Dalla parte dei senza voce

Alex Zanotelli e don Antonio Sciortino (direttore di Mosaico di pace - direttore di Famiglia Cristiana)

È forte la preoccupazione per la degenerazione politica che il Paese sta conoscendo in questa stagione. Non lo diciamo per spirito di parte. I lettori delle nostre riviste sanno bene che non apparteniamo a nessuno schieramento politico e mai abbiamo tralasciato di rivolgere critiche, anche aspre e appassionate, alle diverse maggioranze che si sono alternate alla guida dell’Italia. Ci siamo sempre sforzati di confrontare decisioni, provvedimenti e scelte politiche con i valori su cui si fondano le nostre comunità, soprattutto alla luce dell’impatto che avrebbero avuto sulla vita della gente, dei poveri innanzitutto.
Se parliamo di degenerazione della politica è perché, con sempre maggiore frequenza, si determinano cambiamenti senza un confronto autenticamente democratico, senza la dovuta attenzione alle opinioni e al contributo di tutti. A cominciare dai diversi soggetti politici e sociali coinvolti nelle varie decisioni. Il parlamento è ormai svuotato delle sue funzioni: decreti e riforme passano senza confronto, senza un’approfondita e ampia discussione; questioni delicate e importanti sono, furtivamente, inseriti tra le pieghe delle leggi o assemblati in un unico provvedimento. In qualche caso, con la complice distrazione della stessa opposizione, com’è avvenuto per l’emendamento “salva manager”, smascherato grazie alla Gabanelli.
Il cosiddetto “pacchetto sicurezza” è diventato il raccoglitore di leggi diversissime tra loro, che rischiano di incidere pesantemente su molti aspetti delle vita sociale. Guardato più da vicino, il “pacchetto Maroni” fa passare l’idea che gli immigrati siano solo un problema di sicurezza. E che clandestino è uguale a criminale. Cosa, questa, non solo anticostituzionale, ma immorale.
Ci preoccupa, poi, il recente intervento di cinque senatori della Lega Nord per cancellare l’articolo 5 del testo unico sull’immigrazione (decreto legislativo 286 del 1998): “L’accesso alle strutture sanitarie (sia ospedaliere, sia territoriali) da parte dello straniero non in regola con le norme sul soggiorno non può comportare alcun tipo di segnalazione all’autorità, salvo i casi in cui sia obbligatorio il referto, a parità di condizioni con il cittadino italiano”.
L’emendamento leghista è in netto contrasto con la Dichiarazione Universale dei Diritti umani e con la Costituzione italiana che, con lungimiranza, all’articolo 32 prescrive: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti”. Se venisse accolto, gli stranieri irregolari sarebbero scoraggiati a farsi curare. Che è come attentare alla loro stessa vita. Non solo i medici sarebbero costretti a violare il “giuramento di Ippocrate” e la loro deontologia, ma di fatto si emetterebbe una “condanna a morte” per tanti immigrati fuggiti dalla fame, dalla guerra e dalla disperazione, nella speranza di incontrare da noi accoglienza e vita.
Memori del monito biblico: “Non molesterai il forestiero né lo opprimerai, perché voi siete stati forestieri nel paese d’Egitto” (Esodo 22,20), ci chiediamo perché, corti di memoria, ripetiamo ancora gli stessi errori?
È per questo che abbiamo deciso di unire le nostre voci per affermare il diritto alla salute per gli immigrati, scongiurando il pericolo di privarli dell’accesso alle cure sanitarie e ospedaliere d’ogni tipo. .
Cioè, i senza voce, i senza voto, i senza terra.

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