RESISTENZE

Storia di una valle

Raccontiamo la terra e la protesta dei NOTAV, le origini del movimento, le ragioni, le richieste.
Luca Giunti (Naturalista, membro dei tavoli tecnici di Associazioni ambientaliste e Comunità Montana)

Il 13 ottobre del 1989 un gruppo di (allora) giovani ambientalisti è partito dalla Val Susa per partecipare, a Trento, al seminario sui valichi alpini indetto da Alexander Langer, da cui sboccerà il Movimento SOS Transit. Può risalire a quella data la nascita almeno embrionale del Movimento Notav. In realtà iniziative varie si erano già sviluppate negli anni precedenti portando alla fondazione del Comitato Habitat, che nel 1991 comincerà a far ascoltare in giro per la valle il frastuono causato dal passaggio del TGV (appositamente registrato in Francia dal Politecnico di Torino).

Nella storia
Ancora oggi noi stessi restiamo ogni volta stupiti e commossi dalla partecipazione di quest’angolo del nordovest italiano. Nessuno è in grado di spiegare compiutamente perché proprio qui è successo e ancora succede, e altrove meno. Una ragione, non certo esaustiva, si può trovare nella storia della Valle, remota e più recente. Remota perché qualcuno ricorda, scherzosamente ma non troppo, che duemila anni fa persino i Romani furono costretti da Re Cozio a scendere a patti piuttosto che conquistare questa fondamentale via di transito verso la Francia. Il marmoreo Arco di Augusto che domina Susa celebra proprio quel trattato. Ma da qui è passato anche Annibale, il primo che sconfisse Roma in patria. E anche se sembra impossibile, qua in giro il suo mito aleggia ancora (si veda il libro di Paolo Rumiz per Feltrinelli).
Il Novecento ha visto in valle la prima industrializzazione, le guerre e una convinta e appassionata Resistenza, oggi sentita come un’esperienza viva e vicina. Molti sono i gruppi ANPI attivi e pieni di giovani. Nel 1940 era direttore didattico a Condove un certo Carlo Carretto (amico di quel Giuseppe Dossetti che propose di inserire nella Costituzione italiana: La resistenza, individuale e collettiva agli atti dei pubblici poteri, che violino le libertà fondamentali e i diritti garantiti dalla presente Costituzione, è diritto e dovere di ogni cittadino), cattolico e antifascista e molto altro: forse qualche seme ha germogliato. Nel 1970 la fabbrica siderurgica Moncenisio produceva anche testate per siluri e un memorabile consiglio di fabbrica votò all’unanimità una risoluzione che impegnava la proprietà a non accettare più commesse militari a costo di perdere il lavoro. Operavano pacifisti come Achille Croce e don Viglongo, ricordati ancora con affetto. Poi nacque il Gruppo 33 che, da allora, organizza un partecipatissimo festival del cinema. E poi tante altre attività e iniziative: giornali, dibattiti, forum, manifestazioni, contatti con altre realtà non solo italiane. E tante opposizioni, alcune persino vincenti: spesso si dimentica che la gente valsusina impedì il raddoppio dell’elettrodotto Grand’Ile – Piossasco che avrebbe ulteriormente massacrato la valle.

Le ragioni di una protesta
Certo, non tutto è bello. C’è stata una pesante speculazione edilizia, soprattutto nelle località turistiche dell’alta valle come Sestriere. I grandi appalti cementizi hanno portato penetrazioni criminali. Bardonecchia è stato il primo comune del nord Italia a essere sciolto per infiltrazione mafiosa. L’autostrada ha deturpato le montagne con viadotti enormi e gallerie assetate. Dighe e impianti idroelettrici drenano acque un tempo abbondanti e pulitissime. Le Olimpiadi invernali hanno lasciato – solo 5 anni fa! – cattedrali nella neve inutilizzate, costose e inquinanti. E non vanno trascurate le cellule di terrorismo rosso e dei servizi segreti deviati e fascisti.
Insomma, la val Susa non si è fatta mancare nulla! Però, stranamente, invece di seguire il destino di corridoio di transito – come tale senza una precisa identità – se ne è via via costruita una nuova che oggi riempie le piazze e i presidi, coagulandosi intorno alla protesta contro il TAV. E, dunque,vediamola, questa protesta.
Le ragioni, in breve, sono 4: il TAV è inutile, è devastante per i conti pubblici e per la natura, ed è bugiardo.
È inutile perché non c’è richiesta né di merci né di passeggeri tale da giustificare l’investimento, anzi, in futuro, la necessità di trasporto diminuirà ulteriormente. I dati pubblicati degli stessi proponenti lo dimostrano chiaramente e le previsioni fatte per i primi progetti sono state smentite dalla realtà degli anni successivi. Inoltre,un collegamento ferroviario per la Francia attraverso la Val Susa esiste già dal 1871, funziona regolarmente ed è sottoutilizzato, nonostante sia appena stato ammodernato investendo 400 milioni di euro (pubblici, come sempre).
È opera enormemente costosa di soldi collettivi. Le stime odierne si aggirano intorno ai 22 miliardi di euro. Un’intera manovra finanziaria per arricchire i soliti pochi e noti (FIAT, Impregilo, CMC, Gavio, Ligresti, Marcegaglia, ecc.). Per realizzarla si tolgono i soldi da investimenti senz’altro più necessari e urgenti, come la sistemazione delle scuole e il dissesto idrogeologico (si veda la delibera CIPE che approva il cunicolo geognostico di Chiomonte). La Corte dei Conti nel 2008 ha denunciato la “rottura del patto intergenerazionale” causata dall’architettura finanziaria dell’alta velocità italiana, che scarica sul futuro i debiti contratti oggi.
È opera devastante per l’ambiente, in particolare per l’acqua e le emissioni inquinanti. Le varie delibere che vengono via via approvate, nonostante esprimano parere favorevole, lo dichiarano apertamente nelle prescrizioni imposte (che mai verranno applicate). Persino LTF, la società italo-francese incaricata della progettazione, prevede aumenti del 10-15% delle patologie cardiorespiratorie a carico di soggetti deboli! Il progetto TAV ha già isterilito il Mugello, ha compromesso case e quartieri a Bologna e Roma, e minaccia il cuore storico di Firenze e il delicato Carso.
È opera proposta da persone che nascondono altri interessi, che non sono per nulla trasparenti, che truccano sempre le carte, che non coinvolgono i cittadini e i loro amministratori – se non a parole – e che non presentano mai motivazioni diverse da slogan tipo “perderemo i fondi UE”, “saremo tagliati fuori dall’Europa”, “è strategica”.
È un’opera figlia dello stesso modello di pensiero gigantista e onnivoro che vede sviluppo solo nel costante aumento di uso del suolo, di produzione di cemento e di movimento merci.
È opera progettata male, con documenti che si contraddicono uno con l’altro, con annunci pubblici smentiti dai progetti ufficiali, con carenze gravi nella progettazione denunciate anche dalle stesse delibere governative di approvazione.
Infine, ha un altissimo rischio di infiltrazioni malavitose. Non a caso una grande scritta sulla montagna all’imbocco della valle denuncia “TAV = MAFIA”. Numerose inchieste della magistratura di tutt’Italia hanno dimostrato il coinvolgimento della criminalità in ogni tratto già realizzato dell’alta velocità: Roma-Napoli, Milano-Bologna, Torino-Milano. Valga come esempio tra gli altri il libro “Corruzione ad alta velocità” del giudice Imposimato.

Restiamo qua
Nonostante tutto questo, non vorremmo vivere in un altro posto. Perché il Movimento NOTAV è fatto da belle persone, che discutono e decidono, che studiano e imparano, che spiegano e raccontano, che costruiscono e marciano. Da uomini e donne di fede cattolica, protestante, agnostica. Di idee leghiste, comuniste, destrorse, sinistrorse, nichiliste e anarchiche. Perché riunisce operai e professori, studenti e imprenditori, commercianti e casalinghe, forestali e guide alpine, sacerdoti e partigiani, contadini e ferrovieri. Tutta gente allegra, fantasiosa e curiosa, che sta bene insieme. Magari litiga, ma resta unita. Come i Galli di Asterix, a cui tanto spesso è paragonata. E, come loro, “resiste ora e sempre all’invasore”. Per questo, da vent’anni e più, il Movimento NOTAV è così forte e partecipato.
Un’ultima precisazione: a oggi (15 marzo 2012) non un chiodo è stato piantato in valle per il TAV. Esiste soltanto una recinzione sormontata da filo spinato israeliano (più cattivo di quello italiano) che racchiude decine di poliziotti e soldati armati … e noi, liberi, fuori.

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