Palestina

I "negoziati di pace" tra Israele e "Palestina"

Ha senso usare la parola "pace" per descrivere ciò che tentano di fare i presidenti di Israele e dell'ANP? Quali prospettive reali si aprono con questi "negoziati"?
15 settembre 2010
Lorenzo Galbiati (redattore di Peacelink)

Nei giorni scorsi, l'uomo comune che ha guardato la tivù e letto i giornali ha capito che Israele e Palestina stanno provando di nuovo a fare la pace. I loro leader si sono incontrati e promessi di incontrarsi ogni due settimane. Nei servizi televisivi di RaiSet sul loro primo incontro la parola pace c'era in ogni frase. Cosa capisce della questione israelo-palestinese l'uomo comune? L'uomo comune si fa l'idea che ci siano due stati, o uno stato e un quasi stato, che sono in guerra e che devono decidere di pacificarsi, di spartirsi la terra del contendere - che in parte è occupata da Israele: fin qui l'uomo comune c'arriva. Non troppo diverso per intenderci dalla guerra tra IRAN e IRAQ. L'unica sostanziale differenza è che i palestinesi guerreggiano con il terrorismo e gli israeliani con l'esercito. E l'uomo comune capisce che è sempre per reazione al terrorismo che Israele è costretto a usare l'esercito.

L'uomo comune viene anche avvertito che ci sono i cattivi, quelli di Hamas, che si oppongono alla pace, loro vogliono il terrorismo in quanto non accettano l'esistenza di Israele, lo vogliono distruggere e pertanto sono contrari a ogni accordo pacifico. E infatti hanno subito fatto attentati. Sono loro, i cattivi di turno, capisce l'uomo comune, che impediscono, così come hanno impedito in passato, il raggiungimento della pace. Questo è ciò che comunicano le tivù e i giornali nazionali, per lo meno quelli più seguiti.

La realtà ovviamente è molto diversa. La realtà è che non c'è una guerra tra due nazioni, a cui occorre mettere fine con un compromesso, per la serie: io ti do questo, tu mi dai quest'altro, ci veniamo incontro e la facciamo finita. La realtà è che sono in atto da oltre 40 anni una occupazione e una annessione territoriale da parte di Israele. Israele occupa e annette terra palestinese, compresa Gerusalemme est, che dovrebbe essere la capitale del sempre più impossibile stato palestinese. Inoltre ci sono milioni di profughi palestinesi che rivendicano il loro diritto (sancito dall'ONU) al rientro in una terra, ripeto, occupata o annessa da Israele. I palestinesi reagiscono a questo stato di cose. Sono loro a reagire, non gli israeliani. Agli israeliani la situazione va bene così, non hanno alcun interesse a cambiarla, perchè i palestinesi non hanno nulla da dar a loro, non hanno nessuna moneta di scambio, e più passa il tempo più sono rinchiusi in bantustan sempre più piccoli e isolati, più la loro terra viene annessa a Israele. L'unico problema che danno i palestinesi è che ogni tanto praticano il terrorismo, che comunque è molto diminuito da quando c'è il muro e da quando è stato creato il carcere a cielo aperto chiamato Striscia di Gaza, in cui si è provvidenzialmente autorinchiuso Hamas dopo, verosimilmente - ma per i media mondiali è il contrario -, un colpo di stato, ordito dall'ANP di Abu Mazen con l'appoggio di Israele, Usa e Ue. E' diminuito il terrorismo dei kamikaze in suolo israeliano, ma è aumentato quello dei lanci qassam da Gaza, e comunque deve diminuire ancora, perchè Israele vuole non solo annettersi più terra palestinese possibile ma eliminare la questione palestinese da ogni ordine del giorno, cercare di fare in modo che di Gaza e dei territori occupati non si parli più del tutto. Quindi Israele vuole che i palestinesi se ne stiano buoni, e che si senta parlare di loro solo perchè Abu Mazen promette la fine di ogni terrorismo in cambio della pace. In cambio di cosa? della pace. Cioè di nulla. Mai come in questo caso parlare di pace non significa nulla, o meglio significa nascondere la natura del conflitto in atto. E quindi, voi palestinesi state buoni che noi israeliani non vi ammazziamo, vi lasciamo vivere nei vostri bantustan controllandovi magari un po' più dall'esterno. Il nulla. Perchè Israele non vuole lasciare le sue colonie per dare una terra dove si possa creare uno stato palestinese. Anzi, vuole annettersi altra terra, ingrandire le sue colonie. Non si parli poi neanche di Gerusalemme e del ritorno dei profughi, due argomenti assolutamente inesistenti nell'agenda israeliana.

(Aggiungo: per la verità negli ultimi anni Israele, visto che sta vincendo su tutti i fronti, ha alzato la posta in gioco e vuole anche la legittimazione formale alla sua politica di apartheid, vuole umiliare i palestinesi fino a chiedergli di riconoscerlo non solo come stato, ma come stato ebraico, in modo da mettersi al riparo in futuro da critiche su provvedimenti che possano prevedere l'espulsione, più o meno larvata, dei palestinesi).

Ecco, se si vede che questa è la realtà, allora si capisce perché Hamas (che al di là dei proclami propagandistici non vuole la distruzione di Israele ma la costruzione di uno stato palestinese entro i confini del 1967) non sopporta questi negoziati. Certo, Hamas propone in alternativa a essi una strategia perdente in partenza, la lotta armata. Ma almeno vuole evitare che il problema venga eluso, reso invisibile, vuole evitare che i palestinesi vengano presi in giro con guadagno per Israele. Che effettivamente ha tutto da guadagnarci da questi negoziati. Il mondo li presenta come accordi per una pace tra due stati belligeranti, senza specificare che non è in corso una guerra, che una delle due parti ha solo richieste (legittime) e l'altra, quella che opprime, solo concessioni (doverose) da fare - che non vuol fare. Il mondo dimentica la carneficina di Gaza e della nave turca Mavi Marmara, il criminale embargo cui è sottoposta Gaza, vedendo i due capi, israeliano e palestinese, stringersi la mano. Capo: il mondo crede che Abu Mazen sia il capo legittimo dei palestinesi, che ha resistito all'azione sovversiva dei cattivi di Hamas. E il mondo vedrà che i negoziati per la pace non porteranno a niente e che verranno interrotti dopo qualche attentato terroristico di Hamas - che è così miope da non trovar niente di meglio da fare se non la parte che l'Occidente e Abu Mazen voglia che faccia: quella del cattivo che impedisce la pace.

E intanto Israele continua a costruire colonie (nel 2010 pare che l'espansione coloniale israeliana sia stata la massima di sempre). Statene certi, questi negoziati non porteranno a nulla, è storia vista e rivista: non possono portare a nulla già per i loro presupposti.

E tra qualche anno ci saranno altri negoziati di pace, quando Israele avrà bisogno di migliorare la sua immagine pubblica mondiale, e quando i palestinesi troveranno un altro leader così stupido (o forse collaborazionista) da farsi prendere in giro, e una controparte così accecata da rispondere con il terrorismo.

E in tutto questo, il mondo non sta solo a guardare il perpetrarsi del crimine dell'occupazione e dell'annessione territoriale israeliane (per non dire delle periodiche carneficine e dell'embargo di Gaza): l'Occidente sta attivamente con Israele, mediaticamente, politicamente, economicamente e militarmente, e così facendo non consente lo sviluppo di una resistenza palestinese nonviolenta, che pur esiste, condannandola all'invisibilità e all'insuccesso, e lasciando che la disperazione palestinese trovi nel terrorismo l'unica sua valvola di sfogo.

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