipline; ma ciò si dimentica, e non credo per vera amnesia. Gli interessi sono tanti, troppi, come sostiene anche Salvati.
La crisi dei mercati che forse suggellerà la fine di un'epoca e l'inizio di una nuova potrebbe essere una buona occasione per riconsiderare quale ruolo ha l'Uomo nelle varie discipline: soggetto o oggetto?
Oltre che a invitare a ragionare su ciò, vorrei far osservare una strana cosa: nel commentare tutte queste vicende si fa riferimento ai grandi economisti (spesso i soliti) che non sempre hanno dato sfoggio di coerenza. E la conclusione è sempre la stessa: occorre l'etica, come se si potesse comprare al supermercato e non come una disciplina da tener sempre in conto in un cammino di vita.
Perché mai non si è data la parola, anche sul Corriere, agli economisti e operatori che si occupano di "Finanza Etica", realtà ormai non più marginale a livello mondiale, e che potrebbero dire qualcosa di nuovo? Possibile che non venga in mente a nessuno di chiedere cosa sta succedendo nel mercato finanziario e bancario etico? Certo, si scoprirebbero cose interessanti e che potrebbero creare problemi in altre Istituzioni finanziarie, le quali pensano di noi che "… sì, vabbé, siete bravi e magari da imitare, ma in fondo solo noi siamo quelli autorizzati a fare e dire certe cose". Difatti la Finanza Etica, e in tutto il mondo, cerca nella sua filosofia di tutti i giorni di coniugare le cose suddette (lo slogan di Banca Etica è "l'interesse più alto è quello di tutti" e, ancora, si legge nell'art. 5 del suo Statuto: "La finanza eticamente orientata è sensibile alle conseguenze non economiche delle azioni economiche"), nel rispetto della realtà economica, della dignità umana e dell'ambiente. Personaggi come il mai nominato in questa crisi A. Genovesi - della scuola economica napoletana del '700, mentre si cita solo il contemporaneo A. Smith -, Don Sturzo, A.K. Sen e altri (a cominciare da Aristotele con la sua differenza tra Economia e Crematistica) hanno e stanno sostenendo ciò: possono coesistere una buona economia, una buona pratica di idee laiche e religiose - che non sono mai utopie -, e il rispetto dell'ambiente. In tutte queste cose l'Uomo potrebbe, anzi dovrebbe, svolgere il suo compito.
La Finanza Etica non è una finanza "altra", ma è la vera continuazione di pensieri profondi da cui si è deviato per "quell'altra" finanza che sta producendo così tanti e grandi guai; non è la panacea di tutto, ma offre la possibilità di valutare le stesse realtà da ottiche diverse e di riportare l'Uomo a quella che è la sua caratteristica: essere amministratore e non proprietario assoluto del mondo.
Noi siamo a disposizione, senza la pretesa di voler insegnare alcunché: ma in questo periodo chi sono i docenti e chi i discenti? Credo che forse un po' più d'umiltà da parte di tutti non guasterebbe, visto che - bene o male - bisogna ricominciare a pensare insieme un nuovo futuro economico.

Riccardo Milano

Padova, 2 Ottobre 2008

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