Predicazioni palermitane

2 maggio 2012 - Tonio Dell'Olio

È possibile che a qualcuna/o sia sfuggita la riflessione di Michele Serra di ieri su La Repubblica. Acuta come sempre, la sua Amaca di ieri merita di essere diffusa e condivisa.

“Il breve rosario di belinate sulla mafia scappate di bocca a Beppe Grillo nella sua predica palermitana ha una spiegazione tecnica quasi ovvia, ma stranamente rimossa dal discorso pubblico su Grillo e il grillismo: Grillo è un comico, ragiona e parla come un comico. E il linguaggio comico lavora sulla sintesi. Procede per battute e brutali semplificazioni che possono anche essere fulminanti, ma solo in quel contesto. Se un intellettuale o un politico osasse liquidare un argomento tremendo come la mafia con quattro battute, verrebbe considerato un cialtrone. La semplificazione comica è bene accetta, e liberatoria, perché ci solleva dalla complicazione della vita. Il successo di Grillo dipende (anche) dall'avere trasposto il suo carisma di semplificatore in mezzo alla polis, e di averlo fatto in un momento in cui la vita pubblica ed economica è così complicata da essere angosciante. Ma ci sono istanti rivelatori (il discorso di Palermo è uno di questi) in cui il gioco della semplificazione crea un cortocircuito, e anche il re dei semplificatori all'improvviso è nudo. Semplicemente, così come un politico che fa lo spiritoso in genere è deprimente, un comico che fa politica in genere è irritante. Contro la mafia don Ciotti, che non ha mai fatto ridere nessuno, vale un milione di Grillo messi insieme.”

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