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Sarkozy e Brown

Nuova leadership della vecchia Europa

Il resoconto di un seminario tenutosi all'Università di Bologna.
10 dicembre 2007

Nuove leadership della vecchia Europa: i casi di Nicolas Sarkozy e Gordon Brown

Alma Mater Studiorum – Università di Bologna - Corso di laurea specialistica in Relazioni internazionali – Dipartimento di Politica Istituzioni Storia

Presiede il prof. Paolo Pombeni:
si tratta di due leadership ben diverse. Caldo e guida carismatica Sarkozy; freddo Brown, che è succeduto a Blair caldo e ‘non va’ oltre la sua isola.
Il primo: immigrato-integrato; il secondo: Scozia-laburista.

La Prof.ssa Sofia Ventura dell’Università di Bologna presenta Sarkozy:
è un leader che buca lo schermo, che comunica ed emoziona le folle con il calore e l’entusiasmo che suscita. Sarkozy sta percorrendo una traiettoria personaggio-presidente. E’ legato con il partito ex gollista che ha fagocitato pezzi di componente liberale. Personaggio sì mediatico, ma in primo luogo è un politico a tempo pieno del gollismo. Nel 2004 diventa presidente dell’Unp; dal 2002 è ministro di spicco (finanze...interni) che arriva a mettere in ombra i primi ministri succedutisi. Conquista così il Partito; mobilita, recluta, fa fuori gli ‘chiracchiani’. Sa che per essere candidati credibili alla presidenza della Repubblica francese si deve avere alle spalle un partito. Nel gennaio 2007 c’è la sua candidatura ufficiale; anche membri del parlamento si avvicinano a lui piano piano per poi diventare ministri. Capisce le sue capacità di trascinamento; usa una particolare forma di democratizzazione del partito con il rafforzamento di vertice insieme ad appelli diretti a persone, simpatizzanti e militanti. Così impone al suo partito la scelta del candidato attraverso il voto diretto. Nel marzo 2007 vince le elezioni. Sa come usare la comunicazione attraverso gli eventi-scandalo. E’ un gollista ma si presenta come uomo nuovo, di rottura anche rispetto alla sua parte politica nonché al sentire comune francese. No al politichese, no al ’68, così convince con l’idea di rinnovamento. Nel maggio 2007 diventa Presidente. Recupera una parte di stile mitterandiano, esasperandolo. Non è distaccato come Chirac, che non era la vera guida del governo; con Sarkozy vi è il recupero della centralità assoluta del ruolo del presidente come ad esempio per Mitterand. E’ motore della politica francese e dà la direzione al governo. C’è una presidenzializzazione della politica francese: il timone è nelle sue mani. La storia francese è percorsa da un esecutivo potentissimo che domina il parlamento e di fatto il presidente si impossessa della forte istituzione del governo se ha la doppia maggioranza. Oggi è centrale il ruolo del partito Unp. Nella sua strategia, Sarkozy il 14 maggio si è dimesso dalla presidenza dell’Unp per via di un cambiamento statutario che ha creato una direzione collegiale; senza un altro leader cioè che possa mettersi in competizione con lui. Di fatto, congela il controllo dell’Unp a un gruppo totalmente in mano sua. Ma Sarkozy però va agli incontri di partito; si riconosce la partigianeria con la sua partecipazione diretta. Il partito è ancora coinvolto nelle attività di sostegno alle politiche del presidente. Sarkozy e l’Unp sfruttano molto internet e vi è una mobilitazione e un reclutamento continuo con 1000 nuovi aderenti ogni giorno. La formazione del governo ha la sua netta impronta: mai vista così. Fillon è stato chiamato come primo ministro fidatissimo. Sarkozy ha poi formato l’esecutivo secondo le sue inclinazioni che aveva presentato in campagna elettorale. E’ autore della ‘discriminazione positiva’ verso la sinistra; ministro della giustizia, sottosegretari, presidenti di commissioni di provenienza socialista. C’è un’alchimia sua nel governo. Il programma presidenziale diventa quello di governo nonostante che nella costituzione del 1958 non ci sarebbe nulla che autorizzi tale coincidenza di programmi. Sarkozy invia sue ‘lettere di missione’ in modo sistematico e pubblicizzato a ogni ministro con l’indicazione palese degli obiettivi da portare rispettivamente a termine. Ha ampliato l’apparato dell’Eliseo e ristretto quello di governo anche come numero di ministri. Lo stile dell’immagine Sarkozy è sopra le righe: onnipresente; al circuito dei media è fornita una gran quantità di materiale che fa poi vendere bene. Sarkozy è autore di un’agenda fittissima e con una cronologia impressionante; a luglio già diversi progetti erano stati presentati: fiscalità, università, immigrati. La commissione Balladour in breve tempo ha depositato un suo rapporto; il Governo ha poi presentato una legge di riforma costituzionale. Vi sono stati scioperi e resistenze in primo luogo in risposta al progetto di riforma dei regimi speciali per l’età pensionabile (trasporti); blocco della Francia. I sondaggi dicono che le OO.SS. hanno perso favori rispetto all’opinione pubblica. Sarkozy in quest’ultimo caso non si è comportato come un panzer ma come uomo politico che ha scelto di avviare un programma riformista: per far digerire le minori pensioni ha proposto più livelli salariali con il ricorso alla spesa pubblica; ha voluto dimostrare che oggi la Francia può essere messa in ginocchio da interessi di pochi; ha vinto dando poco in cambio. Il contesto istituzionale gli consente di fare la parte di un leader forte da V Repubblica; che unisce il decisionismo alla negoziazione. Commissioni create con tempi brevi e di durata prefissata ma anche negoziati e consultazioni; sa correre oppure andare piano. Gli ex socialisti accorsi alla corte di Sarkozy si sono allineati alla sua politica e con il ministro degli esteri sono ben dentro all’apparato. L’Unp non è d’accordo con l’assalto alla carovana del vincitore ma tutti quelli che nel suo partito si dovevano accontentare lo sono stati. L’ouverture a sinistra comunque non gli ha fatto arrivare i migliori. In ogni caso, i socialisti oggi sono in crisi; la politica francese ha un solo pilastro. Rispetto al rapporto con Bush, c’è stata l’importante novità delle vacanze americane dell’ospite Sarkozy; sono amici ma sembra con autonomia. Sarkozy al di là delle sue origini ha un atteggiamento diverso rispetto a Israele e al popolo ebraico, diverso anche in confronto al sentire comune francese (conosciuto come poco vicino a Israele); va quindi anche controcorrente. La grandeur francese è comunque molto radicata in opposizione agli Usa.

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Il prof. Gianfranco Baldini dell’Università di Salerno presenta Brown:
nominato primo ministro senza un’elezione ma solo a seguito di un patto con Blair; fra i due c’è stato un accordo non scritto, da amici-nemici nel decennio appena trascorso. Per tale periodo è stato il ministro più potente di tutti gli altri; nonostante vari rimpasti, lui è rimasto sempre lì con il tacito accordo di sostituire Blair: il cosiddetto patto del Granita (dal nome del ristorante italiano dove i due si sarebbero incontrati nel 1994). Blair gestiva gli elementi politici e Brown quelli sociali ed economici fra cui l’obiettivo di non entrare a far parte dell’Euro. La guerra irachena è stata la macchia nera che ha fatto lasciare Blair. La capacità di leadership è sempre più condizionata dall’esterno ma rimane molto forte comunque in GB. Si assiste a una presidenzializzazione della politica senza appoggi normativi e si rafforza la centralità dei partiti e anche dei governi nelle campagne elettorali. Negli ultimi anni le leadership nel partito laburista sono sempre più forti e si sono poggiate su questi tre elementi: partito, governo e campagna elettorale nuovi. Blair ha rivoluzionato il partito con percentuali fortissime. Brown è un intellettuale scozzese, ex radicale, più euroscettico, meno filo Usa, non ha carisma da leadership. Intende porre rimedio alla macchia scura irachena, causa di divisione a Westminster. Vuole inoltre limitare le prerogative del governo. Dopo 5 mesi, oggi non c’è discontinuità con Blair e la loro diarchia decennale. Obiettivi blairiani: personalizzazione per lo smantellamento del modello Westminster di democrazia; controllo ferreo della disciplina e dell’organizzazione; trasformazione organizzativa; ridimensionamento dei sindacati; eliminazione del programma di collettivizzazione dei mezzi di produzione. Modelli istituzionali nuovi: devolution con nuovi parlamenti in GB; nascita di una corte suprema; nuovo modello elettorale. A giugno, Blair è andato avanti con l’accordo sul mini trattato europeo di Lisbona che poi Brown sembra aver deciso che non sottoporrà a referendum; su tale ultima decisione ci sono già state polemiche sia da parte dell’opposizione conservatrice che da settori dello stesso partito laburista. Brown usa più accountability: si occupa di antipolitica, del distacco dell’opinione pubblica, dell’astensionismo e della politica verso i giovani. Brown è per un sostanziale abbandono della prospettiva della ‘terza via’. Ha presentato un documento su come risolvere l’autonomia di politiche pubbliche in Scozia, Galles, Irlanda. La Scozia decide su se stessa ma il problema della devolution rimane che la GB decide su tutti. Nel rapporto con gli Usa c’è una minor vicinanza fra i due leader ma le decisioni non ci sono ancora. Brown non ha costruito la sua ascesa sulla rottura ma sulla continuità di partito e del decennio. Ha fatto retromarcia sulla sua ipotesi di nuove elezioni a breve. Adesso le elezioni in GB si faranno prevedibilmente alla scadenza del 2009; ma chissà cosa succederà dopo le subito precedenti elezioni europee. Alcuni analisti hanno individuato in un discorso di Blair fatto nel 1999 le decisioni di Bush post 2001; oggi cambia qualcosa anche se ci sono pochi elementi. Vi è una sensibilità diversa e una nuova prospettiva personale con Brown rispetto allo stretto rapporto Bush-Blair; ma è difficile differenziare l’elemento retorico da quello istituzionale.

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Questo scritto ha la finalità di condividere informazioni sui temi trattati; è pertanto la mera trascrizione di appunti con fatti, nomi, sigle e date non rivedute né corrette. Chi ha qui provato a riportare fedelmente quanto illustrato durante la lezione-seminario ‘Nuova leadership della vecchia Europa’ - pur sapendo che gli eventi e le loro narrazioni non sono mai in sé neutri -, lo ha fatto ritenendo che ciò possa essere d’un qualche contributo e interesse al fine di poter meglio operare politicamente e socialmente.

10/12/7 – Leopoldo BRUNO

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