Svendita di armi in Libia

15 novembre 2011 - Tonio Dell'Olio

I conflitti armati non sono solo un male in sé, ma lasciano puntualmente una scia di sangue e di problemi. Come una macchia d’olio tendono ad allargare il proprio perimetro. Gheddafi aveva investito ingenti somme di denaro nell’acquisto di armi di tutti i tipi e mai nessun Paese occidentale ha manifestato una preoccupazione in tal senso. Al contrario, dall’Italia agli USA, dalla Russia alla Cina, tutti hanno trasferito partite di armi alla Libia in cambio di petrolio. Durante i mesi della rivolta, quegli arsenali sono stati saccheggiati e sono finiti nelle mani di gente senza scrupoli. In questi giorni se ne lamentano i governi confinanti come il Niger (fonte MISNA). Si denunciano traffici illeciti di armi a sud della Libia, lungo tutta la fascia del Sahel e il primo ministro del Niger, Brigi Rafini ne sta discutendo in questi giorni con i nuovi governanti libici e con le autorità dei Paesi della regione (ieri è stata la volta del Burkina Faso). Armi che finiscono nelle mani di eserciti irregolari e di organizzazioni criminali. Armi che, in regioni povere e precarie, fanno la differenza. E noi finora non abbiamo sentito né un mea culpa dei Paesi produttori e venditori, né un buon proposito per collaborare a fermare questa emorragia di materiale bellico.

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