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Comitato per la Difesa della Salute nei Luoghi di Lavoro e nel Territorio - Sesto San Giovanni (Milano)

Lotte operaie e popolari, verità storica e verità giuridica

La nostra storia per molti aspetti è simile a quella dei lavoratori di Porto Marghera, dellaThyssen Krupp, dell’Eternit di Casale Monferrato, della Fibronit di Broni (Pv), dell’Ilva di Taranto e di moltissime altre fabbriche. Noi ci battiamo perchè gli infortuni e i morti sul lavoro e di lavoro non vadano mai in prescrizione e siano considerati crimini contro l’umanità.
Laura Tussi5 maggio 2014

Centro di Iniziativa Proletaria - CIP Tagarelli - Sesto San Giovanni (Milano)

CENTRO DI INIZIATIVA PROLETARIA - CIP Tagarelli, Sesto San Giovanni (Milano) 

Comitato per la Difesa della Salute nei Luoghi di Lavoro e nel Territorio 

Lotte operaie e popolari, verità storica e verità giuridica.


La nostra storia per molti aspetti è simile a quella dei lavoratori di Porto Marghera, dellaThyssen Krupp, dell’Eternit di Casale Monferrato, della Fibronit di Broni (Pv), dell’Ilva di Taranto e di moltissime altre fabbriche. E simile anche nelle responsabilità d’imprenditori senza scrupoli, di padroni e istituzioni complici di un sistema industriale capitalista che favorendo il profitto a scapito della salute della vita umana hanno avvelenato interi territori condannando a morte anche le future generazioni.

E’ simile nelle responsabilità dei vertici aziendali, che sapevano in anticipo di questi omicidi annunciati e dei crimini ambientali provocati, dal cloruro di vinile monomero alla Montedison, dall’amianto, cromo e altre sostanze cancerogene all’Ilva, all’Eternit, alla Fibronit e alla Breda e nulla hanno fatto per impedirli.

Il killer in Breda e nelle fabbriche di Sesto San Giovanni si chiamava amianto, ma anche, cromo, nichel, arsenico, piombo e altri ancora.

La nostra esperienza
di lotta nasce e si sviluppa a Sesto San Giovanni (Milano), una delle più grandi concentrazioni operaie italiane.
L’ex Stalingrado d’Italia è stata e continua a essere una delle città più inquinate d’Europa. Anche oggi che i 42.000 posti di lavoro delle sue fabbriche sono stati eliminati, continuano a persistere gravi problemi ambientali con danni alla salute dei lavoratori e alla popolazione.


Una delle parole d’ordine che abbiamo sempre sostenuto in fabbrica fin dagli anni ‘70 è stata: “La salute non si paga – la nocività si elimina”, scontrandoci con il padrone (che dava la paga di posto più alta per i lavori nocivi e mezzo litro di latte), il sindacato che barattava salario e salute, alcuni sindacalisti sul libro paga del padrone, e anche alcuni nostri compagni di lavoro che vedevano nell’indennità di nocività la possibilità di arrotondare il salario (anche se di poche lire) senza essere coscienti pienamente dei pericoli per la salute.

 
Nei primi mesi del '94 dopo essere stati espulsi dalla fabbrica con la cassa integrazione in 800, abbiamo organizzato e partecipato attivamente all'occupazione di Cascina Novella, a Sesto San Giovanni, un posto abbandonato nel cuore del quartiere adiacente all'area Breda, da anni luogo di spaccio di droghe varie. 

 

Abbiamo cercato di trasformare Cascina Novella in spazio d’incontro dei cassintegrati e dei disoccupati dell’area di Sesto San Giovanni.
La storia di "Cascina Novella Occupata" è stata veramente interessante per la sua capacità di aggregazione di lavoratori e di giovani, oltre che per il coinvolgimento degli abitanti del quartiere solidali con gli operai.

 

Dopo più di tre anni di attività Cascina Novella (nel frattempo ripulita e resa parzialmente
abitabile a spese degli occupanti) e conosciuta come il “fortino dei cassintegrati”, sarà sgombrata nell'estate '97 dalle Forze del “disordine”, per incarico di un’Amministrazione Comunale di "sinistra" infelice e ingrigita; che però in seguito sarà costretta dalle lotte a promettere e infine concedere una nuova sede.

 

Ed è così che dalle ceneri di Cascina Novella nasce l'esperienza del Centro di Iniziativa Proletaria di via Magenta 88 a Sesto San Giovanni, alle porte di Milano, il cui primo volantino merita di essere riprodotto almeno in parte.

La nostra storia inizia il 23 aprile 1994, quando un gruppo di cassintegrati delle storiche fabbriche di Sesto (Breda, Ansaldo, Marelli ecc.), dopo aver inutilmente chiesto a varie istituzioni una sede per le loro riunioni, occupano una cascina abbandonata in viale Marelli 225.
Questi lavoratori, sfruttati per anni in nome del profitto e poi espulsi dal ciclo produttivo perché
considerati "esuberi", hanno aperto un centro di aggregazione operaia, strappando al degrado
Cascina Novella, recuperando quello spazio al quartiere e rendendolo pulito e agibile per le
più svariate iniziative.

Con quell’occupazione, il Coordinamento Cassintegrati Milanese ha dato alla sua lotta per il
lavoro un significato più ampio, coinvolgendo giovani, disoccupati, studenti, pensionati nel
progettare assieme uno spazio di ricomposizione di classe e d’iniziativa proletaria.
In più di tre anni in Cascina Novella sono state promosse centinaia d’iniziative, dal sostegno
alle lotte per il lavoro, ai dibattiti sulle questioni internazionali, sulla salute e la prevenzione;
all'assistenza legale gratuita, alla compilazione della dichiarazione dei redditi, alle feste per i
bambini, alle cene popolari con spettacoli musicali e teatrali, ecc.
Momenti, questi, importanti per riaffermare una pratica di partecipazione diretta, di critica dell'esistente, di messa in discussione della società del profitto, che tutto mercifica, dalla socialità alla salute, alla vita umana stessa. In tale senso abbiamo organizzato la lotta, vittoriosa, insieme a tanti abitanti di Sesto, contro la chiusura del Pronto Soccorso e dell'ospedale, perché riteniamo che la salute non sia una merce, perché riteniamo inaccettabile che qualcuno arricchisca a spese di chi si ammala.
A maggior ragione abbiamo fin da subito sostenuto la battaglia degli ex-operai della Breda e di altre fabbriche ammalati di cancro a causa della nocività in fabbrica, ospitando il Comitato per la Difesa della Salute nei Luoghi di Lavoro e nel Territorio e appoggiandoli nelle loro lotte; cosa che continueremo a fare nella nuova sede di via Magenta, nella quale questi operai  continueranno a riunirsi.

Nel 1996 - a conclusione di un’inchiesta e di un’analisi che portò alcuni operai a collegare le lavorazioni effettuate in fabbrica con l’insorgere di molti tumori fra i lavoratori della Breda Fucine di Sesto San Giovanni - è nato il Comitato per la Difesa della Salute nei Luoghi di Lavoro e nel Territorio che, da allora, si sta battendo per ottenere giustizia per i lavoratori morti, i loro familiari, i malati e quanti si ammaleranno, purtroppo, nel futuro.
Anni di “sacrifici” non hanno evitato lo smembramento della fabbrica, la cassa integrazione e la chiusura della Breda.
Lo stesso processo è avvenuto nelle altre fabbriche sestesi, con la chiusura della Falck, dell’Ercole Marelli, della Magneti Marelli, dell’Ansaldo e di tutte le altre grandi fabbriche.
Molti lavoratori, oltre a quelli della Breda, hanno avuto la salute rovinata e perso la vita.

Il 3 giugno 1999, a 54 anni muore Giambattista Tagarelli, un compagno con cui abbiamo condiviso anni di lotte. Gianni, com’era chiamato dagli amici, è stato uno dei fondatori del nostro e per anni è stato esposto e ha respirato fibre d’amianto e altre sostanze cancerogene in fabbrica, da allora la nostra sede si chiama Centro di Iniziativa Proletaria “G: Tagarelli”.

E’ in questa situazione che si colloca la nostra lotta.
Dopo anni di battaglie, 19 denunce archiviate e oltre 130 lavoratori uccisi dal killer amianto, il primo processo che ha portato sul banco degli imputati due dirigenti della Breda è finito con l’assoluzione dei dirigenti imputati. Dirigenti che, come alla Montedison, alla Fincantieri e in tante altre fabbriche, tutto sapevano e nulla hanno fatto per evitare centinaia e centinaia di morti annunciate. In un secondo processo i dirigenti sono stati condannati a 18 mesi, ma il giudice concedendo le attenuanti generiche ha fatto si che il reato si estinguesse per intervenuta prescrizione e così è scattata l’impunità nei confronti di 9 dirigenti della Breda/Ansaldo condannati per omicidio colposo e la beffa per le vittime.

Così, pur essendo stati riconosciuti colpevoli, nessuno di loro ha pagato.

In Italia chi uccide i lavoratori in nome  dei bilanci aziendali salvo casi particolari rimane, impunito. L’unico diritto riconosciuto, è quello di fare profitti, a questo sono subordinati tutti gli altri “diritti umani”. Le leggi, le norme, una giustizia di classe che protegge in ogni modo i padroni, un intero sistema economico, politico e sociale fondato sul capitalismo fa sì che la salute e vita umana, davanti ai profitti, passino in secondo piano.
Questa è la verità storica che emerge e la “verità giuridica” diventa una chimera, perchè riconoscere questi fatti, significherebbe mettere sotto accusa un intero sistema industriale, quello stesso sistema che oggi produce 1000 morti sul lavoro, migliaia di morti per malattie professionali  e un milione di infortuni ogni anno.

La nostra lotta ci ha fatto comprendere che non esistono istituzioni neutrali.
Ha dimostrato a molti lavoratori che la frase, scritta nelle aule dei tribunali italiani “la legge è uguale per tutti” non corrisponde a verità. In questa società chi non ha soldi non può neanche far valere le sue ragioni.

Anche se in alcuni casi la lotta dei lavoratori e dei cittadini, come alla ThyssenKrupp o all’ Eternit di Casale Monferrato è riuscita a far condannare i padroni responsabili della  morte di lavoratori e cittadini, molti, troppi, tribunali hanno emesso sentenze assolutorie verso i padroni, sostenendo che “uccidere i lavoratori in nome del profitto non è reato”. In questo senso noi critichiamo anche la recente sentenza della Corte di Cassazione che - pronunciandosi sui sette operai morti bruciati sul lavoro il 6 dicembre del 2007 alla ThyssenKrupp di Torino - ha eliminato il “dolo” riducendo la responsabilità’ dei dirigenti industriali al solo ‘omicidio colposo’e probabilmente si andrà verso una condanna inferiore a quella stabilità nel processo d’appello, con la prescrizione alle porte che rischia di lasciare impuniti gli assassini. In questo caso per la Corte di Cassazione non si è trattato di omicidio volontario ma colposo (pena al massimo tre anni e quindi nessuno andrà in galera).

La Cassazione ha riproposto una tesi che noi combattiamo da sempre, quella che i morti sul lavoro e da lavoro sono inevitabili. Noi come tutte le associazioni e comitati che si battono nelle fabbriche nelle piazze e nel territorio hanno il dovere di presentarsi parti civili nei processi proprio contro questa tesi.

Non è un caso che questa tesi sia passata nel processo ThyssenKrupp. In questo processo era rimasta come parte civile solo Medicina Democratica perché i sindacati (FIM, FIOM, UILM, CUB) e gli enti pubblici (Comune, Provincia, Regione, INAIL) dopo aver preso soldi sono usciti dal processo. 

Contro questo noi continueremo a lottare, fuori e dentro le aule dei tribunali, perché vogliamo e pretendiamo giustizia.
Pur essendo coscienti di andare contro interessi economici giganteschi, contro una società che vive e prospera mettendo il profitto prima degli esseri umani, noi non ci arrendiamo.


Noi ci battiamo perchè gli infortuni e i morti sul lavoro e di lavoro non vadano mai in prescrizione e siano considerati crimini contro l’umanità.

 

Michele Michelino, presidente del Comitato per la Difesa della Salute nei Luoghi di Lavoro e nel Territorio

 

Maggio 2014.

 

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