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Ma che pecora sei?

Pasqua 2014

Cristo e le pecore


Siamo giunti a vivere la Pasqua del Signore ed è motivo di grande gioia interiore veder rinnovato l’Amore di Dio per noi, attraverso il sacrificio di Gesù sulla croce. Momenti toccanti ed esaltanti hanno accompagnato i riti della settimana santa così come immagini e parole piene di pace e di vita accompagneranno il tempo pasquale.
Una delle immagini che sempre mi colpisce, infondendomi tanta pace e tenerezza, è quella del "buon pastore" che nella liturgia delle domeniche pasquali viene ripresentata.
Il Vangelo mette in risalto la figura del pastore, le sue grandi capacità nel condurre il gregge e nell’intessere un rapporto personale ed intimo con ciascuna delle pecore, in modo da poterle seguire, una ad una, nel percorso che devono compiere. Viene fuori l’immagine del pastore buono, pronto a dare la vita per salvaguardare il gregge, pronto a garantire ad essoerbe fresche e acque limpide, attento alle esigenze di ogni membro del gregge, capace di lottare di fronte agli attacchi dei lupi predatori.
Ogni volta che leggo questa parte del Vangelo mi immedesimo nella esperienza del buon pastore ma alla fine concludo che non potrebbe essere altrimenti perché, se il buon pastore è Cristo non può che essere straordinario nel condurre il popolo cristiano verso i pascoli della vita eterna.
Eppure da qualche tempo ho avuto modo di ripensare questa immagine da un altro punto di vista.
Come sapete nella nostra comunità parrocchiale abbiamo iniziato l’esperienza di una piccola fattoria e certo non poteva mancare la presenza delle pecorelle.
Sono arrivati due agnellini piccolissimi: Remì, un piccolo comisano trovato sulla spiaggia, ancora con il cordone ombelicale fresco e Gabri, una piccola merinos nata da una pecorella anziana incapace a nutrirla per farla crescere. Stando con loro subito mi è venuta in mente l’immagine evangelica del pastore.
Mi domandavo se avrei avuto qualcuna delle capacità del pastore per far vivere queste due piccole creature. Ma strada facendo, Gabri e Remì sono diventati la mia ombra, non mi mollano mai. Quando siamo all’aperto, mi seguono passo passo, se mi siedo, loro sono lì con me, si accovacciano, poggiano la testa sui miei piedi e riposano tranquilli ad occhi chiusi, chiedono con forti belati di placare la fame, ma non appena sentono la mia voce mi corrono incontro, si tranquillizzano e aspettano pazientemente che il loro pasto sia pronto. Quando siamo tante persone lanciano qualche appello per avere risposta e, individuato da dove parte la mia voce, non esitano a raggiungermi per rimanere vicini. A volte con tanta tenerezza si appoggiano e si "strusciano" vicino, per poi saltellare a quattro zampe esprimendo la gioia di essere creature di Dio.
Come è bello essere pastore con delle pecorelle così fedeli ed affettuose, così attente alla voce di chi le chiama e così docili nel fidarsi di chi le conduce, così pacate nell’ascoltare e così entusiaste nel seguire, così pronte a dare senza nulla chiedere, così legate a chi le cura.
Ritornando all’immagine evangelica, si dice che Cristo è il Pastore e noi il suo gregge, fatto di pecorelle non sempre ben disposte, pronte a mollare il pastore per dare fiducia a tante altre voci, pronte ad inseguire tanti mercenari che svendono al miglior offerente, pronte a riempirsi la mente e il cuore di tanti nutrimenti che non sono quelli dati dal pastore, pronte a confidare tanto in loro stesse da desiderare la morte del pastore, macellato sulla croce, pensando con superbia di farcela con le sole proprie forze andando così dritte dritte nella bocca delle bestie predatrici.
Un dubbio, che mi lascia alquanto confuso e perplesso, mi rimane alla luce di questa riflessione: com’è che noi chiamiamo animali le pecorelle, che, per istinto, sono fedeli e attente alla voce del pastore e cristiani, figli di Dio, gli uomini intelligenti e capaci di amore che però ripudiano Dio e si fanno lotta in mille modi tra di loro? Mi è sfuggito qualcosa o negli essere umani qualcosa non va…???

Auguri infiniti
don Silvio

Resurrezione