Sacconi, le suore e le scuse mancate

9 settembre 2011 - Renato Sacco

Mi chiamo Sacco, non Sacconi. Ci tengo a precisarlo. Non vorrei mai che un domani qualcuno, cercando su Google, arrivi ad abbinare il mio cognome con le deliranti e inqualificabili affermazioni del ministro Sacconi, con la barzelletta sullo stupro delle suore. Sono rimasto senza parole. Avrei voluto raccontare in queste mie poche righe che siamo appena rientrati da Kabul con una delegazione di pace, che abbiamo incontrato i segni devastanti della guerra e di ogni forma di violenza, ma che abbiamo anche avuto incontri con persone piene di vita, soprattutto donne. Con molte attività: giornali, radio, associazioni e gruppi. Una società civile viva e appassionata.
E invece non posso tacere su questa barzelletta del ministro Sacconi. Non ci sono parole. C’è da vergognarsi. E prima di tutto chiedo io scusa in prima persona, come uomo, a tutte le suore e a tutte le donne. Lo stupro è una tragedia, non è lecito scherzarci su! A meno che non si pensi che tutto sommato, spesso la violenza è anche colpa della donna consenziente. Temo che il ministro la pensi un po’ così, o almeno così sembra di intuire dalla barzelletta raccontata. Ma lo sa il ministro, o bisogna fargli il disegno, che ci sono donne che vengono stuprate davvero? Che la stessa cosa capita anche ad alcune suore, in luoghi spesso segnati da guerre e conflitti? Spesso lo stupro è un’arma di guerra.
Sono appena rientrato dall’Afghanistan, ma come dimenticare gli stupri etnici, tanto per fare solo un esempio, nella guerra dei Balcani? Basta cercare sul web e non è difficile trovare documentazione su queste violenze, che avvengono in ogni zona di guerra. È abbastanza risaputo che là dove arrivano molti soldati, la violenza e “l’uso e l’abuso” del corpo della donna aumenta. E noi ci ritroviamo con un ministro che proprio nei giorni del ricordo delle vittime dell’11 settembre, pur di giustificare l’operato del suo governo non ha il pudore di trattenersi dal racconto di barzellette che se le raccontassero i ragazzi che in questi giorni tornano a scuola verrebbero sospesi dalle lezioni per alcuni giorni. E così pure se le raccontassero i professori. Motivo in più per licenziarli, in tempo di tagli alla scuola. E invece il ministro racconta tranquillo la sua barzelletta. Chi gli è vicino non so se sorride, certo non ha grandi reazioni di sdegno.
E addirittura arriva la replica del ministro: "Sfortunato quel Paese nel quale dovesse prevalere il rifiuto di ogni dimensione ironica”. Di male in peggio! Perché quando si scherza sulle cose tragiche vuol dire che non vengono percepite come tali. C’è da preoccuparsi! Certo le suore e tutte le donne sapranno insegnare a noi uomini non la ‘vendetta’ nei confronti di chi scherza su queste tragedie, ma il bisogno di riscoprire una dimensione umana fondamentale per vivere rapporti che siano veramente tali.
È lecito però chiedere a Sacconi che, per pudore e vergogna, almeno non ricopra più quella carica che lo rende ‘ministro’ cioè a… servizio. Ma a servizio di chi e di che cosa? A servizio di un potere che scherza niente meno che sullo stupro alle suore? Mi sarebbe piaciuto raccontare (dicevo) delle tante cose belle viste a Kabul. Una cosa bella però succederà anche in Italia: sarà proprio una donna afghana, insieme ad altri testimoni, ad aprire la marcia per la pace Perugia-Assisi il prossimo 25 settembre. E non è una barzelletta! Questo credo sia motivo di speranza e di pace, e forse anche la risposta migliore all’inqualificabile Sacconi.

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