Sovranità alimentare e agricoltura

30 ottobre 2008 - João Pedro Stédile e D. Tomás Balduino (Traduzione in italiano a cura di Serena Belcastro)

Nel 1960, in tutto il mondo c’erano 80 milioni di esseri umani che pativano la fame. Uno scandalo! In quell’epoca, Josué de Castro, che oggigiorno compirebbe 100 anni, prendeva posizione con le sue teorie, secondo le quali la fame era conseguenza delle relazioni sociali, e non risultato di problemi climatici o di fertilità dei terreni.
Il capitale, tramite le sue aziende transnazionali e il suo governo imperiale degli Stati Uniti, provò a dare una risposta al problema: costituì la così chiamata “Revolución Verde” (Rivoluzione Verde), la quale divulgò una grande campagna di propaganda per giustificare davanti alla società che bastava “modernizzare” l’agricoltura con l’uso intensivo di macchine, fertilizzanti chimici e veleni. In questo modo, la produzione aumenterebbe e l’umanità finirebbe di patire la fame.
Trascorsero 50 anni, la produttività fisica per ettaro crebbe e la produzione totale si quadruplicò a livello mondiale. Però, le imprese transnazionali si fecero carico dell’agricoltura con le loro macchine, i loro veleni e i loro fertilizzanti chimici. Guadagnarono molto denaro, accumularono capitale a sufficienza, e così ci furono una forte concentrazione e centralizzazione delle imprese. Attualmente, non più di 30 conglomerati transnazionali controllano tutta la produzione e il commercio agricolo mondiale.
Quali furono le conseguenze sociali?
Gli esseri umani che patiscono la fame aumentarono da 80 milioni a 800 milioni. Solo negli ultimi due anni, a causa della sostituzione della produzione di alimenti con la produzione di agrocombustibili, d’accordo con la FAO (Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Agricoltura e l’Alimentazione), il numero di affamati aumentò di 80 milioni. Ciò significa che ora sono 880 milioni.
La proprietà della terra non fu mai così concentrata, e il numero di contadini che emigrarono dai paesi poveri vero l’Europa o gli Stati Uniti, o dall’interno verso la città fu elevatissimo. Nel corso di un anno solamente, l’Europa catturò ed estradò 200 mila immigrati africani, la maggior parte di loro contadini.
Negli Stati Uniti, ci sono otto milioni di lavoratori agricoli messicani. Settanta Paesi dell’emisfero sud non riescono ad alimentare i loro popoli e dipendono completamente dalle importazioni agricole. Hanno perso l’autosufficienza alimentare, persero la propria autonomia politica ed economica.
La cosa peggiore è che, in tutti i Paesi del mondo, gli alimenti arrivano nei supermercati sempre più avvelenati a causa dell’elevato uso di erbicidi, provocando malattie, alterando la biodiversità e causando il riscaldamento globale. Questo succede perché le aziende transnazionali standardizzano gli alimenti per guadagnare di più. Ma gli alimenti devono essere prodotti in accordo con la natura e l’energia dell’habitat.
Il cibo non può essere standardizzato poiché forma parte della nostra cultura e delle nostre abitudini. Di fronte a questo, qual è la soluzione? Lo Stato, in nome della società, deve sviluppare una politica pubblica per proteggere l’agricoltura, dando priorità alla produzione degli alimenti. Ogni comune,regione e popolo ha bisogno di produrre i propri alimenti, che devono essere sani e per tutti. Così ci insegna tutta la storia dell’umanità. La logica del commercio e scambio degli alimenti non si può basare sulle regole del libero mercato e lucro, come vuole imporre l’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC).
Quindi, consideriamo l’alimentazione come un diritto di tutti gli esseri umani, e non una mercanzia, come, d’altronde, già afferma la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo. Tutti i popoli devono avere il diritto di produrre i propri alimenti. Questo si chiama sovranità alimentare. Fornire gli alimenti non è sufficiente; non è sufficiente fornire il pesce, per esempio. Questa è sicurezza alimentare, ma non sovranità alimentare. È necessario che il popolo sappia pescare!

Il Brasile, pur avendo condizioni climatiche e territorio propizi, non ha una sovranità alimentare. Molti alimenti vengono importati dall’esterno e tra le varie regioni del Paese. Persino nelle nostre “ricche” metropoli, il popolo, per alimentarsi, dipende da programmi di assistenza del governo. L’unica soluzione è consolidare la produzione dei contadini, dei piccoli e medi agricoltori che conoscono le basi delle tecniche agricole e hanno bisogno di tanta mano d’opera.
La così chiamata agricoltura industriale è molto dannosa per l’ambiente e solo produce per mezzo di erbicidi. A lungo termine, tutto ciò è insostenibile. Per questo, il 16 ottobre di quest’anno, nel Giorno Mondiale dell’Alimentazione, organizzazioni di contadini, movimenti di donne, ambientalisti e consumatori manifesteranno in tutto il mondo per denunciare questi problemi e per presentare soluzioni affinché l’umanità possa risolvere, una volta per tutte, il fondato problema della fame nel mondo.

Note

João Pedro Stédile, economista, è integrante della coordinazione nazionale del MST e della Vía Campesina, e D. Tomás Balduino, vescovo emerito della Diocesi di Goiás, è consigliere permanente della CPT (Commissione della Pastorale di Terra), organo vincolato alla CNBB (Conferenza Nazionale dei Vescovi del Brasile).

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